Le Crociate vs. Submission: Occidenti a confronto

crociate_locandinaRagionpolitica 21 maggio 2005

Il mondo, per la filosofia che guida la pellicola di Ridley Scott, è insomma diviso in due: i buoni, ossia quelli che non credono in niente, e i cattivi, cioè quelli che credono in qualcosa. E ovviamente per Ridley Scott, il regista, gli islamici stanno nella prima categoria. Tutto il resto è un intrecciarsi di scimmiottature, distorsioni, accuse implicite, discriminazioni, tutte rivolte contro i cristiani. Perché con la loro religione scatenano le guerre

di Paolo Gambi

Le Crociate e Submission. Due film che insieme raccontano nella maniera più chiara il cuore pulsante dell’Occidente contemporaneo. Da un lato Le Crociate, di Ridley Scott, rivede la storia in senso buonista ed agnostico, dipingendo l’universo cristiano come un covo di laide canaglie senza scrupoli; dall’altro Submission, del compianto Theo Van Gogh, denuncia in maniera molto forte alcuni crimini perpetrati in nome dell’Islam contro una donna. Due film occidentali che si scagliano, a torto o a ragione, contro due delle principali tradizioni religiose. Con un’unica, piccola, differenza.

Ridley Scott, così come tanti altri registi anticattolici prima di lui, vincerà magari l’Oscar. Theo Van Gogh, invece, è stato brutalmente assassinato per aver fatto quel film. Le Crociate sarà verosimilmente campione d’incassi. Submission è stato quasi bandito al pubblico, non è presente nelle sale, in Italia è stato portato e diffuso solo per iniziativa della Lega Nord.

L’Occidente che critica se stesso sulla scia della propria autodistruzione identitaria viene applaudito ed apprezzato. La clac aumenta se nello stesso tempo promuove il diverso in un tentativo di riduzione ad uguaglianza. L’Occidente che critica le malefatte dell’altro – anche quando sono contro se stesso – ergendosi naturalmente sulla propria identità e sottolineando la diversità viene guardato con sospetto, annusato con fastidio, distrutto con piacere.

Ed è in queste vicende cinematografiche che l’Occidente rispecchia il suo ventre molle. Il pensiero debole. Che è la principale causa della sua lenta autodistruzione. Una pars destruens che, innescata 500 anni fa nei recinti della filosofia, non ha più trovato modo di fermarsi. La paura della diversità – da cui l’esigenza di creare un mondo di uguali – la paura dei valori forti – che creano conflitto -, la immane paura della propria identità sono la radice più profonda di questo atteggiamento diffuso che sta alla base del film Le Crociate.

E allora ben venga una ricostruzione della storia in cui il feroce Saladino in realtà non era affatto feroce, anzi, in fondo era un saggio operatore di pace. Ha un esercito di 200.000 guerrieri, ma nel suo cuore è un convinto pacifista. Ben venga un ritratto in cui i cristiani, cioè gli occidentali stessi, sono sempre – e comunque – dei gran laidi, a meno che per un verso o per quell’altro non rinuncino alla propria identità. Sono soliti compiere ingiustificate violenze ed atrocità contro i poveri ed indifesi musulmani, i quali invece non amano impugnare scimitarre, ma opere di bene. Perché in fondo sono anche loro dei bravi guaglioni.

Il mondo, per la filosofia che guida la pellicola di Ridley Scott, è insomma diviso in due: i buoni, ossia quelli che non credono in niente, e i cattivi, cioè quelli che credono in qualcosa. E ovviamente per Ridley Scott, il regista, gli islamici stanno nella prima categoria. Tutto il resto è un intrecciarsi di scimmiottature, distorsioni, accuse implicite, discriminazioni, tutte rivolte contro i cristiani. Perché con la loro religione scatenano le guerre.

D’altra parte è normale che sia così. Negli Stati Uniti, così come in quel simulacro d’Europa in cui viviamo, i cattolici sono l’ultima frontiera della discriminazione. Si può e si deve affermare di continuo che sono ottusi, retrogradi, oscurantisti, che sono la causa delle crociate, dei roghi, e che sono pure pedofili.

Perché l’identità cattolica è uno degli ultimi «pensieri forti» rimasti, una delle ultime identità chiare e non sincretizzabili che l’Occidente ha al centro del proprio cuore. Se dici invece, per esempio, che un musulmano è un violento, finisci dritto in gattabuia per aver fatto discriminazione su base religiosa. Per cui il pensiero diffuso occidentale non può che benedire una visione delle crociate buonista e relativista.

Non importa ricordare chi c’era dall’altra parte. Non importa ricordare anche ai maitre a panseé del pensiero debole che se non ci fossero stati crociati e controcrociati nella storia, se non ci fosse stata la riconquista di Gerusalemme, la battaglia di Lepanto e quella di Vienna ad arginare l’avanzata islamica in Europa, anche loro invece di avere la libertà di ciarlare di diritti degli omosessuali, di femminismo e di diritti degli animali sarebbero lì a urlare «Allah hu akbar».

Non importa, perché chi lo ha fatto, come Theo Van Gogh, è stato ucciso da un islamico, e per pochi la cosa sembra esser stata illuminante. Per cui teniamoci pure l’autodistruttiva rilettura della storia in senso relativista che ha operato Ridley Scott, e che tanti altri prima e dopo di lui hanno fatto e faranno. Una immensa operazione di relativismo. Con buona pace di Papa Benedetto…