Maria Antonietta e lo scandalo della collana

Maria_AntoniettaCorrispondenza Romana n.979 del 10 febbraio 2007

In concomitanza con l’uscita del discusso film di Sophia Coppola dedicato a Maria Antonietta di Francia che ha almeno il merito di fare giustizia di tanti luoghi comuni (primo fra tutti quello delle brioches), la francesista Benedetta Craveri ha pubblicato un breve ma interessante saggio sul cosiddetto affaire du collier, lo scandalo della collana che contribuì decisamente ad appannare il fulgore della Corona francese negli anni che precedettero la Rivoluzione.

L’affaire ebbe particolare risonanza in quanto il diritto procedurale dell’Ancient Regime prevedeva la pubblicazione delle difese dei vari avvocati che quindi, prima ancora che sulla scrivania del magistrato competente, potevano giungere tra le mani di lettori avidi di pettegolezzi. Così tutti i Francesi vennero edotti sulle disavventure del Cardinale di Rohan, vittima del raggiro orditogli da un’avventuriera, Madame de La Motte. Questa riuscì ad estorcere al porporato una cifra iperbolica facendogli credere che sarebbe stata destinata all’acquisto di una preziosissima collana: un dono per la Regina, con la quale il Cardinale desiderava riallacciare buoni rapporti, guastatisi nel periodo in cui egli era stato ambasciatore a Vienna

La verità sull’inganno non venne immediatamente a galla e Maria Antonietta fu additata come la burattinaia dell’operazione e ritenuta la truffatrice che aveva ingannato il Cardinale facendosi comprare una collana il cui valore eccedeva il proprio appannaggio. In realtà la Regina era completamente all’oscuro della vicenda ed anzi aveva rifiutato l’acquisto – quando le era stato direttamente proposto dai gioiellieri che avevano creato il monile – non solo ritenendo il costo eccessivo (il che la dice lunga sui pretesi capricci della sovrana), ma anche giudicando scarsamente elegante quella che definì «una bardatura da cavallo».

Considerando la vicenda con distacco, l’affaire avrebbe dovuto anzi contribuire a rinsaldare i rapporti tra i sudditi e la sovrana, la quale aveva addirittura rifiutato che il gioiello le venisse regalato dal consorte in occasione della nascita della prima figlia sostenendo: «In questo momento abbiamo più bisogno di una nave che di una collana» (allora la Francia stava sostenendo le colonie americane contro l’Inghilterra). L’intera faccenda – vista con occhio distaccato, ripetiamo – rivela il senso della realtà di Maria Antonietta, fa cadere nel ridicolo (e nel falso) le leggende come quella già ricordata delle brioches, modifica il ritratto di donna vanesia che ci è sempre stato riportato dalla propaganda.

Ma appunto la propaganda seppe far perno su questo caso per divulgare notizie false e tendenziose (delle memorie della contessa vennero vendute quattromila copie, diecimila di quelle di Cagliostro – che pure ebbe modo di giocare un breve ruolo nella vicenda – e addirittura ventimila della difesa dell’avvocato di Mademoiselle d’Oliva, un’attricetta che aveva impersonato Maria Antonietta per ingannare il Cardinale).

E mentre la principale protagonista della vicenda, Jeanne de La Motte, poteva agilmente evadere dal carcere prima della condanna ai lavori forzati a vita, uscendo dalla porta principale in pieno giorno, accompagnata dalla cameriera, e godersi i frutti della sua truffa, la Regina veniva consegnata al pubblico ludibrio, mentre su e contro di lei veniva costruito un castello di menzogne. Insomma, lungi da essere un semplice scandalo da salotto, l’affare della collana divenne una importante arma di propaganda contro il Trono, negli anni di preparazione (il processo si svolse nel 1785) alla Rivoluzione. (G. de A.)

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[Benedetta Craveri, Maria Antonietta e lo scandalo della collana, Adelphi, Milano 2006, pp. 92, euro 5,50]