La Chiesa è viva e giovane

Benedetto_XVIPubblicato su Avvenire del 19 aprile 2005

“La Chiesa è viva e giovane. A me compito inaudito”

Pubblichiamo il testo integrale del­l’Omelia pronunciata ieri mattina in piazza San Pietro da Sua Santità Benedetto XVI per la messa inau­gurale del Pontificato

Signori Cardinali,venerati Fratelli nell’episco­pato e nel sacerdozio, distinte Autorità e Membri del Cor­po diplomatico, carissimi Fratelli e Sorelle!

Per ben tre volte, in questi giorni co­sì intensi, il canto delle litanie dei santi ci ha accompagnato: durante i funerali del nostro Santo Padre Giovanni Paolo II; in occasione dell’ingresso dei Cardinali in Concla­ve, ed anche oggi, quando le ab­biamo nuovamente cantate con l’invocazione: Tu illum adiva – so­stieni il nuovo successore di San Pietro.

Ogni volta in un modo del tutto particolare ho sentito questo canto orante come una grande con­solazione. Quanto ci siamo sentiti abbandonati dopo la dipartita di Giovanni Paolo II! Il Papa che per ben 26 anni è stato nostro pastore e guida nel cammino attraverso questo tempo. Egli varcava la soglia verso l’altra vita – entrando nel mi­stero di Dio. Ma non compiva que­sto passo da solo.

Chi crede, non è mai solo -non lo è nella vita e nean­che nella morte. In quel momento noi abbiamo potuto invocare i san­ti di tutti i secoli – i suoi amici, i suoi fratelli nella fede, sapendo che sa­rebbero stati il corteo vivente che lo avrebbe accompagnato nell’al­dilà, fino alla gloria di Dio. Noi sa­pevamo che il suo arrivo era atteso. Ora sappiamo che egli è fra i suoi ed è vera­mente a casa sua. Di nuovo, siamo stati con­solati compien­do il solenne in­gresso in con­clave, per eleg­gere colui che il Signore aveva scelto.

Come potevamo rico­noscere il suo nome?. Come potevano 115 Vescovi, prove­nienti da tutte le culture e i Paesi, trovare colui al quale il Signore desiderava con­ferire la missio­ne di legare e sciogliere? An­cora una volta, noi lo sapevamo: sapevamo che non siamo soli, che siamo circon­dati, condotti e guidati dagli amici di Dio. Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo as­sumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo?

Voi tut­ti, cari amici, avete appena invoca­to l’intera schiera dei santi, rappre­sentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Ecco, lo vedete, non sono so­lo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vo­stra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano.

Infatti alla comu­nità dei santi non appartengono so­lo le grandi figure che ci hanno pre­ceduto e di cui conosciamo i nomi. Noi tutti siamo la comunità dei san­ti, noi battezzati nel nome del Pa­dre, del Figlio e dello Spirito Santo, noi che viviamo del dono della carne e del sangue, di Cristo, per mez­zo del quale egli ci vuole trasfor­mare e renderci simili a se medesi­mo. Sì, la Chiesa è viva – questa è la meravigliosa esperienza di questi giorni.

Proprio nei tristi giorni del­la malattia e della morte del Papa questo si è manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mon­do e perciò mostra anche a ciascu­no di noi la via verso il futuro. La Chiesa è viva e noi lo vediamo: noi sperimentiamo la gioia che il Ri­sorto ha promesso ai suoi. La Chie­sa è viva – essa è viva, perché Cristo è vivo, perché egli è veramente ri­sorto. Nel dolore, presente sul vol­to del Santo Padre nei giorni di Pa­squa, abbiamo contemplato il mi­stero della passione di Cristo ed in­sieme toccato le sue ferite.

Ma in tutti questi giorni abbiamo anche potuto, in un senso profondo: toc­care il Risorto. Ci è stato dato di spe­rimentare la gioia che egli ha pro­messo, dopo un breve tempo di o­scurità, come frutto della sua re­surrezione. La Chiesa è viva – così saluto con grande gioia e gratitudine voi tutti, che siete qui radunati, venerati Confratelli Cardinali e Vescovi, ca­rissimi sacerdoti, diaconi, operato­ri pastorali, catechisti. Saluto voi, religiosi e religiose, testimoni della trasfigurante presenza di Dio.

