Natalità, Stati Generali per il declino

Abstract: Natalità, Stati Generali per il declino. Per il nono anno consecutivo, anche nel 2022 la popolazione residente in Italia è calata. Siamo rimasti in 58.850.717 secondo quanto recentemente documentato dall’Istat. Fanno 179 mila abitanti in meno rispetto a un anno fa e quasi due milioni rispetto al 2014

per Rassegna Stampa  1 Aprile 2023 

“Stati Generali della natalità”:

narrazione & ri-proposizione di futuro

Testo dell’intervento tenuto per la rubrica facebook “Houston abbiamo un problema?”, a cura di Rosa Grazia Pellegrino, andata in onda il 1° aprile 2023 di

Giuseppe Brienza

Per il nono anno consecutivo, anche nel 2022 la popolazione residente in Italia è calata. Siamo rimasti in 58.850.717 secondo quanto recentemente documentato dall’Istat (1). Fanno 179 mila abitanti in meno rispetto a un anno fa e quasi due milioni rispetto al 2014. Siccome il numero di abitanti dipende dai flussi migratori e dal bilancio tra nascite e morti dei residenti, davanti a questi dati si possono avere due atteggiamenti, potenzialmente opposti: cercare di invertire l’inverno demografico in cui siamo ormai caduti in Italia da almeno un decennio oppure invocare che «servirebbero più migranti» (2).

Neanche 400mila (399.431 per la precisione) sono stati i nuovi nati nel 2021. Quindi 176.653 in meno rispetto al 2008. Nel 2022 ne sono nati ancora meno: 392.598.  Il declino demografico avviatosi dal 2015 è stato poi accentuato dagli effetti di una gestione non molto illuminata nel nostro Paese dell’epidemia da Covid-19, con il nuovo record negativo citato che, combinato con l’elevato numero di decessi avvenuti nel 2021 (746 mila), una cifra mai raggiunta dal secondo dopoguerra in poi, ha aggravato la dinamica demografica facendo definire l’Italia una delle nazioni più vecchie al mondo oltre che caratterizzata sempre più dalle “culle vuote”.

Gli Stati Generali della natalità, la cui 3ª edizione si terrà a Roma l’11 e il 12 maggio 2023 nell’Auditorium della Conciliazione, è per questo un evento opportuno in quanto promosso per tentare di far accendere i riflettori su un tema che dovrebbe unire tutto il Sistema Paese ma che, finora, per un motivo o per l’altro, non ha visto adottare le politiche e le risorse giuste, in grado di invertire il trend demografico.

Come leggiamo sul sito ufficiale www.statigeneralidellanatalita.it, l’obiettivo dell’evento rimane quello di «riflettere su un tema capace di unire tutto il Sistema Paese, provare a fare proposte per invertire il trend demografico, immaginare una nuova narrazione della natalità».

Giusto superare la narrazione del mainstream per cui il figlio è considerato quasi un fatto privato ma, naturalmente, oltre che a cambiare le parole e la cultura, eventi come quello degli Stati Generali potranno essere considerati riusciti se contribuiranno ad una ri-proposizione del nostro futuro da parte della politica e delle Istituzioni, pubbliche o private che siano. In quanto bene comune che genera futuro e speranza, ogni figlio oltre che essere un grande dono per i genitori è anche un inestimabile “capitale umano”, sociale e lavorativo. I bambini sono infatti il bene più importante che ogni generazione produce e lascia in eredità al mondo che verrà.

«La natalità – ha detto Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalitàmerita un piano su misura, non si tratta di mettere qualche soldo in più per il primo figlio o per il terzo figlio, parcellizzando le poche risorse a disposizione. Oggi c’è una narrazione che lascia intendere che già si stia facendo qualcosa per invertire la tendenza demografica, ma non è così. Queste misure non vanno a impattare sul rilancio delle nascite».

