La lotta cosmica tra la sfera e la Croce

Chesterton_coverVita Nuova 20 gennaio 2012

C’è qualcosa di più umano dell’umanità

di Fabio Trevisan

A distanza di più di cent’anni, il romanzo La sfera e la croce di Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) sintetizza in modo meraviglioso la capacità visionaria ed immaginativa dell’artista e la concezione teologica e metafisica del sano filosofo, ovvero di colui che vede e pensa “dentro la realtà”, anche quella invisibile e ce la propone in un quadro d’insieme coinvolgente.

L’esito dell’opera è stupefacente e pone degli interrogativi inquietanti ed ineludibili, seppur in una forma paradossale. Infatti, il capitolo inaugurale (Una discussione campata in aria) trae linfa vitale e leggerezza dall’espressione popolare “discorsi campati in aria” per sottolineare, al contrario, la gravità e la serietà dei temi, resi icasticamente dalla contrapposizione tra il professor Lucifero e il monaco Michele.

Una battaglia in cielo di assoluta rilevanza teologica (il peccato degli angeli capeggiati da Lucifero) che proseguirà sulla terra tra l’ateo (James Turnbull) ed il cattolico (Evan McJan) con conseguenze devastanti. La pazzia della disubbidienza degli angeli ribelli insuperbiti in cielo si riverbera nella pazzia collettiva degli uomini sulla terra, facendoci vedere le conseguenze folli e disumane dell’eresia, i disastri antropologici provocati da quel primo peccato.

Il professor Lucifero e il monaco Michele

La sfera (il mondo) e la croce (la volontà di Dio) hanno i loro avvocati nello spazio celeste: rispettivamente il professor (facile l’allusione) Lucifero ed il monaco Michele. Così Lucifero, Principe del mondo, difenderà la sfera: «Questa palla è ragionevole; quella croce è irragionevole. È una bestia a quattro zampe, una delle quali è più lunga delle altre. Il globo è logico. La croce è arbitraria … ne abbiamo abbastanza di questo simbolo. La stessa sua forma è una contraddizione». Il monaco Michele ribatterà al Principe della Luce: «Noi amiamo le contraddizioni. L’uomo stesso è una contraddizione: è un animale la cui superiorità sugli animali sta nel fatto che è caduto».

Nel rinnovare quella che per Chesterton sarà sempre chiamata la Filosofia della Caduta (il Peccato Originale), il monaco porterà alle estreme conseguenze, con un bellissimo apologo, l’odio contro la croce: «Un uomo aveva adottato l’opinione che il segno del cristianesimo fosse un simbolo di barbarie e di irragionevolezza. È una storia assai interessante ed una perfetta allegoria di ciò che accade ai razionalisti come te. Egli cominciò, naturalmente, col bandire il crocifisso da casa sua, dal collo della sua donna, perfino dai quadri. Diceva, come tu dici, che era una forma arbitraria e fantastica, una mostruosità… avrebbe voluto abbattere le croci che si innalzavano lungo le strade del suo paese … Una sera d’estate, mentre ritornava lungo un viale, a casa sua, il demone della sua follia lo ghermì di botto gettandolo in quel delirio che trasfigura il mondo agli occhi dell’insensato … di fronte a una lunghissima palizzata egli credette di vedere la lunga palizzata tramutata in un esercito di croci …egli odiava la croce ed ogni palo era per lui una croce. Quando arrivò a casa, era pazzo da legare».

La descrizione della parabola discendente distruttiva in coloro che rifiutano la croce svela l’ordito maligno del professor Lucifero, il quale, non riuscendo più a sostenere le ragioni e le suggestioni della sfera contro la croce, inveisce e scaraventa il monaco fuori dalla nave: «A ciascuno la sua pazzia! Tu sei pazzo della croce. Ch’essa ti salvi!».

Un braccio della croce sopra la Cattedrale St. Paul di Londra salverà il monaco Michele che, aggrappandosi ad esso per poi lasciarsi scivolare (mirabili gli accostamenti evangelici nella descrizione della salvezza) potrà ritornare sulla terra come un umile fanciullo: «Si sentì allora improvvisamente felice e incredibilmente piccolo. Credette di ridiventar fanciullo».

La contrapposizione tra l’alterigia del professor Lucifero e l’umiltà del monaco Michele è segnata dall’umiltà e dalla gioia cristiana espressa nella vittoria della croce: «Egli — il monaco Michele — sentì tutta l’intensità di quella gioia che gli orgogliosi non conoscono, poiché nasce dall’umiltà. Coloro che per un miracolo sono sfuggiti alla morte; coloro che inaspettatamente si vedono riamati dalla creatura amata; coloro che si vedono perdonati i loro peccati: questi soli conoscono e sentono una simile gioia».

