Non tutto è caso. Parola di scienziato

universoPubblicato su Avvenire il 1 settembre 2005

Anche in Europa la ricerca s’interroga sul darwinismo Biologi, fisici e matematici osservano che l’uomo e l’universo sono troppo «perfetti» per essere originati soltanto da meccanismi casuali

di Luigi Dell’Aglio

Chi parla di principio antropico, chi di disegno intelligente. Chi – come Paul Davies, fisico, matematico e astronomo, a Cambridge e ad Adelaide – percepisce nell’universo «al di là della materia bruta, qualcosa di forte, di sottile e inafferrabile, anzi: di elegante, di bello».

Sotto varie forme, il dibattito sul disegno intelligente, scoppiato in Usa, è sempre più vivo anche in Europa e nel resto del mondo. Sono numerosi gli uomini di scienza convinti che la presenza umana nell’universo non sia affatto accidentale e non scaturisca dall’evoluzione come da una lotteria. Lo hanno detto in molti al professor Cees Dekker, olandese, biofisico molecolare dell’università di Delft, il quale ha raccolto queste e altre opinioni nel libro «Una fortuna fuori dal comune oppure un disegno evidente?». Ma in Olanda, all’uscita del saggio, è scoppiata una violenta polemica; il principio antropico è sembrato una bestemmia ai neo-darwinisti.

Nel frattempo, anche un genetista del Max Planck Institut di Colonia, Wolf-Ekkehard Loennig, ha avuto molta risonanza esponendo osservazioni scientifiche nuove che mettono in dubbio il processo gradualistico dell’evoluzione darwiniana.

Premesso che, per Darwin, l’evoluzione ha prodotto sviluppi molto lenti, Loennig afferma che «nelle piante e negli animali, nonostante il massiccio e continuo flusso di cambiamenti, i processi genetici di base e le principali caratteristiche molecolari sembrano restare stabili per più di tre miliardi e mezzo di anni. Per di più, i fossili autorizzano a pensare a spontanee, repentine comparse di forme nuove di vita (anziché a un loro arrivo, a innumerevoli piccoli passi, secondo il modello darwiniano), seguite in molti casi dalla estinzione, altrettanto improvvisa e spontanea, delle maggiori forme di vita, scomparse dopo periodi di tempo diversi».

Ed ecco l’analisi critica: «Come ha ammesso, proprio poco tempo fa, il maestro della sistematica, Ernst May di Harvard, questa costante (stasis) di forme di vita, che contrasta con genomi fortemente dinamici, rappresenta uno dei problemi più spinosi per la moderna biologia dell’evoluzione. Ed esige una spiegazione. Come molti ricercatori, penso che vari fatti e argomenti militino per la tesi della complessità irriducibile (sostenuta da Michael J. Behe) che, in combinazione con la complessità specifica (William A. Dembski) caratterizza certi sistemi biologici di base e può suggerire una soluzione non gradualistica del problema».

Insomma il dibattito in corso in Usa (dove Behe e Dembski sostengono che, per la loro complessità, almeno certi sistemi biologici non possono essere considerati il risultato dell’evoluzione) si arricchisce, in Europa, di nuovi spunti. E, anche quando mancano spunti scientifici diretti, come quelli messi in evidenza da Loennig, è l’inferenza logica, la deduzione filosofica, a spingere molti verso il disegno intelligente.

Secondo Philip Larrey, che è americano ma insegna alla Pontificia università lateranense e ha approfondito lo studio di questo dibattito sia di là che di qua dall’Oceano, la discussione fa presa perché anche in Europa ci si chiede: «Se pure quella di Darwin è un’inferenza logica, cioè una deduzione, perché l’inferenza darwiniana viene considerata scientifica mentre quella del “disegno intelligente” deve essere ritenuta non scientifica?».

Poi ci sono fisici che, pur non prendendo ancora parte diretta nel dibattito, pensano che esista un codice nascosto della natura che può essere svelato con procedimenti matematici ed espresso in forma di equazioni che descrivono le particelle subatomiche.

Dice Paul Davies: «Il cervello umano si è evoluto per poter fronteggiare tante sfide, ma scoprire e capire le regole matematiche che mandano avanti l’universo mi sembra una capacità nettamente superiore alle necessità. E allora concludo: la nostra presenza di esseri senzienti e coscienti non è affatto accidentale nell’universo».

Paul Davies nota che parecchi, fra quanti accettano il processo dell’evoluzione, «credono che i cambiamenti accumulatisi nel tempo non siano altro che un mezzo di cui si è servito Dio nella creazione del mondo. Anche per questi pensatori, più di un ragionamento permette di non rassegnarsi all’ipotesi dell’ “universo assurdo”».

Il fisico e matematico John Polkinghorne, presidente del Queen’s College a Cambridge, fa notare che, se il rapporto tra forza di gravità ed elettromagnetismo non fosse quello che è, non vi sarebbe vita sulla Terra. E aggiunge molte argomentazioni simili a questa.

Per concludere, insieme all’astronomo Fred Hoyle, che «l’universo è un “colpo” perfettamente riuscito, il prodotto di una formidabile intelligenza».

Quello di George Ellis è un nome che spicca nella comunità scientifica mondiale. Ellis, che insegna matematica applicata a Città del Capo (Sudafrica), si chiede: «L’universo è frutto di una stranezza del caso, oppure già all’inizio esistevano condizioni molto speciali perché si disegnasse il cammino che avrebbe portato alla vita? E come hanno fatto, la vita e la coscienza (e l’autocoscienza), a emergere dal mondo inanimato della fisica e della chimica? Il cervello umano può ridursi a una specie di computer che elabora informazioni secondo le leggi dell’evoluzione?».

La risposta non può venire da esperimenti scientifici. «Ma molte considerazioni lasciano pensare che le leggi della fisica e la natura dell’universo siano state concepite per creare le condizioni adatte alla vita intelligente», dichiara Ellis.

Sul fronte dell’intelligent design (che non si identifica tout court con le posizioni dei movimenti creazionisti) si schiera anche John Lennox, matematico di Oxford, con un libro che ora è uscito anche in Italia – (Le origini e la morale, edito da Ibei): «Dobbiamo stabilire se l’uomo è un alieno in un universo ignaro della sua presenza, che non s’interessa minimamente di lui, oppure se la Terra rivela di essere stata progettata come una casa per accoglierlo.

Siamo impressionati dalle informazioni genetiche necessarie per la costruzione di un essere umano. Penso sia difficile, da un punto di vista scientifico, supporre che queste informazioni non derivino da una fonte razionale. Non siamo pezzi di materia che l’evoluzione getta via e consegna all’oblio».

E c’è chi chiede più libertà di parola, e più ascolto, sull’argomento. Il professor Matti Leisola è preside della facoltà di Chimica all’università della Tecnologia di Helsinki. «I programmi tv e i testi scolastici di scienza affermano in blocco che la teoria dell’evoluzione “spiega pienamente la complessità degli esseri viventi” e che l’evidenza scientifica è tutta a sostegno dell’evoluzionismo darwiniano. E aggiungono testualmente: “Questo è quanto riconosce chiunque si reputi scienziato”. Bene: io e tanti altri uomini di scienza siamo la testimonianza vivente che contraddice questa affermazione. Il nostro è dissenso scientifico. E merita di essere ascoltato».

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