La famiglia, baluardo di civiltà

Il Timone – n. 11 Gennaio/Febbraio 2001

Una sola è la verità sulla famiglia: comunione di un uomo e una donna uniti in matrimonio. Aperta alla vita. Lo dice la legge naturale e lo insegna la Chiesa. Diamo le ragioni. Per rispondere alle contestazioni e alle minacce.

di Mario Palmaro

1. Potremmo dire che la famiglia ha la robustezza e la essenzialità di un mattone, essendo dotata di tre dimensioni: a) una dimensione orizzontale, che le deriva dalla legge naturale, e che trae origine dalla realtà stessa delle cose; b) una dimensione verticale, rappresentata sia dal sacramento istituito da Gesù Cristo, che si innesta – trasformandola in maniera essenziale – nella realtà naturale dell’amore tra un uomo e una donna; c) una dimensione di profondità, che si manifesta nell’apertura “sociale” del matrimonio, che non è un fatto privato fra gli sposi, ma che assume sempre un significato pubblico che interessa lo Stato e le sue leggi.

La società è una costruzione fatta di questi mattoni che si chiamano famiglie: se i mattoni sono impastati con pessima argilla, l’intero edificio prima si sgretola, e poi crolla. Ma anche i mattoni ben fatti rischiano di essere travolti nella rovina della grande casa, se gli architetti della società – i politici, gli intellettuali, gli scienziati, gli educatori – edificano sulla sabbia. La famiglia è robustissima, ma allo stesso tempo fragile: invano si affatica il costruttore, se si illude di fare a meno del Signore. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) descrive queste tre dimensioni della famiglia in tre brevissimi paragrafi. Vediamoli insieme.

2. Natura della famiglia. “Un uomo e una donna uniti in matrimonio – si legge al n. 2202 del CCC – formano insieme una famiglia”. Sulla scena del mondo non ha ancora fatto irruzione il cristianesimo, ma già le società più svariate riconoscono questa elementare realtà delle cose. Ecco perché “questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da parte della pubblica autorità: si impone da sé”. Ciò significa che la famiglia viene logicamente e storicamente prima dello Stato. Altri elementi naturali della famiglia sono il consenso tra gli sposi, il bene tra i coniugi, e la procreazione ed educazione dei figli (n. 2201). Inoltre, dentro la famiglia tutti hanno eguale dignità, ma con responsabilità e ruoli diversi in vista del bene comune (n. 2203).

3. La famiglia cristiana. A dare “spessore” alla famiglia interviene la Rivelazione cristiana, che la definisce una “comunità di fede, di speranza e di carità” (CCC n. 2204). La famiglia è definita “chiesa domestica”, perché veramente essa rivela al mondo un modo particolare di vivere la comunione della Chiesa di Cristo (n. 2204). Ad esempio: quando un padre e una madre generano un figlio e lo educano, essi non sono che il riflesso dell’opera creatrice del Padre (n. 2205). Nella famiglia cristiana si prega ogni giorno, si legge la Parola di Dio, si fa apostolato missionario. Proprio come in una piccola chiesa.

4. La famiglia e la società. La terza dimensione della famiglia evidenzia il suo rapporto con il mondo che sta fuori (CCC n. 2207). Quando una società che muore cerca le cause del proprio malessere, essa non deve far altro che guardare alla famiglia: lì troverà il germe della sua malattia, o i semi della propria rinascita. È nella famiglia che marito e moglie imparano a essere davvero adulti, rispettando quotidianamente “la parola data” una volta per tutte. È qui che i figli vengono allenati a esercitare la libertà; a prendersi cura di malati, anziani, poveri; a praticare la pazienza, ad amare. Oppure, a fare esattamente il contrario di tutte queste cose. Dal canto suo, lo Stato “si guarderà dall’usurpare le prerogative della famiglia o di ingerirsi nella sua vita” (n. 2209). Con spirito profetico, il Concilio Vaticano II intimava al potere civile “il sacro dovere di rispettare, proteggere e favorire la vera natura, la moralità pubblica e la prosperità domestica del matrimonio e della famiglia” (Gaudium et spes, n. 47).

5. Ma allora – diranno forse molti – questo discorso esclude milioni di uomini e di donne dalla “grande casa della società”: che ne è, infatti, di coloro che per le più svariate ragioni non si sposeranno nella loro vita? Essi non sono forse altrettanti mattoni dell’edificio umano? Il Catechismo risponde con parole rassicuranti di speranza per tutti: anche coloro che non si sposano “per validi motivi” possono “grandemente contribuire al bene della famiglia umana” (CCC n. 2231). Anche per loro, dunque, hanno significato le parole di questo dossier. Perché tutti siamo, o siamo stati, figli, fratelli, sorelle, zii e nipoti. O possiamo inventare, per il nostro prossimo bisognoso, qualcosa di molto simile a una vera famiglia.

6. D’accordo – dirà qualcuno – tutte belle parole: ma vita di ogni giorno, nell’alienante ripetersi degli avvenimenti quotidiani, dove sgretola in rapida successione una famiglia dietro l’altra; in questo dramma ordinario che si consuma all’alba del terzo millennio, che cosa òa Chiesa ci chiede di mettere pratica? Vediamo.