Pensiamo alla Capitale d’Italia. La dinamica demografica della città di Roma dello scorso anno è significativa di un Paese socialmente in stallo. Al 31 dicembre 2022 la popolazione residente nell’Urbe è inferiore di circa 253 mila unità rispetto a quella registrata all’inizio dell’anno: nei due anni di “pandemia”, in definitiva il calo di popolazione è stato di quasi 616 mila unità soprattutto per effetto del saldo naturale! Anche a Roma, quindi, è arrivato com’era prevedibile l’inverno demografico, ma nella Capitale è arrivato un inverno russo!

Tutto nasce naturalmente dal sempre minore numero di nuovi nati ma, se ci pensiamo, più alta è l’età media delle donne al primo parto, minore sarà per forza di cose la natalità generale. Ed a Roma siamo ad una media di neo-mamme a 33,1 anni! Come confermato da una recente indagine condotta dalla Cisl della Lombardia insieme con l’associazione non profit milanese BiblioLavoro, la maggior parte delle donne italiane (dalla ricerca risulta addirittura il 94%) ritiene che la maternità sia difficilmente conciliabile con il lavoro. Una percentuale altissima, che contribuisce a far procrastinare la maternità! Insomma, nascono pochi bambini perché mancano le potenziali madri!

A cascata nell’intera nazione il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia registrato nel 2019 è stato superato nel 2021, anno in cui i nati della popolazione complessiva residente sono stati come detto appena 399.431, in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020 e quasi del 31% a confronto con il 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite (fonte: Istat).

Le conseguenze su un sistema di welfare “a ripartizione” come quello italiano sono facilmente immaginabili. Il nostro Stato sociale, infatti, è fondato su un forte patto intergenerazionale, e può mantenere una sua sostenibilità solo se gli attuali contribuenti, con la corresponsione dei loro tributi, sono in grado di sostenere le prestazioni pensionistiche di coloro i quali sono già in pensione. A loro volta, questi cittadini che oggi sostengono tale impianto vedranno pagate le proprie pensioni solo se ci sarà un pari numero di giovani lavoratori del futuro, e così via. Insomma, è una catena. Ma con sempre meno nati e quindi con meno contribuenti risulta facile prevedere il collasso di quei pilastri fondamentali su cui regge il nostro Paese come il sistema scolastico e universitario, la sanità pubblica, le pensioni.

Consideriamo ad esempio che:

– secondo i dati 2022, la spesa del welfare nazionale ammonta a 615 miliardi, circa 18 miliardi in più rispetto al 2021;

– nel ventennio 2022-2041 la “base” di giovani a cui potranno rivolgersi le università italiane per attirare nuove matricole passerà dai 47,4 milioni del ventennio precedente (2002-2021) a 43,1 milioni, con un calo di 4,3 milioni di potenziali iscritti.

Per “mettere a sistema” questo tipo di valutazioni e proposizioni sociali e politiche, lo scorso anno i promotori degli Stati Generali hanno deciso di dare luogo ad un organismo ad hoc, la Fondazione per la natalità, il cui presidente, Gigi De Palo, si è identificato ragionevolemente nel primo periodo con il responsabile dell’organismo “di rappresentanza” delle famiglie, che costituiscono il motore della natalità (De Palo, infatti, dal 2015 al marzo 2023 è stato presidente anche del Forum nazionale delle associazioni familiari, fino a che l’Assemblea generale ha eletto come suo successore l’ex presidente del Forum del Veneto Adriano Bordignon (3). Più le “famiglie non tradizionali” (ovvero non sposate, “monogenitoriali” etc.) aumentano, più i nati calano e le reti sociali si logorano.

Con il patrocinio della Regione Lazio e del Comune di Roma (Roma Capitale), del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e del Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità (nel Governo Meloni è Eugenia Roccella, più volte parlamentare e sottosegretario al Ministero della salute nel Governo Berlusconi IV, saggista, giornalista professionista ed editorialista del quotidiano Avvenire – dal 2022 aderente a Fratelli d’Italia), quest’anno gli Stati Generali hanno una marcia in più per far comprendere a politici, manager ed amministratori che i problemi del nostro Paese sono tutti collegati. Nel senso che più la popolazione diminuisce e/o invecchia, meno nascite ci saranno e, quindi, più lavoratori “attivi” perdiamo con le conseguenze sul sistema del welfare cui abbiamo accennato. Tra 15 anni, secondo l’Istat, ci mancherà il 30% di forza lavoro rispetto alla situazione attuale.

