Errore di Prospettiva

EuropaArticolo pubblicato su Tracce di marzo 2002

C’è un’ostilità dell’Occidente a se stesso che è strana e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta, sì, in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e autentico

di Mario Mauro

Nella stesura della prima bozza della Carta Costituzionale Europea il fatto cristiano è relegato ai margini. Un compromesso che si erge a tutela di una falsa idea di laicità. Dimenticando che furono proprio i monasteri benedettini a definire i primi confini dell’Europa Cosa c’è in gioco nella stesura della prima bozza della Carta Costituzionale Europea, che dovrà seguire la cosiddetta Dichiarazione di Laeken e che viene affidata allo strumento della Convenzione?

Presto detto, è in gioco la “marginalizzazione” del fatto cristiano, delle Chiese. Come quando si protestava contro i regimi comunisti che soffocavano la libertà di professare la fede. Il punto è sempre quello: la libertà religiosa. Una libertà che è la prima e fondamentale libertà. La difesa dei diritti umani, che tutti riconoscono essere uno dei cardini culturali della nuova Europa, da Chirac a Schroeder, ma anche da Bertinotti a Choen-Bendit alla Benino, incomincia da qui. Non dobbiamo dimenticarlo.

Il risultato di Laeken è il frutto di un compromesso politico che fa gran confusione a tutela di una certa idea di laicità, che pretende contrapporre ai presunti fondamentalismi religiosi il fondamentalismo del nulla. Un pessimo compromesso, vissuto ed espresso alla luce di un concetto di dialogo basato sull’idea che incontrarsi sia possibile solo sulla base di una rinuncia. La Dichiarazione di Laeken è in parte figlia di questa logica.

Dialogare significa, invece, prendersi la responsabilità di fare un passo avanti, insieme, verso la verità, che è un fatto fuori di noi, che non possediamo mai interamente e siamo invece chiamati insieme a scoprire. Ed è così che scopriamo, purtroppo, che tra gli interlocutori che saranno presi in considerazione durante i lavori della Convenzione, presieduta da Giscard d’Estaing, vengono menzionati esplicitamente intellettuali e sindacati, ma non i rappresentanti delle Chiese.

Queste ultime stanno dentro un vago “eccetera”, avrebbe fatto notare Giovanni Paolo II, decisamente contrariato. «È un’ingiustizia e un errore di prospettiva». Parole pesanti quelle usate dal Papa, che riecheggiano quelle elevate a suo tempo contro la repressione anti-religiosa dei regimi totalitari.

Contro la marginalizzazione

Ebbene, lo stesso Pontefice oggi punta il dito contro quella che chiama «la marginalizzazione delle religioni» nell’Unione Europea. E già immaginando le critiche e i mugugni della solita schiera di allergici, previene le loro scontate obiezioni: non tirate in ballo la giusta laicità degli Stati, qui si tratta delle nostre radici, della nostra storia e quindi del nostro futuro.

Il cristianesimo, infatti, è un dato costitutivo dell’Europa quanto la geografia: così come l’Europa è circondata per tre lati dal mare e per un lato dagli Urali, allo stesso modo il cristianesimo ha costruito questo continente. Il pensiero va naturalmente ai benedettini, che hanno costellato l’Europa della loro presenza. Se si sovrappone alla carta d’Europa una carta degli insediamenti benedettini, si vede che sostanzialmente coincidono. Perfino i beni architettonici sono una testimonianza di quel retaggio; metà di essi hanno un segno religioso: chiese, cappelle, sepolcri.

Il ruolo delle Chiese

Come si svilupperà lo scenario post-Laeken? Come minimo si dovrebbe riconoscere che le Chiese hanno una loro identità peculiare e definire per loro spazi e possibilità precisi, senza appiattirle e confonderle in un generico concetto di società civile di tipo economicistico e non-govemativo. Soprattutto occorrerà adoperarsi perché l’ordinamento comunitario preveda sempre meglio il riconoscimento delle identità confessionali, la soggettività pubblica e il ruolo delle Chiese, non dimenticando che in Europa c’è anche una notevole presenza delle Chiese ortodosse, che crescerà con l’allargamento.

E sicuramente anche le comunità ebraiche sono interessate a esprimere le loro istanze. L’oblio della portata civile della fede o, peggio, l’odio scatenato abusando del nome stesso di Dio sono esiti di un fraintendimento che va rimosso a scanso di ulteriori disastri. L’Europa nasce senza lo slancio delle origini e questa può anche essere la causa di una perdita di senso dell’integrazione europea: stiamo insieme perché ci conviene, non per un ideale che ci accomuna e che ci da il senso della missione dell’Europa nel mondo. In tal modo l’Europa parte con le ali appesantite.

Adenauer, Schuman, De Gasperi

Nei violenti sconvolgimenti del nostro tempo c’è un’identità dell’Europa che abbia un futuro e per la quale possiamo impegnarci? Per i padri dell’Unione Europea – Adenauer, Schuman, De Gasperi -, dopo le devastazioni della Seconda Guerra mondiale, era chiaro che un simile fondamento esiste e che consiste nell’eredità cristiana. Le devastazioni delle dittature nazista e stalinista si fondavano proprio sulla demolizione di questa base – su di una superbia che non si sottometteva più al Creatore, bensì pretendeva creare da sé l’uomo nuovo e smontare il mondo cattivo del Creatore per trasformarlo nel mondo buono, che sarebbe dovuto sorgere dal dogmatismo dell’ideologia.

Ma l’iniziale entusiasmo verso i grandi temi dell’eredità cristiana è velocemente svanito, e l’Unione Europea si è compiuta quasi esclusivamente sotto aspetti economici, lasciando fra parentesi la questione circa i suoi fondamenti ideali. Negli ultimi anni è di nuovo cresciuta la consapevolezza che la comunità economica degli Stati europei ha bisogno di una base di valori condivisi: la crescita della violenza, le fughe di tipo nichilistico, l’aumento della corruzione hanno fatto diventare molto sensibili circa la necessità di un’inversione di tendenza.

Per questo il 3 e il 4 luglio 1999 i Capi di Stato e di governo dell’Unione Europea hanno deciso l’elaborazione di una Carta dei Diritti Fondamentali. Il Comitato insediato per questo si è dato, il 3 febbraio 2000, il nome di Convenzione e il 14 settembre dello stesso anno ha presentato un progetto di testo conclusivo, che il 14 ottobre è stato approvato dai Capi di Stato e di governo. Da questo testo si è arrivati alla Dichiarazione di Laeken, che della Carta dei Diritti non solo conserva le ambiguità, ma vi aggiunge una odiosa indifferenza nei confronti del fatto cristiano.

Multiculturalità

C’è qui un’ostilità dell’Occidente a se stesso che è strana e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta, sì, in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e autentico. La multiculturalità, continuamente incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie.

Ma la multiculturalità non può sussistere senza costanti in comune, senza punti di orientamento rispetto a valori propri. Essa sicuramente non può sussistere senza rispetto di ciò che è sacro, se, cioè. Dio è estraneo a noi stessi e alla nostra identità. Se non facciamo questo, non solo rinneghiamo l’identità dell’Europa, bensì veniamo meno a un servizio agli altri, che è in qualche modo la missione, il compito dell’Europa.

Quel compito che Adenauer, Schuman e De Gasperi avevano sintetizzato nel loro programma: «Mai più la guerra». Un programma che attraverso la speranza della pace riaffermava un’idea di democrazia, di Stato, di uomo corrispondente alla tradizione che le aveva generate.