Studi cattolici n. 572 ottobre 2008
di Vincenzo Sardelli
Nel 1931 il commediografo irlandese George Bernard Shaw, premio Nobel per la Letteratura, al rientro da un viaggio in Unione Sovietica, affermò che la Rivoluzione russa era stata calunniata, e che il comunismo poteva recare felicità e benessere (1). Egli ignorava che proprio in quegli anni, in seguito allo sterminio di tre milioni di kulak (i contadini ricchi) e alla carestia causata dalla scellerata politica di Stalin contro le coltivazioni private, sette milioni di persone stessero morendo di fame nelle campagne russe.Indirettamente, a distanza di molti anni, un altro scrittore, anch’egli premio Nobel, avrebbe risposto a Shaw con uno dei suoi sagaci aforismi: «Per noi in Russia il comunismo è un cane morto, mentre per molte persone in Occidente è ancora un Icone vivente». Si trattava di Aleksandr Solzenicyn, morto lo scorso 3 agosto, celebre per aver rivelato al mondo l’orrore dei Gulag, i campi di sterminio sovietici (2).
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