Nelle prime due edizioni degli Stati Generali sono intervenuti oltre 60 relatori appartenenti al mondo politico, delle imprese, della società civile, per stimolare il dibattito su temi quali il crollo delle nascite e le politiche necessarie per sostenere le famiglie italiane, oltre che per avanzare nuove proposte e soluzioni. Tra i partecipanti alle precedenti edizioni: Papa Francesco e da presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi; leader politici e rappresentanti istituzionali quali Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Enrico Letta, Carlo Calenda, Nicola Zingaretti, Roberto Gualtieri; vertici delle più importanti imprese italiane quali Michele Crisostomo (ENEL), Matteo Del Fante (Poste Italiane), Pietro Labriola (TIM), Marco Sesana (Generali Italia), professionisti, giornalisti, influencer, attori e sportivi.

Secondo le previsioni Istat nel 2050 ci saranno poco più di 54milioni di residenti (attualmente sono 59 milioni), meno di 48 nel 2070. La situazione fotografata dalle cifre è impietosa anche se ci confrontiamo con un Paese vicino nel quale le politiche della natalità sono una cosa seria, la Francia. Mentre come detto nel 2021 in Italia sono nati 399.000 bambini, quasi il doppio (740.000) sono nati in Francia, il cui numero di residenti ci ha ormai staccato e di molto (sono attualmente 68 milioni).

Il futuro che si profila così da noi, «già tra una manciata di anni» come avvertono gli autori del libro “La trappola delle culle” (4), è quello di un Paese che fatica a crescere e a garantire ai propri cittadini servizi e tutele. I due giornalisti che l’hanno scritto, Luca Cifoni e Diodato Pirone, descrivono l’attuale spirale distruttiva italiana che sta generando un’economia più debole, con imprese poco innovative, pensioni insostenibili, scuole chiuse e territori desertificati. In una parola: il declino. I due cronisti del quotidiano Il Messaggero analizzano non solo le cause della denatalità, ma avanzano anche proposte per invertire la tendenza. Cifoni e Pirone propongono nove azioni che vanno dal sostegno dello Stato alle famiglie alle riforme del lavoro, dalla parità di genere all’immigrazione fino alle adozioni.

L’obiettivo minimo, ma ambizioso, da raggiungere è quota 500mila nuovi nati all’anno. L’ha proposto anche Gigi De Palo: «bisogna puntare dritti verso l’obiettivo dei 500mila nuovi nati dandosi come orizzonte temporale il 2033. Lo dobbiamo fare perché altrimenti questo Paese salterà gambe all’aria: e per arrivarci dobbiamo per lo meno iniziare a parlarne seriamente, dandoci un obiettivo realistico, per esempio, di 10mila nuovi nati in più rispetto alle quote annuali». E invece le proiezioni dell’Istat confermano per l’anno in corso l’ennesimo record negativo dei nuovi nati, che nel 2023 dovrebbero scendere sotto la quota dei 385mila.

Anche i due autori della Trappola delle culle evidenziano la necessità di recuperare, prima di tutto, una piena consapevolezza della situazione, partendo dall’assunto che il dibattito pubblico italiano sulla natalità si basa, in larga parte, su considerazioni estemporanee e luoghi comuni.  Eppure il calo della popolazione sta avendo effetti visibili a occhio nudo!

Non bisogna essere scienziati sociali o demografi per verificare la desertificazione di intere aree del Paese, quelle più interne e montane soprattutto, con conseguenze negative anche sul fronte ecologico. Senza parlare poi della scuola italiana. L’effetto denatalità sta colpendo infatti anche la scuola. Nei prossimi 10 anni la scuola italiana è destinata a perdere secondo alcune stime circa 1,4milioni di alunni. Si prevede un calo di oltre 100 mila alunni l’anno e, nei prossimi 10 anni, i dirigenti scolastici (quelli che prima erano riconosciuti come “presidi”) saranno dimezzati e ci saranno 600 istituti in meno.

