Il Belgio si è lasciato invadere dall’Islam

Abstract: il Belgio si è lasciato invadere dall’Islam

Newsletter 7 Dicembre 2022 

“La sinistra ha più paura di Giorgia Meloni

che dei Fratelli Musulmani”

L’intervista all’europarlamentare di colore in lotta con la soumission. “A 5 anni in Africa mi hanno mutilato i genitali. In Europa volevo essere Alice nel Paese delle Meraviglie, non della Sharia”

di Giulio Meotti

“Shock. Domenica 27 novembre, a Bruxelles, bandiere marocchine e scene di guerriglia urbana di rara violenza. Orde di ‘tifosi’ che attaccano la polizia e compiono atti vandalici: arredi urbani distrutti, negozi saccheggiati, alberi di Natale e auto bruciate. La scena più memorabile? Un uomo che strappa la bandiera belga dal balcone di un appartamento, tra gli applausi di una folla inferocita. La sera, il principale canale di notizie, LN24, stendeva il tappeto rosso all’ambasciatore marocchino. E per una buona ragione: il Belgio conta 800.000 marocchini, che rappresentano da soli il 12 per cento della popolazione della regione di Bruxelles-Capitale”.

Così si apre l’inchiesta terrificante del settimanale francese Valeurs Actuelles in edicola e dedicata al “Belgikistan”.

“E ancora una volta, Bruxelles, la parte francofona del regno, si sveglia in un misto di sbornia e negazione. La stampa fa da struzzo. La Libre Belgique non pubblica nessuna foto in prima pagina il giorno dopo i disordini… Questa smentita suona come il marchio di fabbrica di un Paese che ha abdicato da anni. L’immigrazione in Belgio a predominanza musulmana è iniziata negli anni ’60, con la firma di accordi bilaterali con Marocco (1964), Turchia (1964), Tunisia (1969) e Algeria (1970).

Nel 1974, il Belgio è diventato il primo paese europeo a riconoscere ufficialmente l’Islam. Bruxelles, capitale del Regno e dell’Unione Europea, continua a cadere nelle mani degli islamisti, in nome del progressismo e dell’inclusione. Crocevia dell’islamismo in Europa dagli anni ’80, Bruxelles è la loro cassa di risonanza su scala europea. Il multiculturalismo, ancor più che in Francia, funge da religione. ‘C’è una sorta di polizia del pensiero.

Ogni avversario è trattato come un razzista. Una tecnica totalitaria’, denuncia un esponente di spicco della coalizione di governo, dopo aver implorato l’anonimato. Gli islamisti incontrano poca resistenza. Grazie alla loro legittimazione, gli si sono aperte le porte delle istituzioni europee. I più civili tra loro, i Fratelli Musulmani, lo hanno capito bene. E per una buona ragione, è qui che vengono pubblicati gli standard sociali, economici, sociali e culturali applicabili in tutta l’Unione europea.

In Belgio, le reti della Fratellanza comprendono una quarantina di organizzazioni, secondo i servizi di intelligence: scuole, centri culturali e sportivi, a cui si aggiunge un gran numero di ‘utili idioti’ – politici, scrittori, giornalisti. Accanto a questo entrismo, è in corso l’arabizzazione: ‘I Fratelli Musulmani stanno aumentando le lezioni di arabo in Belgio, stiamo assistendo a una crescente arabizzazione, che può essere un altro veicolo di islamizzazione’, osserva Felice Dassetto, sociologo e professore emerito all’Università cattolica di Lovanio.

‘L’Algeria è diventata islamizzata attraverso l’arabizzazione’. A poco a poco, con l’aiuto della demografia, il voto musulmano diventa l’oggetto di tutti i desideri. I partiti Écolo (ecologisti francofoni) e il Partito laburista belga mostrano il loro sostegno a personalità arabe e turche vicine ai Fratelli Musulmani, che ricoprono incarichi in associazioni, comuni o aziende. Per vigliaccheria ed elettoralismo, una serie di partiti di sinistra un tempo legati alla neutralità sono giunti a chiudere un occhio sul comunitarismo o, peggio, si sono lasciati condizionare nelle loro decisioni. Il voto musulmano è diventato così importante per alcuni partiti che in alcuni comuni c’è la corsa al partito più islamo-compatibile. Nel Parlamento della regione di Bruxelles-Capitale, quando si scrivono carte o accordi tra i partiti, ‘cerchiamo di infilare la parola islamofobia’, confida un deputato. Il fatto che il Belgio, in passato cattolico, stia diventando sempre più islamico, non sembra porre un grosso problema”.

