Alleanza Cattolica 23 Maggio 2025
Una recensione pubblicata dal card. Muller riapre la questione dell’ermeneutica applicata al Concilio Vaticano II, combattendone una duplice lettura (da “destra” e da “sinistra”) di drastica rottura con la tradizione
di Stefano Nitoglia
Sul Foglio di venerdì 16 maggio 2025 è apparso un lungo articolo, intitolato «Il Concilio spiegato bene», che riporta l’intervento che il cardinale Gerhard Ludwig Muller, prefetto emerito del dicastero per la Dottrina della fede, ha pronunciato il 15 maggio alla presentazione del libro Il Concilio spiegato ai miei figli di Luca Del Pozzo, edito da Cantagalli con prefazione del cardinale Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
In questo post si desidera mettere in luce alcuni interessanti punti sulla ermeneutica del Concilio Vaticano II, giustamente sottolineati dal prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della fede, sulla non possibilità per un cattolico della scelta tra un’ermeneutica della continuità o una ermeneutica della rottura, quest’ultima cara a quelli che potrebbero essere chiamati gli epigoni degli opposti estremismi, se si vuole ricorrere, forse impropriamente, a una terminologia politica degli anni ‘70, tra i cosiddetti progressisti e i cosiddetti tradizionalisti nello schieramento della Chiesa.
La seconda parte del libro inizia, afferma l’illustre porporato, «con una riflessione sul concetto di riforma, rimasto controverso tra coloro che, sulla scia tradizionalista, vogliono tornare dopo il Concilio a un presunto intatto ordinamento ecclesiastico tridentino, e coloro che, invece, vogliono andare oltre il Vaticano II nello spirito del condannato “modernismo cattolico” degli inizi del XX secolo».
Questi ultimi sognano una nuova Chiesa, completamente diversa da quella reale, una specie di ONG universale, di carattere umanitario, che, secondo loro, sarebbe stata il frutto, poi tradito, del Concilio Vaticano II; nello stesso tempo, altresì del tutto infondata è la tesi dei cosiddetti tradizionalisti «secondo cui il Concilio fosse colpevole di aver rotto con la dottrina cattolica classica». Mentre, secondo la ermeneutica della fede cattolica, di sant’Ireneo di Lione, «l’intera e piena rivelazione di Dio vive nella Chiesa ed è annunciata al mondo per mezzo delle Sacre Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento, della Tradizione Apostolica (nella dottrina, nella vita e nella liturgia) sotto la garanzia incessantemente data dallo Spirito Santo, del Magistero dei vescovi di tutto il mondo nella Tradizione Apostolica e, in ultima analisi, vincolante soprattutto nel Vescovo di Roma come successore dell’apostolo Pietro in unione con l’Apostolo Paolo». Questo dimostra, sottolinea il cardinale Muller «che per un cattolico non c’è scelta tra una ermeneutica della continuità e una ermeneutica della rottura». Ciò in linea, ci permettiamo di aggiungere noi, con l’opera Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Per una sua corretta ermeneutica (LEV, 2012) del cardinale Agostino Marchetto, definito da Papa Francesco il migliore interprete del Concilio Vaticano II. «Una ermeneutica del rinnovamento – chiosa il prefetto emerito della Dottrina per la fede – dell’uomo in Cristo e della continua presenza reale di Cristo nella Chiesa sacramentale, che è il suo Corpo».
Inoltre, la contrapposizione tra un Concilio dogmatico e uno pastorale contraddice la tradizione cattolica, riflettendo un «nestorianesimo applicato alla Chiesa che separa in Cristo il maestro della verità divina dal pastore delle sue pecore e così divide anche l’unità della Chiesa in Cristo suo capo e frammenta la sua missione», considerato che i vescovi e i sacerdoti agiscono “in persona Christi”, capo della Chiesa, perché «sono ordinati per annunciare la Buona Novella, per pascere i fedeli e per celebrare il culto divino, e sono pertanto veri sacerdoti della Nuova Alleanza» (Lumen Gentium 28).
Viene infine condannata l’ideologia dei cosiddetti “cattolici adulti”, che vogliono emanciparsi dall’eteronomia dell’autorità mediata dalla Chiesa, in linea con uno spirito dai tempi, scettico nei confronti della rivelazione, e che «ritengono di doversi opporre all’autorità magisteriale e dei vescovi basandosi sui loro sentimenti soggettivi». “Cattolico adulto”, ricordiamo noi, si definì Romano Prodi, il quale quando, nel 2005, la Chiesa italiana decise di boicottare il referendum sulla legge 40 con l’astensione, disse: «Sono un cattolico adulto e vado a votare».