Così come il desiderio di vivere, di uscire, di viaggiare e di ritessere relazioni vere e non virtuali sta rivivendo del nostro popolo dopo due anni di “pandemia”, confidiamo che avvenga lo stesso anche con il desiderio di natalità.

Per Gigi De Palo è inutile girarci intorno, la natalità è la nuova questione sociale, tanto più che demografi internazionalmente riconosciuti come Gérard-François Dumont hanno associato l’Italia a quel gruppo di Paesi del mondo (fra i quali il Giappone, la Romania e una quindicina di altri in Europa), nei quali si sta assistendo a un calo della popolazione a causa di una «diminuzione a lungo termine della fecondità» (5). Per questo è meritorio l’obiettivo di rilanciare le nascite e il futuro del nostro Paese con la Fondazione per la natalità, creata con l’obiettivo di trovare soluzioni concrete e rapide per invertire la tendenza demografica nazionale.

«È urgente – aggiunge De Palo – che tutto il sistema Paese, dalla politica all’economia, dallo sport alla cultura, dalla sanità alle forze sociali, dai media al mondo dello spettacolo, convergano su questo tema. Per questo ci ritroveremo a Roma il 12 e il 13 maggio per la terza edizione degli Stati generali della natalità, perché questa è la battaglia che dovremo combattere tutti insieme per i prossimi vent’anni». La Fondazione nasce con la consapevolezza della necessità che ci sia un organo che si occupi solo di questo (anche se il Forum delle famiglie avrà sempre voce in capitolo).

«Era necessario creare una struttura agile che possa aiutare nel reperimento fondi, nell’organizzazione, nelle campagne. È anche importante entrare nelle scuole a sensibilizzare su questi temi». Se crolla la natalità, sottolinea ancora De Palo, «crolla il pil, il welfare, il sistema pensionistico, crolla il sistema sanitario. Ci saranno dei danni irreparabili e purtroppo il problema non lo risolvi in un anno, lo devi risolvere seminando, piantando per il futuro: iniziando oggi e vedendo i frutti tra dieci o quindici anni».

L’appello delle associazioni familiari è rivolto come sempre anche al governo, in particolar modo perché si decida con forza di investire le risorse del Pnrr sull’emergenza. Un buon segnale – o «un primo passo» come l’ha definito a più riprese il Forum – è stata l’introduzione dell’assegno unico: «Era necessario partire – questa l’opinione di De Palo –, l’assegno è una novità assoluta che porta con sé grandi cambiamenti. Il primo anno non sarà facilissimo per tutti, sarà necessario un rodaggio».

Parole confermate dal numero ancora troppo esiguo di domande presentate all’Inps: poco più di due milioni secondo i dati di fine febbraio, contro i 7,2 milioni aventi diritto. Motivo per cui il Forum continua con la sua comunicazione mirata alle associazioni affinché avvisino tutti gli aderenti, i loro tesserati, le loro famiglie circa la scadenza.

Prima, comunque, «per le politiche familiari – conclude De Palo – si andava avanti a colpi di bonus, così quando cambiavano i governi cambiava tutto. Invece ora l’assegno dà una struttura alle politiche familiari del nostro Paese». Manca però ancora il passaggio dall’analisi alla sintesi, vale a dire il tentativo di cercare di anticipare il futuro. Ne va della sussistenza dell’Italia come Nazione…

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1) Istituto Nazionale di Statistica, Nascite sempre in calo, movimenti migratori in ripresa, comunicato stampa, Roma 20 marzo 2023.

2) Andrea Capocci, Cala ancora la popolazione italiana: adesso siamo meno di 59 milioni, il manifesto. Quotidiano comunista, 21 marzo 2023.

3) Luciano Moia, De Palo lascia il Forum dopo 8 anni: “famiglie, immischiatevi nella politica”, Avvenire, 16 marzo 2023.

4) Cfr. Luca Cifoni-Diodato Pirone, La trappola delle culle. Perché non fare figli è un problema per l’Italia e come uscirne, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2022, pp. 152, euro 15.

5) Gérard-François Dumont, Otto miliardi? Quattro verità sulla popolazione della Terra, Avvenire, 6 marzo 2023.