Per molti fascisti il partito comunista fu vero fascismo

Abstract: per molti fascisti il partito comunista fu vero fascismo, tanto che nel dopoguerra  in tanti passarono dalla camicia nera alla tessera del Pci. Il fascismo, perlomeno fino al Concordato del 1929, ebbe tutte le caratteristiche di un movimento di sinistra: si appellava alle piazze, fu populista, movimento di massa e puntava su un messaggio sociale chiarissimo con in più, rispetto al socialismo tradizionale, una componente patriottica nata al tempo dell’interventismo, dove vi era un socialismo patriottico che non inventò certo Mussolini. Intervista al professor Marco Cimmino, secondo il qual il fatto che  il fascismo sia stato un movimento di destra è una “verità” da riconsiderare

Informazione Cattolica 22 Maggio 2023

Molti fascisti considerarono il Pci il vero partito fascista

Il fascismo fu un movimento di destra? Per lo storico Marco Cimmino è una “verita” da riconsiderare

intervista di Pietro Licciardi

Marco Cimmino

Col professor Marco Cimmino, storico di fama internazionale, saggista e conferenziere, riprendiamo il discorso su cosa è la destra. Questa volta soffermandoci sul fascismo, che da sempre – grazie a una martellante propaganda da parte della sinistra – ci siamo abituati a considerare, almeno in Italia, come una sorta di prototipo della destra politica e sociale.

Allora, professore, una volta per tutte: il fascismo fu un movimento politico di destra? E il Nazionalsocialismo? Di chi sono figlie queste ideologie?

«Cerco di semplificare il più possibile. Il fascismo, perlomeno fino al Concordato del 1929, ebbe tutte le caratteristiche di un movimento di sinistra: si appellava alle piazze, fu populista, movimento di massa e puntava su un messaggio sociale chiarissimo con in più, rispetto al socialismo tradizionale, una componente patriottica nata al tempo dell’interventismo, dove vi era un socialismo patriottico che non inventò certo Mussolini.

C’era infatti una vasta schiera di intellettuali, penso a Corridoni, che erano personaggi certamente di sinistra e altrettanto certamente patrioti i quali percepivano la guerra ’15-’18 come la quarta guerra di indipendenza, dopo tre guerre di indipendenza in cui una parte consistente del volontarismo italiano era di sinistra; pensiamo ai garibaldini con le camicie rosse o allo stesso Garibaldi che in Parlamento sedeva alla estrema sinistra.

Definire il fascismo un movimento di destra non solo è storicamente sbagliato ma è fuorviante perché confonde il fascismo col neofascismo. Sono due cose molto diverse. Il fascismo nel suo ultimo colpo di coda, vale a dire la Repubblica sociale, cerca addirittura di recuperare le posizioni sociali – si veda la socializzazione del lavoro – che palesemente ne denunciano l’origine di sinistra.

Quanto poi al nazionalsocialismo tedesco Hitler decide di affrontare il problema della disoccupazione con i piani quadriennali, quando nel 1929 qualcun altro [Lenin N.d.r.] se li era inventati quinquennali. Nascono entrambi come movimenti che vengono percepiti anche dalla gente come di sinistra. In Germania certamente il nazionalsocialismo ha una componente razzista e militarista ma l’approccio militarista era allora proprio anche della sinistra. Mi vengono in mente le guardie rosse a Torino durante gli scioperi del “biennio rosso” o gli arditi del popolo».

Ha prima accennato al neofascismo…

«Il neofascismo ha avuto una dimensione anticomunista molto più forte di quanto fosse l’anticomunismo del Patto anti Comintern di epoca fascista. Il neofascismo nasce proprio come anticomunismo, oltretutto di fronte ad una minaccia concreta di comunismo, in presenza di un partito nel cui direttivo nazionale sedeva gente come Longo, Pietro Secchia e Scoccimarro, cioè gente che volentieri ci avrebbe trasformato nell’Unione sovietica. Quel neofascismo lì fu sì di destra, perché fu l’anti-sinistra. E poi anche perché Giorgio Almirante ad un certo punto fece quella scelta di stare con le forze dell’ordine, eccetera. Ma vorrei fosse chiaro che il neofascismo non fu il fascismo ma si tratta di due fenomeni storicamente diversi»

Non dobbiamo anche considerare i molti comunisti che all’inizio della parabola mussoliniana entrarono nel partito fascista e i molti fascisti che alla fine entrarono nel Pci?

iscrizione di Nilde Iotti al PNF

«Verissimo, e con una spiegazione che all’uomo della strada non è mai stata data: questi fascisti diventano comunisti perché il fascismo non era abbastanza fascista. Cioè il ragionamento fu: forse i comunisti riusciranno a fare quella rivoluzione che il fascismo non è riuscito a fare. Ma lo stesso Pratolini in Allegoria e derisione, quando parla della metamorfosi del protagonista, che da fascistissimo diventa partigiano comunista spiega che siccome la seconda ondata del fascismo non c’è stata i giovani oltranzisti che hanno visto il fascismo imborghesirsi diventarono comunisti perché il comunismo sembrò loro una sorta di un altro fascismo.

Questa lettura contravviene completamente alla teoria dell’Ur-fascismo – il fascismo eterno – di Umberto Eco, che considero una vera sciocchezza. Insomma io credo che i più fascisti dei fascisti sono inevitabilmente diventati comunisti. Non potevano certo diventare democristiani, anche perché consideravano “democristiano”, in quel senso un po’ dispregiativo attribuito al termine, il fascismo. Ovvero: noi vediamo Mussolini come un feroce dittatore mentre loro lo vedevano come un mammoletta che faceva gli interessi della borghesia».

