«Impegnarsi per abrogare le leggi contro vita e famiglia non serve»: falso, ecco perchè

S Giovanniil Sussidiario, 2 luglio 2015

di Giacomo Samek Lodovici

«Impegnarsi per mantenere/abrogare le leggi pro/anti life e pro/anti family è inutile: è una causa in cui si perde sempre»: così si sono espressi alcuni − in rapporto alla manifestazione “Difendiamo i nostri figli”, svoltasi a Roma il 20 giugno con lo straordinario concorso di un milione di persone − che hanno asserito che queste iniziative sono inutili. È una tesi che esprime un senso di scoraggiamento e di rassegnazione rispetto a un processo culturale e legislativo considerato irreversibile, quello radical-libertario.

Come vedremo tra poco, non è vero che le manifestazioni non giovino a nulla, vedremo che le iniziative politiche possono andare nel verso sperato e che non bisogna farsi accasciare da sfiducie aprioristiche: il rinunciatario perde di certo, e non può fare un regalo migliore ai radical-libertari.

Ma, per il momento, va rilevato che l’etica cristiana è un etica delle virtù (cfr. per es. S. Pinckaers, Le fonti della morale cristiana, Ares, 1982). In questa prospettiva, le azioni moralmente buone, come il testimoniare pubblicamente la verità, hanno valore intrinseco. Perché agire virtuosamente? Perché è bello, come dice già Aristotele, perché l’agire ha un valore intrinseco previo a quello che si aggiunge se esso produce risultati positivi (su ciò cfr. Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, nn. 71-83).

Così, «la testimonianza resa [alla verità] è più importante della vittoria o della sconfitta politica che ne segue» e «il cristiano testimonia la Verità non perché è certo che vincerà una certa battaglia politica, culturale, sociale, ma perché è chiamato a testimoniare la Verità. È la chiamata che ci viene da Dio» (R. Casadei, www.tempi.it/blog/family-day-perche-ero-a-roma-il-20-giugno). Se Giovanni il Battista – e per Gesù «tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni» (Lc, 7,28) − si fosse limitato alla previsione dei risultati pratici della sua azione, non avrebbe mai rimproverato Erode per la sua relazione con Erodiade; invece lo ha fatto: «rese testimonianza alla verità senza compromessi […]. Così, quando accusò di adulterio Erode ed Erodiade, pagò con la vita, sigillando col martirio il suo servizio a Cristo, che è la Verità in persona» (Benedetto XVI, Angelus del 24 giugno 2007).

Ma dicevamo che le manifestazioni possono ottenere dei risultati pratici e che non è vero che in termini legislativi la storia sia irreversibile.

Ad esempio, in Austria c’è sì una legge simile a quella proposta da noi dalla senatrice Cirinnà del Pd, ma il 18 giugno è stato bocciato a maggioranza schiacciante (110 voti contrari e solo 26 favorevoli) un ulteriore progetto di legge, che avrebbe maggiormente equiparato il matrimonio uomo-donna alle unioni tra le persone dello stesso sesso. Ovviamente la notizia è stata pressoché eclissata dal sistema mediatico, che in caso di esito contrario, ne siamo certi, avrebbe dato enorme risalto al fatto.

Nel 2007 proprio in Italia il Family Day (insieme ad altri fattori) ha fermato il progetto dei cosiddetti Dico, promossi dall’allora ministro Rosy Bindi e dal Governo Prodi.

In Croazia, dove il governo di sinistra ha introdotto nelle scuole l’ideologia gender, il 1 dicembre 2013 si è svolto un referendum costituzionale in favore del matrimonio inteso come unione tra un uomo e una donna. La società civile si è mobilitata per raccogliere circa 750 mila firme, necessarie per indire il referendum e durante la campagna referendaria i gruppi pro family hanno subito vere e proprie intimidazioni, talvolta anche violenze, sotto il fuoco di una campagna mediatica e governativa durissima. Il referendum ha però sancito la loro vittoria, con il 66 % dei favori.

È vero che in Spagna nel 2009 e in Francia nel 2014 le manifestazioni non sono riuscite a far abrogare il matrimonio fra persone dello stesso sesso, voluto dai governi socialisti di Zapatero e Hollande.

Ma, a parte il fatto che queste manifestazioni hanno dato come risultato un bellissimo risveglio delle coscienze, un rilancio di riflessione culturale, di attività educativa, ecc., il punto è che in Spagna e in Francia le manifestazioni sono avvenute dopo che le leggi sul “matrimonio” omosessuale erano state già varate. Ora, quando una legge è già stata varata, tornare indietro non è impossibile (come vedremo) ma è molto più difficile (a meno di non avere il sostegno della grande stampa, di segmenti della magistratura, ecc.). Prevenire è meglio che curare e le manifestazioni sono molto più efficaci se si svolgono prima del varo delle leggi ingiuste.

Inoltre, qualche timida recente retromarcia spagnola sull’aborto è avvenuta certamente anche per le pressioni della piazza nei confronti del Partito Popolare, subentrato a quello socialista.

