Meno poveri grazie alla globalizzazione

Articolo pubblicato su Tempi n.10global

del 4 marzo 2004

di Casadei Rodolfo

A fair globalization – Creating opportunities for all è il rapporto più critico sulla globalizzazione finora realizzato da un organismo delle Nazioni Unite. Pubblicato il 24 febbraio scorso a cura della Commissione mondiale sulla dimensione sociale della globalizzazione, un gruppo di lavoro creato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) con sede a Ginevra, dice tutto quel che di male si può dire della globalizzazione: che aumenta le diseguaglianze fra e all’interno dei paesi, che non tutte le aree geografiche ne usufruiscono, che precarizza il lavoro, che le istituzioni che dovrebbero governare il processo latitano o non sono imparziali, e altro ancora.

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Economia: Le vere origini del debito dei ”paesi poveri”

petrodollariTratto da www.viewsfromrome.org

di Claudio Bernabei

Il quotidiano comunista “il manifesto” è in prima fila nella difesa dei supposti “diritti” dei Paesi del Terzo Mondo: è perciò interessante scoprire qualche dato poco conosciuto nell’ampia recensione di un recente volume scritto sulla cancellazione del debito ai Paesi poveri.

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Le teorie del complotto

complottodi Massimo Introvigne

1. Distinzioni

Il fascino e la drammaticità della storia trovano ampio fondamento nella sua imprevedibilità. Progetti preparati per anni possono fallire per il gioco di circostanze impreviste. Incidenti apparentemente insignificanti possono cambiare il corso della storia. Alcuni, sconcertati dalla imprevedibilità della storia, pensano che le cose stiano diversamente e che le carte del gioco storico siano truccate. Vi sarebbero pochi avvenimenti imprevisti, nel senso che molti sembrano imprevisti ai più, ma sono stati attentamente programmati da personaggi che si nascondono dietro le quinte.

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La politica mondiale e l’Anticristo

Messiadi Maurizio Blondet

Il Messia porterà pace sulla terra. Tutti vivranno più a lungo. E sotto un solo governo mondiale. Come vuole la globalizzazione. è questa la visione ebraica della storia. La Chiesa e Cristo, invece, rimandano a una giustizia infallibile. Ma nel mondo che verrà.

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La menzogna dell’eticità

etico_commercioArticolo pubblicato su Il Timone – n. 15 settembre/ottobre 2001

Siamo sommersi da un’ondata di “eticità”. Turismo? lecito, purché responsabile. Banche? buone solo quelle etiche. Commercio? da praticare quello equo e solidale. Tutto, purché sia etico. Un bene? No! Ecco perché.

di Riccardo Cascioli

Inutile negarlo. Siamo travolti da un’ondata etica: il turismo etico (o responsabile che dir si voglia), la Banca etica con tanto di finanza etica, il commercio etico (detto anche equo e solidale). Istintivamente potrebbe sembrare un fenomeno positivo: finalmente c’è della gente che sente il bisogno di un po’ di pulizia, gente che interpreta la voglia di moralità e di cose pulite che, malgrado tutto, la maggior parte d noi desidera. Ma è solo una prima reazione, dura appena un istante. Poi comincia subentrare un certo disagio, e cresce ogni volta che qualcosa di nuovo si presenta come “etico”. Perché questo disagio?

Sostanzialmente perché si rovescia la realtà, perché questa filosofia dell”’eticità” nasconde una concezione negativa dell’uomo. Prendiamo ad esempio il cosiddetto “turismo responsabile”: nato – almeno in Italia – come impulso a un modo più ecologico di andare in vacanza, ha poi esteso il proprio concetto fino ad abbracciare l’impegno per e culture e le società del Terzo mondo e la lotta al turismo sessuale. Decine di agenzie sono nate per assecondare la nuova tendenza. In sé tutti propositi meritori, a partire dalla lotta a quel tipo di turismo formato da facoltosi uomini occidentali che vanno a cercare avventure sessuali – spesso con bambini in Paesi esotici.