Il peccato degli angeli, combattuto in cielo, ha prodotto la follia insana che dal cielo è discesa sulla terra, ha contaminato gli uomini rendendoli folli a loro volta. L’epilogo del prologo in cielo tra il professor Lucifero ed il monaco Michele, tra la sfera e la croce, sarà il peccato e la pazzia tra gli uomini. Ci sarà ancora spazio e tempo per la croce di Cristo oppure la sfera (il mondo) avrà il sopravvento? Ci sarà ancora posto per Dio nella vita degli uomini?

In una casa di salute l’uomo più felice del mondoDopo l’esperienza del combattimento contro il Male, al monaco Michele sarà riservato, come alter Christus, l’incomprensione ed il rinnegamento, l’allontanamento e la segregazione in una casa di cura per pazzi. La gioia cristiana sarà rigettata dall’uomo che non presterà fede alla testimonianza dal monaco Michele: «Michele non capiva. Tutta la pace del mondo veniva a rifugiarsi dolorosamente nel suo cuore. Questo mondo nuovo, infantile ch’egli aveva d’un tratto intravveduto, gli uomini non lo avevano nemmeno sospettato … le prime due o tre parole che egli pronunciò con voce squillante come una tromba d’argento convertirono in altrettante statue di meraviglia quelli che gli stavano intorno … un poliziotto conduceva in una casa di salute l’uomo (il monaco Michele) più felice del mondo». Questa importante premessa in cielo costituisce tutto il significato del combattimento sulla terra tra il bene e il male, tra la sfera e la croce.

La sfera e la croce non possono essere considerati elementi dialettici di dispute razionalistiche, ma hanno la causa prima originaria nel trascendente e vanno collocati in una cornice di riferimento metafisica. L’aspro conflitto tra l’ateo Turnbull ed il cattolico scozzese McJan sulla terra va necessariamente inquadrato sul piano verticale celeste ed è consequenziale alla caduta salvifica del monaco Michele ora confinato in un manicomio, lontano dalla pazzia del professor Lucifero, lontano dalla follia del mondo e dall’apparente vittoria della sfera sulla croce.

L’ infrangersi della vetrina del giornale L’Ateo da parte del cattolico Evan McJan sarà la prosecuzione narrativa ideale della controversia tra la sfera e la croce, che condurrà i due aspiranti duellanti dinanzi al giudizio del tribunale. Ancora una volta Chesterton, con grande maestria, ci farà conoscere il laicismo e la posizione del giudice Cumberland Vane. Qual è la religione del giudice? Così viene titolato il significativo capitolo

Davanti al tribunale

Quale rilevanza ha la questione dell’esistenza di Dio nella vita degli uomini? Alla richiesta di chiarimenti da parte del giudice, così risponde McJan: «È un mio nemico (Turnbull) e un nemico di Dio». Ecco la reazione seccata del giudice: «Voi non dovete tenere un simile linguaggio qui dentro. Queste cose non ci riguardano. … La religione è un affare troppo personale per farne menzione in un luogo come questo».

La reazione di McJan è perentoria e coraggiosa: «Se egli (Turnbull, l’ateo) avesse detto di mia madre quello che ha scritto della madre di Dio, nessun uomo al mondo, degno di questo nome, mi avrebbe negato il diritto di sfidarlo a duello». Il riferimento al trascendente è preciso ed è una risposta convinta alla “religione relativistica del giudice”. Così Evan McJan affermerà: «Questo mondo straniero, dove viviamo, mi è tuttavia ospitale perché vi trovo in segreto un focolare. Questo mondo crudele mi è dolce perché, più alto dei cieli, c’è qualcosa di più umano dell’umanità. Se un uomo non deve battersi per questo, per che cosa si batterà?… Non posso dunque battermi per la mia stessa esistenza?».

Il “mondo” designato da McJan è straniero e crudele, in quanto è segnato dal peccato dell’uomo che ha seguito il peccato degli angeli ribelli; ma la fede, la speranza e la carità hanno reso quel mondo ospitale e dolce (C’è qualcosa di più umano dell’umanità).

Come la gioia cristiana del monaco Michele veniva segregata, così Evan McJan veniva disprezzato e deriso: «Era indubitabile che il mondo moderno guardava il suo mondo come una chimera». La levigatezza e la rotondità della sferamondo sembrano così avere la meglio sull’asprezza e sullo scandalo della croce. Ci si potrà ancora battere per una vita cristiana ? Ci si potrà ancora battere per il posto di Dio nel mondo?

A queste sfide Chesterton risponderà in un modo sorprendente ed approfondito nel proseguo del romanzo La sfera e la croce.