Inedito del futuro Papa Paolo VI. Montini bacchetta le Acli sinistrorse

Acli_logoIl Giornale sabato 9 gennaio 2010

Datata 15 maggio 1960, è indirizzata dall’allora cardinale Montini, arcivescovo di Milano, ai vertici delle Acli milanesi.

di Andrea Tornielli

La lettera riservata e inedita ha toni inequivocabili ed è datata 15 maggio 1960: è indirizzata dall’allora cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, a Luigi Clerici e a don Ezio Orsini, rispettivamente presidente e assistente ecclesiastico delle Acli milanesi.

È un richiamo all’ordine che esprime tutta la preoccupazione del futuro Paolo VI per quello che ai suoi occhi appariva come un vero e proprio sbandamento dell’associazione cattolica, che in quegli anni simpatizzava per l’apertura a sinistra: «Mi pare che prevalga l’interesse per le cose temporali, e che l’interesse per la missione religiosa e cattolica vada prendendo un posto subordinato», scrive Montini alle Acli, ricordando loro che la politica «non è la vostra missione».

La missiva è stata messa a disposizione dall’Istituto Paolo VI di Brescia al professor Paolo Gheda, curatore del volume Siri, la Chiesa, l’Italia (Marietti 1820) appena pubblicato. Gheda nel suo contributo su Siri e Montini utilizza alcuni brevi passaggi della lettera, che Il Giornale ora pubblica integralmente.

Montini era stato sempre vicino alle Acli: nel 1944, da Sostituto della Segreteria di Stato, aveva partecipato alla loro fondazione, auspicando che fossero «espressione della corrente cristiana in campo sindacale per contrastare la presenza dominante della Cgil». Arrivato a Milano, Montini aveva promesso agli aclisti di essere loro «padre, amico, alleato». Ma l’evoluzione in chiave più marcatamente socio-politica dell’associazione e il favore espresso dalle Acli nei confronti della cosiddetta apertura a sinistra avevano addolorato non poco il futuro Paolo VI.

L’arcivescovo, durante gli anni milanesi, vivrà un rapporto spesso conflittuale con la corrente democristiana della Base che guardava a sinistra, ed è dunque da smentire il cliché del «vescovo rosso» che gli venne cucito addosso, come ha peraltro sottolineato Eliana Versace nel libro Montini e l’apertura a sinistra (Guerini e Associati, 2007).

La lettera inedita che ora viene pubblicata va proprio in quella direzione: Montini contesta alle Acli troppa polemica «non già verso gli avversari del nome cristiano, ma verso persone e gruppi e giornali del campo nostro»; scrive che gli aclisti non aderiscono come ci si aspetterebbe da «buoni cattolici militanti» alle indicazioni della Chiesa «circa la famosa apertura verso il socialismo»; critica il fatto che le Acli suscitino «simpatie e speranza per un socialismo che tuttora si mostra così avverso alla religione» e che è «ostile e pericoloso per la nostra causa, sia religiosa che sociale»; rimprovera all’associazione di offrire argomenti agli «avversari nel nome di Dio, di Cristo, della Chiesa»; contesta la pretesa di autonomia degli aclisti pregandoli «di esaminare se nelle vostre amicizie e nelle vostre idee non lavorino fattori di provenienza non sicura».

Copia di questa lettera viene inviata da Montini al cardinale Giuseppe Siri, allora presidente della Cei, che gli risponde a stretto giro congratulandosi e appoggiandolo pienamente

Il testo della lettera

Milano, 15 maggio 1960  

Al Rag. Luigi Clerici, Presidente

E al Rev.do Don Ezio Orsini, Assistente Ecclesiastico delle ACLI di Milano

Miei cari, vi ringrazio delle vostre notizie circa il viaggio a Roma, e sono lieto dell’esito felice ch’esso ha avuto, mostrando ai nostri Lavoratori pellegrini il volto paterno ed amico del Papa, e risvegliando in essi il proposito di fedeltà alla santa Chiesa. Non so se vi sia stato consegnato il mio telegramma che voleva assicurarsi della mia spirituale presenza fra voi in tale confortatrice circostanza.