7. Il primo salto di qualità che dobbiamo compiere è metterci bene in testa, una volta per tutte, che la volontà divina si compie in mezzo alle circostanze più ordinarie: una donna che partorisce, una famiglia riunita a tavola, una casa dove bambini giocano, un padre che rincasa la sera dopo una giornata di lavoro. Allora, basta gettare uno sguardo contemplativo sulla casa di Nazaret per accorgersi dell’esistenza semplice che Gesù, Giuseppe e Maria vi conducono. Un focolare luminoso e allegro: ecco i due aggettivi che dovremmo sforzarci di” materializzare” ogni giorno dentro le nostre case, secondo l’accorato auspicio del Beato Escrivà. Già, ma come si fa? Da che parte si comincia? Con tanti piccoli gesti, o atteggiamenti, che tutti insieme fanno la nostra giornata nella famiglia: la serenità nell’affrontare i piccoli problemi come le grandi difficoltà; la propensione a saper sorridere, mettendo da parte l’ingombrante preoccupazione per il nostro io; l’attitudine ad ascoltare il marito, la moglie, i figli; l’incessante lotta per estirpare l’orgoglio, perché in fondo sappiamo bene che nelle piccole liti domestiche nessuno ha veramente ragione.

8. Dunque, la famiglia è un piccolo paradiso? Questa è una, se non la più importante, delle false idee che nella società contemporanea circolano intorno al matrimonio e alla vita domestica: “mi sposo, sarò felice. E se scopro che non è vera, saluto tutti e me ne vado”. Dolori e contrarietà sono il pane quotidiano degli sposi, dei genitori, dei figli: il punto è che l’amare e la gioia, se radicati nella fede, sono più forti degli inevitabili urti contro le avversità. Anzi, ne escono rinvigoriti e più belli.

9. Con grande senso della realtà, dobbiamo prendere atto di una situazione di fatto molto grave. “L’impareggiabile ricchezza della famiglia – scrive il Cardinale Giacomo Biffi – che ci è stata regalata dalla sorprendente benevolenza del Padre, appare grandemente ìmmiserita nella pratica della società del nastro tempo. Si direbbe che il demonio – intelligente nemico di Dio e del suo disegno, alieno dalla verità e omicida (Gv 8, 44) – abbia concentrata qui i suoi attacchi più virulenti, perché qui la misericordia di Dio ha radunato la moltitudine dei suoi doni di natura e di grazia”.

Due contrapposte concezioni della famiglia si fronteggiano oggi: da una parte, quella radicata nell’insegnamento della Chiesa, che potremmo rivisitare con linguaggio meramente umano nel modo che segue: a) La famiglia esprime una verità e una scopo (una vocazione). b) I coniugi hanno un progetto di vita. c) Hanno costruito la loro casa sulla roccia, il che significa: sessualità intesa carne “volere il bene”; disponibilità al perdono reciproco; apertura alla vita. A questa idea della famiglia si contrappone il modello – oggi dilagante – che piace al mondo: a) Non esiste alcuna verità né alcuno scopa preciso nella famiglia. b) Ci si affida all’improvvisazione e al caso: le uniche certezze saranno magari la chiusura alla vita (“per carità, niente bambini!”) e la chiusura al perdona (“se non è bella e buona carne mi sembra adesso, me ne trovo un altro! “). c) Finita l’infatuazione, ci si scontra con la dura realtà, e allora, seconda il nuova proverbio che suggella il collasso della famiglia: “Ognun per sé, e Dio per nessuno”.

10. Totalità, fedeltà, fecondità: sono questi i tre pilastri della famiglia alla luce del Vangelo, secondo una parola che – al di fuori di qualsiasi confessionalismo – è profondamente umana proprio perché autenticamente cristiana. Totalità: perché nella famiglia si accoglie l’altro tutto intero, sano o malato, antipatica, nel bene e nel male, per sempre. Fedeltà: gli sposi si fanno dono di un tesoro che una volta sola e per sempre, e che non può essere affitto per gioco, o per prova. Fecondità: perché bisogna essere in tre. Il bambino che nascerà è il segno visibile di come l’amore sia diffusivo, procreativo. E quando accade che questo figlio tanto desiderato non arriva? Esiste una della fecondità “soprannaturale”, che consiste nel far rinascere ogni giorno, nel nostro cuore, il piccolo Gesù, il quale potrà avere il volto di nostro figlio, ma anche di un altro fa i molti “piccoli’’ che avremo nel nostro cammino. Se saremo stati capaci mare la nostra famiglia in un “focolare luminoso e allegro”.

Bibliografia:

Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria Editrice Vaticana, 1995.

Giovanni Paolo II,Familiaris consortio, 1981.

Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, 1994.

Giacomo Biffi, Matrimonio e famiglia, Edizioni Dehoniane, Bologna 1990.

Tommaso d’Aquino, Fede e opere, Città Nuova, Roma 1981.

Josemaria Escrivà, È Gesù che passa, Edizioni Ares, Milano 1982.

Scott & Kimberly Hahn, Roma dolce casa, Ares, Milano 1998.