Forse non bisogna anche dimenticare che il fascismo e il nazionalsocialismo, col  Comunismo, condividevano pure un acceso anticlericalismo ateo e paganeggiante, oltre ad una ostilità per i cattolici.

«Questo all’inizio. Poi come Hitler si rese conto che aveva bisogno degli Junker prussiani, Mussolini capì di non poter fare a meno del sostegno dei cattolici e abbassò parecchio il tiro. E’ chiaro però che all’origine del fascismo e soprattutto dello squadrismo c’era questo elemento antiborghese da una parte e anticlericale dall’altra che accomunava in certo senso le due anime dell’Italia rivoluzionaria. Il nemico era la Chiesa e ciò affonda le sue radici proprio in quell’interventismo che è il crogiuolo da cui escono questi sentimenti della piazza poiché dall’interventismo la Chiesa viene definita austriacante, in quanto è per la pace e in quella fase ciò significava stare dalla parte degli imperi centrali. Per fare un esempio: il vescovo di Bergamo, Radini Tedeschi, lo chiamavano Radetzky».

Mussolini ha cercato l’appoggio e il compromesso con la Chiesa, ma questo non gli ha impedito ad esempio di sciogliere, come in Urss, associazioni come l’Azione cattolica.

«Si, ma qui subentra un’altra esigenza tipica di un aspirante totalitarismo: la necessità di controllare la formazione dei giovani. Paradossalmente essere giovani nel periodo fascista era bellissimo perché si era vezzeggiati e coccolati in tutti i modi; anche se eri povero ti mandavano alla colonia marittima»

Come la Hitlerjugend o il Komsomol sovietico…

«Esatto, i totalitarismi hanno nei giovani la rappresentazione plastica del millenarismo e quindi curano in particolar modo la gioventù ed è chiaro che tutte le organizzazioni giovanili come gli scout o l’Azione cattolica, che fanno concorrenza alle strutture di regime devono essere cancellate. Ma questo fa parte del Dna del totalitarismo o, come nel caso del fascismo, dell’aspirante totalitarismo»

Probabilmente se il 18 Aprile 1948 in Italia invece della Dc avesse vinto il fronte popolare oggi avremmo il Komsomol al posto dei Balilla

«Sicuramente, e avremmo i manifesti con Togliatti, anziché Stalin, col bambino in braccio. Il totalitarismo ha bisogno del consenso dei giovani e lo conquista in due modi: dando loro il più possibile ed eliminando i concorrenti»

Vedo qui un inquietante parallelo con giorni nostri in cui soprattutto a sinistra si è fatto di tutto per impedire alla scuola pubblica non statale di sopravvivere

«Su questo concordo perfettamente e ho scritto anche un libro sulla storia della scuola in cui dico che la scuola è l’unico elemento veramente totalitario che l’Italia ha avuto negli ultimi cento anni. La scuola di oggi è un totalitarismo soft in cui alcune cose che non sono state minimamente sottoposte al giudizio del popolo italiano vengono surrettiziamente fatte passare e stanno formando ahimè generazioni di ragazzi. Ma siccome i ragazzi, che non sono dei cretini, non si bevono queste panzane hanno la reazione drammatica di non credere più a niente, neppure alle cose vere e non si fidano più di nulla e nessuno. Stiamo facendo uscire dalla scuola generazioni di ragazzi del tutto agnostici: non si fidano della politica, della religione, dello Stato e del Governo. E un ragazzo che non crede in niente è una specie di morto che cammina»

Tornando al punto. Il fascismo si è peraltro sempre definito una Rivoluzione, come la sinistra ma su questo si è poco riflettuto. Inoltre la destra è sempre stata associata al militarismo, dimenticando però che quando il fascismo è nato era appena terminata la prima Guerra Mondiale, che per la prima volta nella storia a militarizzato l’intera società. Lei come la vede?

«In effetti ci sono state milioni di persone che hanno fatto fatica a dismettere i panni della guerra. Io stesso alla fine della leva, pur non avendo fatto la guerra, tornato a casa ci ho messo qualche giorno a non comportarmi più come un soldato in caserma. Immaginiamoci uno che per anni vive una situazione assolutamente mostruosa come è stata la prima guerra. Pensare che un uomo possa tornare a casa e riprendere immediatamente la propria vita è una utopia. L’idea che le cose si possano ottenere con la violenza nasce proprio nella guerra.

Non è possibile educare un popolo a combattere e pensare che subito dopo diventi automaticamente pacifico. I movimenti di piazza di destra o di sinistra che c’erano in Italia dopo il 1918 erano dei moti in cui la violenza era considerata un elemento utile all’ottenimento del risultato. A me fanno ridere quelli che difendono la figura di Antonio Gramsci, che pure è stato uno straordinario pensatore, come se fosse stato un pacifista o un buonista, lui che apertis verbis dichiarava che il comunismo doveva essere istaurato con la violenza. Poi bisogna dire che inquadrare militarmente un movimento lo rendeva organizzativamente molto forte. Del resto il comunismo sovietico fino agli anni Novanta faceva le parate militari sulla Piazza Rossa al passo dell’oca»

Qui l’intervista integrale

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Per approfondire: 

Lenin, il maestro di Mussolini

Gli innumerevoli tratti che dimostrano la parentela tra sinistra e fascismo