Ma devo anche confidarvi che da qualche tempo sono in apprensione per l’indirizzo che Voi date alle nostre ACLI, e proprio in ordine alla fedeltà al Papa e alla Chiesa. Mi pare che prevalga in tale indirizzo l’interesse per le cose temporali, e che l’interesse per la loro missione religiosa e cattolica vada prendendo un posto subordinato. La politica, che non è la vostra missione, ha ormai una prevalenza nella vostra stampa, e quasi sempre in forma polemica non già verso gli avversari del nome cristiano, ma verso persone e gruppi e giornali del campo nostro. Mi pare che la vostra adesione alle linee direttive della Chiesa, anche da me più volte a voi ricordate, circa la famosa apertura verso il socialismo non abbia quella chiarezza e quella franchezza, che si vorrebbe avere da buoni cattolici militanti.

Voi accentuate continuamente il [sic] dissenso che vi distingue da altri, che pur intendono seguire la nostra causa, e suscitate simpatie e speranza per un socialismo, che tuttora si mostra così avverso alla religione, alla Chiesa, alle posizioni stesse che voi, ed altre nostre organizzazioni, occupate nella società e nella vita pubblica, e sollevate scandalo perché una combinazione governativa non è riuscita; e non pensate, non fate cenno che non è riuscita solo perché i Socialisti non davano garanzie di sufficiente rispetto alle nostre idee e alle nostre cose.

Non vedete come i nostri avversari – dico avversari nel nome di Dio, di Cristo, della Chiesa, della vita cattolica – godono delle vostre dichiarazioni? Non vedete che il vostro comportamento e il vostro modo di giudicare profitta alla causa altrui – e quale causa ! -, e danneggia la nostra? Credete di rendervi autonomi pensando come pensano e scrivono gli “altri”, e discostandovi dal modo di pensare e di scrivere, che dovrebbe derivare dal senso cristiano e dalla fedeltà alla Chiesa?

Comprendo molto bene le vostre riluttanze politiche, specialmente in questo momento; ma chiedo se tocca alle ACLI a darvi clamorosa espressione politica e polemica, e a mettere in dubbio che fosse fuori luogo “invocare ragioni di principio” in una crisi governativa, imperniate tutta su la questione d’un’intesa con un socialismo, legato al comunismo, più disposto a chiedere garanzie per la esecuzione dei suoi programmi, che a darle su la sua indipendenza e sul rispetto ai nostri interessi?

Non dico di più perché temo che non mi comprendiate, anzi che comprendiate diversamente da quanto vorrei, quasi ch’io stesso ricada in campo politico e parteggi per una soluzione politica che non piace. Io vorrei invece richiamare il vostro senso di responsabilità verso la causa cattolica e verso la stessa causa dei Lavoratori, che certi vostri atteggiamenti distaccano dalla comune solidarietà del campo nostro, con pregiudizio di quanto per loro si fa e si desidera.

Vorrei pregarvi di esaminare se nelle vostre amicizie e nelle vostre idee non lavorino fattori di provenienza non sicura, non improntati a quella amorosa fermezza ai nostri principii, e a quella gelosa simpatia per gli interessi cattolici, che dobbiamo esigere da chi milita nelle nostre file e che ha funzioni orientatici per i nostri lavoratori.

Penso che voi mi direte che a voi tocca orientare i Lavoratori cristiani; sì, ma seguendo la linea che ci è tracciata dalla nostra fedeltà alla Chiesa, linea che voi sapete ora non diretta verso un’intesa con un socialismo tuttora ostile e pericoloso per la nostra causa, sia religiosa che sociale. È [sic] mi soggiungerete che per impedire lo sbandamento e lo sconforto bisogna mostrare ai Lavoratori comprensione e libertà di giudizio e di atteggiamento; sì, ma senza coltivare in loro inquietudine e sfiducia per il campo nostro, e simpatia e illusione per il campo altrui.

Non crediate che si voglia abbandonare la promozione della causa delle classi lavoratrici; non facciamo questo torto alla Chiesa; e non solleviamo in tante persone che la rappresentano il sospetto che il nostro movimento di lavoratori subisce influssi, che fanno dubitare della bontà di certi suoi orientamenti. Il momento è penoso e difficile; procuriamo di non aggravarlo.

Confido nella vostra saggezza cristiana. Avete tanto faticato e sofferto per dare consistenza e sviluppo alle nostre ACLI; non sia mai che la loro animazione abbia a dispiacere alla Chiesa, sì bene a consolarla e costituirne la forza e la gloria.

Vi benedico,

+Giovanni Battista Card. Montini

Arcivescovo