Assita Kanko

Ma a Bruxelles c’è anche una politica di colore che rifiuta la soumission, è un astro in ascesa del partito autonomista fiammingo N-VA, è nata in Africa, è una madre e si batte per un’immigrazione selezionata e anti-islamista. Non proprio una Soumahoro. “Come molti residenti di Bruxelles, ho lasciato la città a causa dell’insicurezza e del comunitarismo, che sono mantenuti da un sostegno generalizzato della sinistra”, dice l’eurodeputata Assita Kanko.

Nata in Burkina Faso da una famiglia musulmana, Kanko ha ottenuto la nazionalità belga nel 2008. Ricorda sempre il giorno in cui ha ricevuto la sua carta d’identità: “Mi sono sentita abbandonata. Nessuno è venuto a ricordarmi i miei doveri verso il Belgio. In netto contrasto con il Burkina Faso dove, al mattino, abbiamo alzato i colori della bandiera e cantato l’inno nazionale…Sono una musulmana laica. Lo dico, l’Europa ha radici giudeo-cristiane. Nessuno ha costretto nessuno a venire qui. A Roma, vivi come i Romani. Se non ti piace, ci sono voli per l’Arabia Saudita o l’Iran”.

Prima di arrivare nel paese di Re Baldovino, Kanko ha avuto una carriera atipica. Ha subito l’escissione del clitoride a 5 anni, si è confrontata con la poligamia del padre a 16 e ha capito che il posto delle donne è secondario in Burkina. Per lei, l’Europa rappresentava il “continente dell’Illuminismo”, della “libertà di espressione, dei diritti delle donne”. Si è disillusa molto presto: “Pensando di essere Alice nel Paese delle Meraviglie e della libertà, in realtà mi sono trovata Alice nella terra del comunitarismo, dell’islamismo, dove la violenza da cui sono fuggita continua a crescere”. Denuncia: “Le nostre istituzioni e le nostre società sono state infiltrate dall’islam politico, la cui normalizzazione del velo è un cavallo di Troia”. Per Kanko, “il relativismo culturale è un razzismo”.

Nei giorni scorsi, Kanko ha scritto un articolo molto bello per il giornale olandese De Telegraaf: “Quando smetterai di parlare di Islam, mi dicono spesso? Quando alcuni non metteranno più l’Islam al di sopra delle nostre leggi e dei nostri valori. Quando nessuno verrà più ucciso o decapitato perché ha realizzato o mostrato vignette o espresso la sua opinione. Quando i non credenti non saranno più perseguitati. Quando le donne a Bruxelles, Parigi o Amsterdam non dovranno più cercare un medico per il ripristino della verginità e sfuggire all’ira e alla violenza della propria famiglia rimuovendo le tracce dell’amore. Quando gli ex musulmani potranno vivere senza paura le loro nuove vite.

Quando la sinistra si batterà per i diritti delle donne di fronte all’invasione dell’islamismo. Quando i testi parlamentari in Europa non saranno più tagliati dai lobbisti islamici con il sostegno della sinistra e dei verdi. Quando ci si renderà conto che la decapitazione di Samuel Paty, gli attentati a Bruxelles, Zaventem, Nizza o Parigi, le minacce contro Ayaan Hirsi Ali, il tentato omicidio di Salman Rushdie a New York e la crescente autocensura hanno qualcosa a che fare con l’Islam. Solo allora non sarà più necessario avere questa conversazione. Solo allora starò zitta. Quando qualcuno come Pim Fortuyn o Theo van Gogh non verrà più ucciso perché ha un’opinione. Ma la sinistra ha più paura della Meloni che dei Fratelli musulmani”.

Il mondo reale fuori dai palazzi del potere europeista è molto poco inclusivo e molto più simile a quello denunciato da Assia Kanko. “Quando sei invitato a casa di qualcuno, non sputi” dice Kanko a La Libre. “Certi aspetti di certe culture non sono compatibili con la legge e con le libertà individuali. Penso ai delitti d’onore o all’escissione. Come possiamo venire a fare questo a Bruxelles?”.

Le donne che hanno subito l’asportazione parziale o totale dei genitali, come Kanko, sono addirittura 35.000 in Belgio, ha appena rivelato uno studio presentato dal Segretario di Stato per l’uguaglianza. Un aumento del 45 per cento dal 2016. Delle 35.000 ragazze interessate nel territorio belga, più di un terzo sono minorenni. Rtbf lo ha definito un “tabù”. Non bastassero le mutilazioni genitali, Le Soir informa che in Belgio in tre anni sono triplicati anche i matrimoni forzati. Il 30 per cento degli ufficiali di stato civile affronta ogni anno situazioni di matrimonio forzato. Senza dimenticare il boom di “delitti d’onore”: “In Belgio ogni quattro mesi una donna viene uccisa”. La Sharia prolifera nella capitale belga e della UE.

Molte zone d’Europa assomiglieranno sempre più al Burkina Faso da cui è fuggita questa donna libera. Più libera delle nostre femministe groupie del multiculturalismo.

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