Salu­to voi, fedeli laici, immersi nel gran­de spazio della costruzione del Re­gno di Dio che si espande nel mon­do, in ogni espressione della vita. Il discorso si fa pieno di affetto anche nel saluto che rivolgo a tutti coloro che, rinati nel sacramento del Bat­tesimo, non sono ancora in piena comunione con noi; ed a voi fratel­li del popolo ebraico, cui siamo le­gati da un grande patrimonio spi­rituale comune, che affonda le sue radici nelle irrevocabili promesse di Dio. II mio pensiero, infine – qua­si come un’onda che si espande – va a tutti gli uomini del nostro tempo, credenti e non credenti.

Cari amici! In questo momento non ho bisogno di presentare un pro­gramma di governo. Qualche trat­to di ciò che io considero mio compito, ho già potuto esporlo nel mio messaggio di mercoledì 20 aprile; non mancheranno altre occasioni per farlo. Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di metterne m ascolto, con tut­ta quanta la Chiesa, della parola é della volontà del Signore e lasciar­mi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia.

Invece di e­sporre un programma io vorrei semplicemente cercare di com­mentare i due segni con cui viene rappresentata liturgicamente l’as­sunzione del Ministero Petrino; en­trambi questi segni, del resto, ri­specchiano anche esattamente ciò che viene proclamato nelle letture di oggi Vorrei qui rilevare ancora una co­sa: sia nell’immagine del pastore che in quella del pescatore emer­ge in modo molto esplicito la chia­mata all’unità. «Ho ancora altre pe­core, che non sono di questo ovi­le; anch’esse io devo condurre ed a­scolteranno la mia voce e diver­ranno un solo gregge e un solo pa­store» (Gv 10,16), dice Gesù al ter­mine del discorso del buon pasto­re.

E il racconto dei 153 grossi pe­sci termina con la gioiosa consta­tazione: « Sebbéne fossero così tan­ti, la rete non si strappò» (Gv 21, 11). Ahimè, amato Signore, essa o­ra si è strappata! vorremmo dire addolorati. Ma no – non dobbia­mo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa; che non delude, e facciamo tutto il possibile per per­correre la via verso l’unità, che tu hai promesso.

Facciamo memoria di essa nella preghiera al Signore, come mendicanti: sì, Signore, ri­cordati di quanto hai promesso. Fa che siamo un solo pastore ed un solo gregge!, Non permettere che Ia tua rete si strappi ed aiutaci ad es­sere servitori dell’unità! In questo momento il mio ricordo ritorna al 22 ottobre 1978, quando Papa Giovanni Paolo II iniziò il suo ministero qui sulla Piazza di San Pietro.

Ancora, e continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: «Non abbiate pau­ra, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!». Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo a­vessero lasciato entrare e conces­so la libertà alla fede. Sì, egli a­vrebbe certamente portato via lo­ro qualcosa: il dominio della cor­ruzione, dello stravolgimento del diritto, dell’ar­bitrio. Ma non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà del­l’uomo, alla sua dignità, all’edi­ficazione di una società giusta.

II Papa parlava i­noltre a tutti gli uomini, soprat­tutto ai giovani. Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura – se la­sciamo entrare Cristo total­mente dentro di noi, se ci apria­mo totalmente a lui – paura che Egli possa por­tar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di ri­nunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nel­l’angustia e privati della libertà?

Ed ancora una volta il Papa voleva di­re: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamen­te nulla di ciò che rende la vita li­bera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’ami­cizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizio­ne umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera.

Così, oggi, io vor­rei, con grande forza e grande con­vinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate pau­ra di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, rice­ve il centuplo. Sì, aprite, spalanca­te le porte a Cristo – e troverete la vera vita.

Amen

Benedetto XVI