”Il grande Parvus”

parvus

“Parvus”

Articolo  pubblicato sul n. 173 di Cristianità

In un’accurata biografia La ricostruzione dettagliata della figura e dell’importanza di uno dei personaggi di maggior peso della Rivoluzione negli anni a cavallo fra il secolo XIX e il XX, antesignano della stretta collaborazione fra alta finanza e internazionale socialcomunista.

di Oscar Sanguinetti

Sia gli studiosi del movimento socialista del periodo a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, sia gli storici che si sono occupati delle origini della Rivoluzione d’Ottobre, sia – ancora – quanti hanno indagato sui risvolti “discreti” – se non segreti – della storia contemporanea, si sono imbattuti nella figura per molti versi enigmatica e apparentemente contraddittoria di Izrail Lazarevic Gel’fand, detto “Parvus”.

Visto, di volta in volta, come “rivoluzionario di professione”, come “capitalista rosso” oppure come eminenza grigia della Rivoluzione mondiale, come genio dell’intrigo ad alto livello, il personaggio è sempre illuminato da una luce sinistra, che non ha però mancato di lasciare in ombra molti aspetti della sua personalità, forse fra i più significativi: già la varietà di trascrizioni del suo cognome – Gel’fand, Helphand, Gell’font -, il mutamento del nome da Izrail in Alexander nel 1894 e il numero degli pseudonimi assunti – “Ignatieff”, “Unus”, “I.H.” e, finalmente, “Parvus” – testimoniano della multiformità del soggetto e della sua irrequietezza.

Frequentemente citato in relazione all’episodio del “treno piombato” che ricondusse in Russia, nel 1917, Vladimir Ilich Lenin e altri rivoluzionari esuli in Svizzera, soltanto abbastanza di recente si è cercato di esaminare più da vicino e con maggiore ampiezza di prospettiva l’opera di Izrail L. Gel’fand. Fra gli studi più significativi si possono ricordare una biografia completa edita a Londra nel 1965 (1), le pagine a lui dedicate dallo storico inglese Michael Pearson (2) e da Enzo Bettiza (3), ma – soprattutto – lo scritto di Aleksandr Solzenicyn, Lenin a Zurigo. Capitoli (4), con molta probabilità la ricostruzione letterariamente più efficace e pregevole dell’animus sia di Parvus che di Vladimir I. Lenin.

Nel 1988 Pietro A. Zveteremich ha effettuato un tentativo di uscire da questa situazione di frammentarietà e di disegnare un panorama completo e aggiornato della vita del rivoluzionario dando alle stampe Il grande Parvus (5). In quest’opera corposa – si articola in quindici capitoli e comprende un epilogo e un’appendice, oltre a una vasta bibliografia e a diversi indici – l’autore – che non è uno storico di professione ma, nato a Colonia nel 1922, è docente di lingua e letteratura russa all’Università di Messina e ha curato in passato la traduzione italiana di scrittori russi, fra i quali Boris Pasternak e Marina Cvetaeva – ha compiuto uno sforzo di ricerca non comune, di cui aveva già anticipato qualche risultato (6): oltre a tutti i contributi precedenti e ai principali scritti di Parvus, ha preso in esame un vastissimo repertorio di fonti d’archivio in Germania, Austria, Svezia, Finlandia e Danimarca, nonché studi parziali e di sintesi, per una certa parte in lingue non facilmente accessibili come russo, polacco e finlandese.

Dal momento che la minuziosa e voluminosa ricostruzione operata da Pietro A. Zveteremich non si presta a essere rapidamente riassunta, intendo limitarmi a richiamarne soltanto i temi più significativi.

Il “rivoluzionario di professione”

In primo luogo, dallo studio emerge che Parvus è stato uno dei maggiori esponenti del movimento rivoluzionario socialista marxista in Germania e in Russia fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, in esso spiccando soprattutto come teorico di notevole livello e come veemente polemista. Nato il 27 agosto 1867 a Berezino, nell’allora impero degli zar, da una famiglia ebraica originaria di Odessa, nella città natale abbraccia fin dagli anni del ginnasio le idee rivoluzionarie che circolavano nella Russia del tempo nonché il pensiero marxista, poi rafforzati nel corso degli studi di economia che segue in Svizzera.