Ma qual è il problema? È che fino a qualche tempo fa queste forme di perversione o anche la più semplice maleducazione, inclusa la mancanza di rispetto per l’ambiente, venivano considerate – direi giustamente – come una forma di deviazione all’interno di un movimento turistico molto ampio composto di famigliole che si vanno a riposare qualche settimana al mare o in montagna o – per i più facoltosi – in qualche Paese lontano; di giovani e meno giovani che vanno a conoscere città d’arte e via dicendo. I numeri lo dimostrano: in tutto il mondo sono 650 milioni le persone che trascorrono le vacanze all’estero, gli occidentali protagonisti del turismo sessuale nei Paesi esotici sono nell’ordine delle decine di migliaia. Ora invece, le grandi campagne sul turismo responsabile e i titoli cubitali dei giornali fanno apparire il contrario: irresponsabili e immorali sono praticamente tutti, ad eccezione di quella schiera di eletti che pratica il “turismo responsabile”.

In estrema sintesi, il facoltoso pedofilo che va a cercare avventure nel Terzo mondo e il modesto operaio che risparmia un anno per portare la famiglia dieci giorni a Rimini si ritrovano accomunati dalla stessa condanna: i primi per lo sfruttamento di donne e bambini dei Paesi poveri, i secondi per un presunto impatto negativo sull’ambiente.

Si diceva all’inizio della concezione negativa dell’uomo. Basta leggere questo passo tratto dalla presentazione dell’Associazione Italiana del Turismo Responsabile: “Il turismo è un fenomeno complesso, le cui conseguenze in termini di impatto ambientale, culturale, sociale ed economico non possono più essere ignorate. lmpatto che spesso è devastante, soprattutto nei Paesi del sud del mondo, dove la perdita di valori e tradizioni, la sottrazione di risorse, il disagio sociale dovuti all’invasione del turismo di massa non viene nemmeno compensata da un’equa redistribuzione del reddito generato”.

È una descrizione catastrofica – oltretutto irrealistica -che riecheggia certi documenti usciti dalle Conferenze internazionali dell’Onu in cui si afferma che la popolazione nel mondo è eccessiva e che tale pressione provoca ogni genere di catastrofe, dalla distruzione della natura all’esaurimento delle risorse fino alle guerre.

La stessa filosofia, in fondo, sta dietro la Banca Etica con relativa finanza etica. Una definizione di questo genere già suggerisce che tutte le altre banche non sono etiche, cioè sono immorali. Certo, molti di noi – se non tutti – hanno qualcosa da ridire sul modo in cui siamo trattati dalle banche. Ma qui il discorso non riguarda le norme sulla trasparenza bancaria o i costi del conto corrente, bensì il modo in cui i nostri soldi sono investiti. È certamente giusta la preoccupazione di non voler finanziare delle attività criminali con i propri risparmi, ma in realtà ben difficilmente si pone un’alternativa di questo genere. E comunque la pretesa di definire etica una banca implica che la quasi totalità dei risparmiatori sono immorali.

Analoga la questione del commercio equo e solidale, quando pretende di essere l’unico canale commerciale che rispetta i produttori e le culture del Terzo mondo.

Mentre – questo è il messaggio – il commercio mondiale è in sé “una struttura di peccato”. Ora qualcuno dovrebbe spiegarci perché la casalinga che fa fatica a far quadrare i conti alla fine del mese è immorale se va al discount invece di recarsi alla bottega del commercio equo e solidale dove mediamente paga i prodotti un bel po’ di più. Eppure ormai è questa la situazione paradossale in cui viviamo: l’ondata di eticità si trasforma in una condanna del genere umano, semplicemente perché il 95% delle persone non fa vacanze responsabili, non investe in fondi comuni etici e non fa spesa nelle botteghe del commercio equo e solidale. C’è un ulteriore aspetto su cui vale a pena riflettere: questo richiamo continuo all’eticità o alla moralità – anche all’interno della Chiesa cattolica – porta a ritenere che il problema fondamentale per l’uomo sia morale.

Ma in questo modo si riduce la stessa domanda dell’uomo, che è una domanda di senso, di significato per la propria vita. Perciò la questione fondamentale non è etica ma ontologica, riguarda l’essere. E la risposta a questa domanda è Gesù Cristo, ovvero una persona e non un codice morale.

