L’evoluzione della specie bugiarda

inganno_evoluzionistaArticolo pubblicato su Il Borghese

La Scienza non ha mai dimostrato (forse è meglio dire: non è mai riuscita a dimostrare) che l’uomo discende dalla scimmia e negli Usa i genitori possono rifiutare che la teoria evoluzionistica venga ammannita nelle scuole ai loro figli. Poiché di una teoria si tratta.

di Rino Cammilleri

L’impero britannico non si era ancora ripreso dalla tragedia del suo testimonial più ardito, il Titanic (come abbiamo abbondantemente documentato in queste pagine), che, quasi in contemporanea, si infilava a capofitto sulla rotta di un altro iceberg. Il quale ci mise un po’ più di tempo per sprofondare (ma nel ridicolo, stavolta) un altro degli orgogli britannici, il British Museum. Purtroppo mai mi è capitato di vedere citata questa storia – quella che vado a commemorare – nei sussidiari dell’obbligo, i libri delle elementari sulla cui copertina trovate uno scimpanzé a sinistra e un distinto signore nudo a destra; in mezzo, ci sono le varie fasi dell'”evoluzione”.

Certezze e ipotesi

La Scienza non ha mai dimostrato (forse è meglio dire: non è mai riuscita a dimostrare) che l’uomo discende dalla scimmia e negli Usa i genitori possono rifiutare che la teoria evoluzionistica venga ammannita nelle scuole ai loro figli. Poiché di una teoria si tratta. Ancora oggi, dai tempi di Darwin.

Di solito, quando non si riesce a dimostrare un assunto, è “scientifico” rivolgersi verso altre direzioni, battere nuove strade, prendere in considerazione ipotesi diverse. Fa eccezione l’evoluzionismo, da quasi due secoli ostinatamente divulgato come cosa praticamente certa. Pazienza se a ogni pie’ sospinto dobbiamo retrodatare di un ennesimo milione di anni la comparsa dell’Homo Sapiens sulla terra. Pazienza se veniamo a sapere che l’Uomo di Neandertal era perfettamente in grado di parlare, e non era peloso né curvo. Ma perché nulla di tutto ciò finisce sui sussidiari? Forse perché l’evoluzionismo deve essere vero?

Se non c’è la prova…

Nel 1912 gli scienziati positivisti (cioè tutti, pena la scomunica accademica) cercavano il “famoso anello mancante” tra l’uomo e la scimmia. Doveva esserci, dal momento che lo si cercava. Poiché lo pterodattilo era (secondo loro) l’anello di congiunzione fra i rettili e gli uccelli (come dire che il divano discende dal bastone passando per lo sgabello, la sedia e il letto; oppure che il pipistrello è l’anello intermedio tra il topo e l’aquila) bisognava trovare un Homo mezzo scimmia. Per forza. E a trovarlo doveva essere, altrettanto per forza, un Homo Britannicus, cioè il massimo punto d’arrivo dell’evoluzione.

E così fu. Il geologo Charles Dawson e il direttore del dipartimento dl geologia del British Museum, Arthur Smith Woodward, annunciarono alla londinese Geological Society e al mondo intero che, sì, a Piltdown nel Sussex finalmente l’anello mancante era venuto alla luce

.L’Eoanthrupus dawsoni (così fu battezzato) consisteva in un pezzo di calotta cranica umana coi una mandibola inequivocabilmente di scimmia. Il discusso (già allora) gesuita Teilhard de Chardin, paleontologo dilettante, precipitò sul Luogo e trovò un dente scimmiesco che sicuramente apparteneva all’Uomo dì Piltdown.

Dawson, l’eccezionale scopritore, ebbe la straordinaria ventura di trovarne un altro, di Uomini di Piltdown, due anni dopo, a Sheffield Park. Dopodiché defunse, sazio di onori, nel 1916. Il suo Homo Piltdowni, accuratamente ricostruito (un pezzo di cranio e di mandibola; il resto, tutto il resto, era cartapesta) e munito di diorama in stile, fece bella mostra di sé al prestigioso British Museum in una sala dove le scolaresche venivano quotidianamente portate in religioso pellegrinaggio.

… la costruiamo

Per quasi mezzo secolo, dico mezzo secolo, l’Uomo di Piltdown fu la prova provata che discendiamo dalle scimmie, e guai agli oscurantisti che si azzardavano a mettere in discussione il dogma: l’inquisizione in camice bianco prima li riduceva alla fame, poi al silenzio e infine alla disperazione. E senza processo. Ebbene, solo nel 1953 si venne a sapere che la mascella dell’Uomo di Piltdown non era sua ma di un orango morto di recente: i condili erano stati limati per farli combaciare col pezzo di cranio e i denti erano stati “invecchiati” col pennello.

I tre furbacchioni? Woodward finì presidente della Geological Society, Dawson ebbe l’ambitissimo titolo di Honorary Collector del British Museum, Teilhard fu intronizzato in una cattedra universitaria di geologia a Parigi. Si venne a sapere (ma decenni dopo) che quest’ultimo aveva lavorato agli scavi con Dawson fin dal 1908.

Ora, accanto al cosiddetto Uomo di Piltdown, i tre “scienziati” avevano trovato un femore di mammuth. Quest’osso era stato “lavorato” per farne una mazza. Insomma, l’Uomo di Piltdown andava a caccia con quello, così come Stanley Kubrick in 2001 Odissea nello spazio descriverà, poi, la trasformazione della scimmia in uomo per influsso del misterioso monolito.

Un complice zoologo

Invece, guarda un po’, si scopre che il terzetto era un quartetto: era stato lo zoologo (sempre del British Museum) Martin A. Hinton a sottrarre dalla raccolta del museo l’osso in questione, a limarlo per farlo assomigliare a una mazza da cricket e a seppellirlo negli scavi. Credete che la scoperta della truffa nel 1953 sia stata dovuta ai nuovi metodi scientifici, al Carbonio 14, all’uso del radio eccetera? Niente affatto.

C’era un sacco di gente, già nel 1912, convinta che Piltdown fosse un falso, gente che conosceva bene i protagonisti della vicenda e li sapeva capaci di tutto per averli già visti all’opera in altre occasioni. Ma il British Museum per più di quarant’anni impedì chiunque di esaminare i resti di Piltdown. Anche gli esperti dovevano contentarsi di ammirarli dietro un vetro o maneggiare copie.

Il bubbone scoppiò proprio a un congresso internazionale nel 1953 e grazie alle proteste di un gruppo di scienziati che prese a sciorinare i propri dubbi sulle riviste più prestigiose. Certi vizi, però, non perdono mai il pelo. E’ ancora nelle orecchie la polemica che ha accompagnato l’analisi della Sindone, le vere e proprie accuse di truffa rivolte agli esperti che l’hanno analizzata con il Carbonio 14.

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