A lui il socialismo deve importanti elaborazioni teoriche e proposte operative, come quelle riguardanti lo sciopero politico di massa, la concezione almeno embrionale della “rivoluzione permanente”, il concetto di “democrazia operaia”, la rivendicazione della giornata lavorativa di otto ore, tesi e proposte che saranno ampiamente discusse in occasione di congressi del movimento socialista internazionale e riprese da altri esponenti rivoluzionari di primo piano, fra i quali Lev Davydovic Trotzkij.

Come polemista egli si fa notare soprattutto attraverso i numerosi articoli apparsi sulle più significative riviste socialiste del tempo, alcune delle quali dirige o, addirittura, fonda, come nel caso della celeberrima Iskra, “La scintilla”, promossa insieme a Vladimir I. Lenin e nata a Monaco di Baviera nel 1900.

Aspetto non del tutto noto del curriculum rivoluzionario di Parvus è quello costituito dal ruolo decisivo da lui avuto nel corso della rivoluzione di Pietrogrado nel 1905. Mentre Vladimir I. Lenin rimane in cauta posizione d’attesa, Parvus – insieme a Lev D. Trotzkij, del quale fu, oltre che amico, maestro e guida autorevole – è il vero stratega e animatore dell’episodio sovversivo, ne dirige il soviet insurrezionale, ne detta le parole d’ordine e ne patisce la repressione: […] anche quando furono presenti Martov e Lenin, la testa del movimento rimase il soviet, diretto da Parvus e Trockij. Lenin vi si recò, quasi in incognito, e lo giudicò negativamente in quanto “parlamento operaio”. Ci voleva un’”organizzazione combattiva di partito”, disse e rimase del tutto fuori dagli avvenimenti, spostandosi da un alloggio all’altro della capitale in riunioni senza fine” (7); “e Trockij, con le sue eccezionali doti di tribuno e di capopopolo, era la figura più in vista. Parvus lavorava nell’ombra, scriveva saggi e articoli” (8).

Il “capitalista rosso”

Altro aspetto degno di menzione è l’episodio, non facilmente decifrabile, costituito dalla scelta “capitalistica” operata a un certo punto della sua esistenza da Parvus. Nel 1910 il rivoluzionario di professione, il teorico marxista, completamente implicato negli avvenimenti, esce all’improvviso di scena, si trasferisce a Istanbul e qui, sfruttando la sua preparazione e il suo genio economici, si trasforma in imprenditore e in commerciante e riesce, in pochi anni, a costruirsi una notevole fortuna personale.

Sembrerebbe trattarsi di un abbandono della lotta contro il capitalismo e di una scelta di campo in favore di questo. In realtà – e i fatti successivi lo dimostreranno – la sua mossa rappresenta un volontario allontanamento dall’ambiente socialista europeo, sentito come sempre più statico e angusto nonché come sempre meno recettivo per le sue teorizzazioni rivoluzionarie troppo grandiose: “Ormai Parvus parlava un’altra lingua e fu inteso alla rovescia. Per i destri e i centristi la sua strategia della rivoluzione [soprattutto la sua teoria della “democrazia operaia”] era una fantasia, e una fuga nell’utopia era il suo interrogativo su che dovesse essere il socialismo. La sinistra, da un opposto punto di vista, non era disposta a uscire dagli schemi tradizionali” (9).

Ma la sua decisione è anche il segno della maturazione di un nuovo modo d’intendere la strategia rivoluzionaria, una modalità che emergerà più chiaramente durante il periodo di collaborazione/antagonismo con Vladimir I. Lenin nella fase di preparazione della Rivoluzione bolscevica. Considerazioni come quella relativa a una possibile graduale transizione, “pilotata” dalle lotte di massa, del capitalismo verso la “democrazia sociale”, come quella relativa ai limiti della concezione leninista del partito, inteso come un ordine di militanti duri e puri, come quella, infine, relativa al peso decisivo che per la Rivoluzione può avere il denaro con la sua capacità d’influenzare gli uomini, le relazioni sociali e il potere, sono molto probabilmente alla base della scelta di Parvus.