Dal canto suo, la Manif francese ha bloccato gli ulteriori progetti di legalizzazione della fecondazione artificiale per le coppie lesbiche e dell’utero in affitto per le coppie uomo-uomo, nonché il progetto di somministrazione dell’ideologia gender in tutte le scuole, che è rimasto circoscritto ad alcune scuole.

Ancora, in Slovacchia il 5 giugno 2014 il parlamento ha approvato una modifica della Costituzione, inserendovi l’esplicita difesa del matrimonio uomo-donna e l’illegittimità di una sua equiparazione alle unioni omosessuali. Il testo modificato della Costituzione adesso recita: «Il matrimonio è l’unione esclusiva tra un uomo e una donna. La Repubblica Slovacca protegge il matrimonio in ogni sede, promuovendone il bene».

E non è vero che «indietro non si torna».

Dal 1 gennaio 2012 la Costituzione ungherese è stata modificata da Orban (non stiamo affatto approvando tutti i suoi provvedimenti politici) in senso pro life con l’introduzione dell’affermazione che «Ognuno ha diritto alla vita e alla dignità umana. La vita del feto è protetta fin dal concepimento». Inoltre, dal 10 marzo 2013 le coppie non sposate o omosessuali non possono avere la definizione di famiglia, né gli stessi diritti e agevolazioni del matrimonio uomo-donna sposati e con figli.

Nel 2013 la Russia di Putin (di cui non approviamo certo i metodi autoritari adottati in certi ambiti) ha meritoriamente varato una legislazione restrittiva dell’aborto.

Negli Stati Uniti, dal 2010 al 2014, come ha documentato l’Istituto Guttmacher, che è di impostazione fortemente abortista, sono «state approvate ben 231 norme pro life» e «27 Stati hanno introdotto significative restrizioni all’accesso all’aborto» (www.nocristianofobia.org/usa-aborto-tra-il-2010-ed-il-2014-approvate-ben-231-leggi-pro-life/).

Nel 2015 l’Ecuador, che aveva seguito la strategia dell’“educazione” sessuale, affidata ad “esperti”, promuovendo contraccezione e aborti, ha fatto marcia indietro, restituendo alla famiglia il diritto di educare, con un Piano famiglia che incoraggia gli adolescenti a vivere l’affettività per quanto corrisponda alla loro età.

E, anche qualora questi miglioramenti vengano rovesciati nel giro di qualche anno, già aver impedito per alcuni anni delle ingiustizie contro i deboli e i bambini è cosa grande.

Abbiamo fatto solo alcuni esempi che, insieme ad altri che si potrebbero fare, riguardano casi spesso diversi tra loro e che non possiamo qui analizzare, dove i miglioramenti legislativi avvenuti sono dovuti a vari e diversi fattori: in certi casi questi successi pro life e pro family sono nati dall’alto per iniziativa politica, in altri sono nati dal basso e la politica si è accodata, e i contesti e i Paesi dove si sono svolti sono a volte molto diversi, ecc.

Ma un insegnamento è il seguente. Molti tra coloro che condividono una visione pro life e pro family «sono convinti di stare combattendo una battaglia di retroguardia […] senza possibilità di vincere, perché il “senso della storia” è un altro». Tuttavia, o ci liberiamo di questa convinzione, «che la dittatura del relativismo [espressione di Benedetto XVI, fatta propria da Papa Francesco, per es. il 22.3.2013] ci martella nella testa e nel cuore tutti i giorni dell’anno, o la battaglia per la vita e la famiglia è già finita, l’abbiamo già persa e arriveranno dovunque i matrimoni omosessuali, l’eutanasia e alla fine anche l’aborto post-natale», cioè l’infanticidio, che viene ormai giustificato da più parti.

«Dobbiamo denunciare il fatto che quali elementi costituiscano il “progresso”» è deciso da gruppi internazionali di influenza, «che poi impongono le loro decisioni a tutti. Rimontare sull’idea dei processi “irreversibili” è difficile», eppure «le battaglie le vincono e le perdono gli uomini, e per il cristiano nessuna vittoria del male è “irreversibile”. Anche il nazismo e il comunismo sovietico sembravano invincibili e “irreversibili” ma sono caduti» (M. Introvigne, www.lanuovabq.it/it/articoli-vita-e-famiglia-il-tradimento-dei-cattolici-6690.htm).

E, quale che sia il risultato politico del 20 giugno, quella giornata ha già dato preziosissimi frutti, dando voce a quella parte della società civile che viene quasi sempre ignorata dai media, che garantiscono una sovraesposizione impressionante agli esponenti della cultura radical-libertaria.

Come ha detto A. Mantovano, nel suo intervento del 20 giugno a piazza san Giovanni: «La forza di questa piazza dà coraggio a tutti. Dà coraggio al genitore che rifiuta di mandare il proprio bambino in un ‘campo di indottrinamento’ gender (l’espressione è di Papa Francesco); questa sera tocchi con mano che non sei solo: hai al tuo fianco centinaia di migliaia di amici. Dà coraggio gli insegnanti: puoi sottrarti alla ‘colonizzazione ideologica’ (anche qui il copyright è di Papa Francesco), ti diamo una mano tutti! Dà coraggio ai nostri amici parlamentari […]! Dà coraggio a ogni famiglia per affrontare le difficoltà quotidiane e concrete».