Chi fa esperienza del cristianesimo comprende che la moralità è conseguenza della vita cambiata da Cristo, esigenza di corrispondere all’Amore. Tale esperienza ci insegna inoltre che nella realtà coesistono bene e male, così che l’apposizione di un marchio di” eticità” (o di bene assoluto) è una menzogna che porta alla tirannia.

Ricorda

“Certo, nella sua azione pastorale la Chiesa deve percorrere ogni strada per far conoscere e rendere comprensibili all’uomo di oggi i principi morali che scaturiscono dalla fede. Ma una strada non è percorribile: quella che tenta di eliminare la croce di Cristo, I tentativi fatti in questo senso non riusciranno mai, perché un’etica senza la partecipazione alla croce di Cristo non sarebbe cristiana. Per la nostra fede cattolica, Cristo è il centro del l’etica. Nell’etica secolare, invece, il centro è l’uomo”. [Card. Paul Poupard, Quei valori sospesi nel vuoto, in 3OGiorrni n. 3, marzo 1998, p. 74].

L’Ordine Mondiale secondo John Maynard Keynes

John Maynard Keynes

John Maynard Keynes

tratto da «Le Monde Diplomatique» nr.5, maggio 2003

di James K. Galbraith 

Verso la fine della seconda guerra mondiale, la conferenza di Bretton Woods, nel 1944, istituì il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM), il tallone oro e la convertibilità del dollaro a 35 dollari l’oncia d’oro. La notorietà acquisita da John Maynard Keynes con la sua critica fondamentale del Trattato di Versailles del 1919, e in seguito alle sue innovative proposte teoriche per uscire dalla Grande depressione, gli valsero l’incarico di capodella delegazione britannica.

Ralf il rosso

Ralf Dahrendorf,

Ralf Dahrendorf

Articolo pubblicato su Il Sabato del 18 novembre 1989

di Marcello Veneziani

Il liberalcomunismo non è una invenzione spiritosa per ironizzare sulle trasformazioni neo-borghesi e occidentaliste del comunismo italiano, né una semplificazione estemporanea nata nella pratica politica quotidiana. Il liberalcomunismo ha ormai una sua ideologia ed un suo ideologo: è Ralf Dahrendorf, sessant’anni, tedesco trapiantato in Inghilterra, master in uno dei più noti college di Oxford.

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La famiglia dello scudo rosso: i Rothschild

Rothschild_famiglia

Famiglia Rothschild

www.disinformazione.it

di Marcello Pamio

Ho letto con molto interesse libri, fascicoli e siti internet su cosiddette teorie cospirative secondo le quali dietro alle vicende politiche ed economiche ci sarebbero potenti logge massoniche. Fin qui nulla di strano. Non si può negare infatti che la maggior parte di queste società segrete fin dalle loro origini erano composte da influenti personaggi della vita pubblica, politica e militare. La cosa però che ha destato la mia curiosità è l’onnipresenza di un nome ben preciso. Un comun denominatore rappresentato dai Rothschild. Questa famiglia, perché di famiglia si tratta, appartiene secondo molti all’organizzazione elitaria chiamata gli Illuminati di Baviera (1) e governerebbe l’intero sistema bancario mondiale con tutto quello che ne consegue.

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Padroni del mondo ma bluffano a poker

BorsaArticolo pubblicato su Avvenire
 17 dicembre 1992

di Giancarlo Galli

Nonostante l’abbondanza delle pubblicazioni specializzate, il moltiplicarsi delle pagine che quotidiani e settimanali a larga diffusione dedicano a “Economia &Finanza”, non vi è dubbio che i retroscena dell’affarismo planetario restino agli occhi dei più insondabili. Autentico enigma. Perché mai, all’improvviso, si passa dall’euforia alla recessione; e come può accadere che altrettanto subitamente le Borse mondiali registrino un tracollo? Sotto quali “spinte speculative” (lo abbiamo visto nelle scorse settimane) una moneta può perdere fra il tramonto e l’alba oltre il 20 per cento del suo valore?

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Il ritorno di Lenin e Malthus

No_globalArticolo pubblicato su Liberal Anno II n.2

Contro la globalizzazione stanno rinascendo ideologie che sembravano superate

di Jacques Garello

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