“Lenin a Zurigo” e il “treno piombato”

Sta di fatto che, quando scoppia la prima guerra mondiale – della cui inevitabilità aveva già parlato fin dai primi anni del secolo -, l’”operatore culturale” e l’agitatore marxista riappare negli ambienti politici europei con un nuovo look caratterizzato da una vita ostentatamente lussuosa, dall’apertura di salotti in cui riceve il fior fiore dei personaggi che contano in ambito finanziario e diplomatico, dalla frequente organizzazione di feste e di ricevimenti fastosi, da una nomea di gaudente e di libertino, tutte cose che gli consentono di tessere una fitta trama d’importanti relazioni in tutta Europa.

Ma, se sono cambiati lo stile e il modus agendi, l’animus del rivoluzionario purosangue è rimasto in lui intatto. Appena si manifestano difficoltà militari per l’impero russo, è fra i primi – in sintonia con Vladimir I. Lenin – a propugnare la tesi dell’antipacifismo e della necessità di approfittare della guerra per abbattere a qualsiasi costo il potere zarista.

Immediatamente, nel suo nuovo ruolo di capitalista rosso, si rituffa nella cospirazione politica: nell’estate del 1915 incontra a Zurigo appunto Vladimir I. Lenin e gli propone la partecipazione dei bolscevichi a un piano teso a destabilizzare l’impero russo favorendo lo scoppio di una insurrezione sociale al suo interno, progetto da lui concepito e già sottoposto con successo alle autorità germaniche attraverso la sede diplomatica di Istanbul.

Il futuro despota comunista, nonostante il suo atteggiamento diffidente e temporeggiatore, astutamente non lascia cadere le offerte di finanziamento, in marchi tedeschi, sottopostegli da Parvus: si limita ad affiancarle agli altri canali di sostentamento economico di fonte occidentale già funzionanti o in via di attivazione per il potenziamento della frazione bolscevica, soprattutto attraverso agenti operanti nei paesi neutrali dell’Europa Settentrionale (10).

Pietro A. Zveteremich, nella ricostruzione dell’incontro fra i due esponenti rivoluzionari, fa emergere altri punti molto importanti: la sostanziale concordanza dei loro intenti, nonostante la differenza di temperamento – quasi ascetico e incolore quello di Vladimir I. Lenin, esuberante ed esibizionistico quello di Parvus -, le divergenze quanto alle scelte di tipo tattico, come pure quelle relative al genere di regime socialista da instaurare in Russia; inoltre, la pari statura, indipendentemente dagli esiti storici successivi, delle due figure.

Come accuratamente e felicemente ha scritto Aleksandr Solzenicyn, immaginando il dialogo fra i due nella squallida stanza d’affitto in cui vive a Zurigo, nella Spiegelgasse, il leader bolscevico, Parvus è l’unico socialista del quale Vladimir I. Lenin avverte la superiore e anticipatrice forza ideologica e anche l’unico che possa mettere in discussione la sua leadership nel movimento rivoluzionario: “Ormai poteva anche riconoscerlo: un’altra mente della loro tempra, una visione altrettanto perspicace, nell’Internazionale non si trovava, c’erano solo loro due”  (11).

E Parvus, da parte sua, nonostante il disagio per la grigia routine della clandestinità leniniana, comprende che i suoi piani relativamente alla Russia si potranno realizzare soltanto attraverso Vladimir I. Lenin e il suo corpo di rivoluzionari professionisti: “Lo sguardo vigile di Parvus non aveva mai abbandonato quel socialista unico, senza l’eguale in Europa, assolutamente libero da preconcetti, alieno da schifiltosità eccessive, sempre pronto in qualsiasi circostanza a ricorrere a qualsiasi metodo capace di assicurargli il successo; l’unico realista di ferro assolutamente tetragono alle illusioni, il secondo realista del socialismo mondiale dopo Parvus” (12).

Da questa ineluttabile, anche se dialettica, convergenza scaturisce, pur fra mille diversivi creati dal leader bolscevico, il consenso di Vladimir I. Lenin alla prospettiva di coinvolgimento dei suoi seguaci nel piano rivoluzionario concepito da Parvus. Allo scoppio della Rivoluzione di Febbraio, Vladimir I. Lenin – insieme a una trentina di altri emigrati ed esponenti socialisti – si farà trasportare nel famoso “treno piombato” dalla Svizzera attraverso il territorio della Germania in guerra, della Svezia e della Finlandia, per finalmente raggiungere Pietrogrado (13).

Dopo la Rivoluzione d’Ottobre – alla cui riuscita ha dato obbiettivamente un contributo determinante – Parvus tenta, senza successo, d’influenzare gli sviluppi politici del nuovo regime, ma deve riscontrare come sempre più si approfondisca nella Russia dei soviet il divario fra la “democrazia operaia” da lui vagheggiata e la dittatura del proletariato e il conseguente terrorismo di Stato leniniani; tenta anche di pilotare da dietro le quinte diplomatiche la pace di Brest-Litovsk fra la Russia, ormai sovietizzata, e la Germania, in modo che tale pace non si trasformi in un diktat contro il suo paese d’origine, ma anche in questo fallisce.

Quando si accorge che le sue possibilità d’influire sulle sorti della Rivoluzione nei fatti si fanno sempre più scarse, Parvus abbandona la militanza attiva e lascia anche la Germania, ormai sull’orlo della sconfitta e dello sconvolgimento politico. In Svizzera continua i suoi studi teorici e le sue analisi politiche, come pure la sua vita brillante e dispendiosa, ma con sempre minore eco. Ritorna nella Germania di Weimar nel 1920, si stabilisce a Berlino e ivi muore il 12 dicembre 1924.

I pregi dello studio realizzato da Pietro A. Zveteremich si possono senz’altro indicare anzitutto nella puntigliosa raccolta di nuovi, molto dettagliati e validi documenti relativi ad alcuni episodi nodali della storia contemporanea, in questo modo offrendo conferme a conclusioni già avanzate da altri studiosi, soprattutto riguardo al decisivo contributo prestato da esponenti di rilievo della finanza e della politica occidentali alla preparazione e al successo della Rivoluzione comunista, e così – ancora – ponendo solide basi all’attenzione da prestare alle mosse della medesima finanza nella conservazione al potere della Rivoluzione stessa e nel tentativo di evitarne il crollo.

Inoltre, l’opera dello studioso d’origine russa ribadisce con impressionante puntualità soprattutto le tesi avanzate da Aleksandr Solzenicyn, sì che d’ora in avanti Lenin a Zurigo. Capitoli potrà difficilmente essere qualificato “soltanto” come un romanzo storico, sottintendendo e insinuando trattarsi più di un’opera letteraria che di un’adeguata ricostruzione di fatti autentici, perché ormai si può appunto definire un romanzo storico perfettamente riuscito, in quanto efficace ricostruzione letteraria di accadimenti veri. Infine, merita di essere segnalata la considerevole mole di “piste” di ricerca per ulteriori approfondimenti, anche relativi a personaggi minori, messa a disposizione dal ricco apparato bibliografico e dagli indici.

Dopo queste note positive non posso esimermi dall’indicare anche i limiti della ricerca: infatti Pietro A. Zveteremich non prende assolutamente in considerazione il contributo offerto al tema da lui affrontato da parte di quanti hanno indagato nel passato – e continuano a indagare attualmente – sugli aspetti meno evidenti, in qualche modo “occulti”, della storia in genere e di quella contemporanea in specie, sia in relazione agli avvenimenti che alle loro motivazioni profonde.

Perciò, se questa carenza di un “quadro di fondo” si traduce in un’autolimitazione di carattere positivistico quanto alle ipotesi di lavoro e, quindi, quanto alla stessa raccolta dei dati, essa colpisce soprattutto la loro interpretazione: per esempio, circa Parvus restano tuttora inadeguatamente esaminati e in ombra i dessous dell’ambiente in cui si muove e che circonda la sua scelta rivoluzionaria iniziale e l’attività costante e tenace da lui prodotta; le ragioni della facilità con la quale fin dalla giovinezza il rivoluzionario russo si muove attraverso l’Europa e anche fuori di essa, ragioni presumibilmente non estranee alle sue future relazioni internazionali e, quindi, alla sua rapida e stupefacente fortuna economica; e, da ultimo, l’esplosivo composto costituito dalla sua straordinaria lucidità intellettuale e da una notevole e ostentata amoralità privata e pubblica.

E questa carenza riesce tanto più spiacevole quando, per esempio, si apprende che Leo Lazarus Helphand alias Evgenij Aleksandrovic Gnedin – il primo dei due figli dati a Parvus da Maria Schillinger – fu nominato primo segretario presso l’ambasciata sovietica di Berlino nel 1935 e fu per due anni testimone della diplomazia segreta che ha portato al patto Molotov-von Ribbentrop dell’agosto del 1939 (14).

Anche sulla base di una tale eredità, come non ipotizzare in Izrail L. Gel’fand una di quelle figure di “mistici” della Rivoluzione mondiale – come, per esempio, Filippo Buonarroti, Adam Weishaupt, Elena Petrovna Blavatskij o Karl Marx (15) – per i quali la Rivoluzione stessa, prima di essere una scelta ideologica e operativa, è un’opzione radicale e militante per il principio metafisico di essa, il culto del perenne divenire e l’odio per l’essere, creato e increato?

Note:

(1) Cfr. Zbynek Anthony Bohuslav Zeman e Winfried B. Scharlau, The Merchant of Revolution. The life of Alexander Israel Helphand (Parvus). 1867-1924, Oxford University Press, Londra 1965.

(2) Cfr. Michael Pearson, Il treno piombato, trad. it., Sperling & Kupfer, Milano 1976.
(3) Cfr. Enzo Bettiza, Il mistero di Lenin. Per un’antropologia dell'”homo bolscevicus”, Rizzoli, Milano 1988.
(4) Cfr. Aleksandr Solzenicyn, Lenin a Zurigo. Capitoli, trad. it., Mondadori, Milano 1976.
(5) Cfr. Pietro A. Zveteremich, Il grande Parvus, Garzanti, Milano 1988, pp. 416.
(6) Cfr. Idem, Parvus, una figura anticipatrice, Herder, Roma 1984.
(7) Idem, Il grande Parvus, cit., p. 98.
(8) Ibid., p. 99.
(9) Ibid., p. 136.
(10) Sul tema dei finanziamenti occidentali alla Rivoluzione socialcomunista in Russia, cfr. Pierre Faillant de Villemarest, Les sources financières du communisme (Quand l’URSS était l’alliée des nazis), 2ª ed., CEI-la lettre d’information, Cierrey 1984; e il mio Le fonti finanziarie del comunismo e del nazionalsocialismo, in Quaderni di “Cristianità”, anno I, n. 1, primavera 1985, pp. 39-52.
(11) A. Solzenicyn, op. cit., p. 171.
(12) Ibid., pp. 157-158.
(13) Su questo episodio, oltre al già citato volume di Michael Pearson, cfr. l’articolo rievocativo, comparso in occasione del settantesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, di Arrigo Petacco, Quel treno per Mosca, in Storia Illustrata, n. 354, maggio 1987, pp. 22-31.
(14) Cfr. la lettre d’information, anno XIX, n. 10, 31-8-1989, p. 6: fonte del dato Stephen Cohen, professore a Princeton e consigliere permanente del dipartimento di Stato americano, filosovietico, il 17 gennaio 1984. Su Evgenij A. Gnedin, cfr. P. A. Zveteremich, op. cit., pp. 350-357.
(15) Per il fondatore del “socialismo scientifico”, cfr. Richard Wurmbrand, L’altra faccia di Carlo Marx, trad. it., 2ª ed., EUN. Editrice Uomini Nuovi, Marchirolo (VA) 1986.