Ecco chi impone la carne sintetica

Abstract: ecco chi impone la carne sintetica. La grande vittoria del progressismo sta nella potenza con cui ha colonizzato il senso comune; anche Confindustria veneto è rimasta vittime della narrazione sulla validità economica e nutritiva dei cibi in provetta. In Italia esiste una sola azienda che se ne occupa: sono i grandi colossi, finanziati dall’Europa, che invece ci guadagneranno

La Verità 2 Aprile 2023 

Ecco la filiera di chi impone la carne sintetica

Anche Confindustria veneto è rimasta vittime della narrazione sulla validità economica e nutritiva dei cibi in provetta In Italia esiste una sola azienda che se ne occupa: sono i grandi colossi, finanziati dall’Europa, che invece ci guadagneranno

di Francesco Borgonovo

La grande vittoria del progressismo sta nella potenza con cui ha colonizzato il senso comune . L’idea secondo cui ciò che è nuovo è per forza di cose anche buono è diffusa a ogni livello, ed è capace di bloccare il pensiero al punto da spingere le persone ad agire contro i propri interessi. Lo dimostra la veemenza con cui – a dispetto di ogni logica e di ogni ragionamento sensato – politici, intellettuali e persino imprenditori stanno prendendo posizione a favore della cosiddetta carne sintetica.

Si insiste a veicolare una lettura falsa e banale secondo cui i «soliti sovranisti ignoranti» si opporrebbero all’inevitabile avanzamento della civiltà soltanto per fornire ai propri elettori creduloni e retrogradi un nuovo spauracchio. Finché a spargere stupidaggini è il circolo mediatico-militante, poco male. I problemi si fanno appena più rilevanti quando a scendere in campo sono interlocutori un poco più influenti. E’ il caso -piuttosto sorprendente – di Confindustria. Venerdì a Cortina d’Ampezzo si è tenuto il trentacinquesimo meeting del Nordest dei giovani industriali, alla presenza dei governatori Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e Stefano Bonaccini e del presidente della provincia di Trento Maurizio Fugatti.

Enrico Carraro (Confindustria)

Il dibattito si è concentrato, come prevedibile, sulle difficoltà vissute  dalle nuove generazioni, in particolare su coloro che se ne vanno all’estero ritenendo l’Italia  poco «attrattiva». Nel discorso si è inserito  il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, che ha colto l’occasione per criticare l’intervento governativo contro il cibo artificiale.

Secondo Carraro, ci sarebbe stato «un precipitoso intervento del governo per bloccare la vendita e la produzione di carne sintetica». Motivo? «Nel 2006», ha detto Carraro, «l’industria della carne sintetica avrà un indotto nel mondo di 700 miliardi di euro. Bloccarne la produzione e la vendita significa bloccare la ricerca, e non è così che si fa il bene del nostro Made in Italy».

Queste dichiarazioni sono state riprese da quotidiani, televisioni e agenzie stampa. E non risulta che qualcuna tra le autorità presenti abbia provveduto con decisione a sbugiardare il rappresentante degli imprenditori veneti. Dunque è probabile che le frasi di Carraro contribuiscano ad alimentare la bolla della mistificazione. Sarebbe interessante sapere dall’esponente di Confindustria quali siano i formidabili portabandiera del Made in Italy impegnati o intenzionati a impegnarsi nella produzione di carne sintetica. Dato che lui sembra ignorarlo, ci permettiamo di ricordarglielo noi: non esistono aziende italiane impegnate nel business della carne artificiale.

Esiste una sola start-up che però si limita a fare ricerca. E questa situazione non dipende dalla miopia delle istituzioni italiche ma dal fatto che gli investimenti sul prodotto sono costosi, e poco profittevoli persino pe i colossi transnazionali, alcuni dei quali negli ultimi anni sono stati costretti a ridimensionare un poco le proprie aspettative. Certo, la situazione potrebbe cambiare qualora le pressioni di Bill Gates e altri illuminati milionari del suo calibro andassero a buon fine. Se ciò avvenisse, si tratterebbe di un danno immenso per l’agroalimentare italiano, un settore – che almeno in teoria – organizzazioni come Confindustria dovrebbero premunirsi di tutelare.

Anche perché, mentre da noi per ora ci si limita alle polemiche (che comunque somno già sufficientemente dannose) da altri versanti arrivano spinte non indifferenti  a favore dei prodotti artificiali.

L’Ue ad esempio, da alcuni anni sta spingendo non poco sull’acceleratore. Il sostegno economico è passato – dal 2014 al 2020 – attraverso Horizon, programma europeo per la ricerca e lo sviluppo, dotato di 80 miliardi di euro di fondi. Come ricorda  il giornalista francese Gilles Luneau, «sotto l’ala di Horizon 2020 troviamo vari progetti in cui s’incontrano attori delle alternative alla carne.

Il programma Smart Protein, in cui, sotto l’egida della School of Food an Nutritional Sciences dell’University College di Cork (Irlanda), troviamo ideologi vegani di ProVeg International e del Good Food Istitute (GFI) che si spartiscono 8,2 milioni di euro con Barilla, AB InBev, Thai Union, Fraunhofer e l’Università di Copenaghen.

Il progetto FoodSHIFT 2030 (7,5 milioni di euro), i programmi dell’European Institute of Innovation & Technology (EIT), tra cui quelli dell’EIT Food, che sostengono Nova Meat (100.000 euro), una start-up spagnola di stampa 3D dei sostituti di base delle proteine vegetali, EIT Food ha finanziato anche la realizzazione di una piattaforma di estrusione per i surrogati della carne con, in particolare, Nestlé, Roquete, Givaudan, Buhler, Döhler e l’Università di Helsinki».

Luneau documenta come si trovino «sempre sotto l’ombrello di Horizon 2020, senza precisazioni riguardo ai contenuti ma con dei nomi che lasciano immaginare l’oggetto del bottino, programmi come UCT-AgliFood (5.000.000 di euro), Susfans (5.000.000 di euro), Next Gen Protein (8.000.000 di euro) e Fit4Food2030 (4.000.000 di euro). In questo Fit4Food2030 ci sono 306.185,50 euro attribuiti all’International Life Sciences Institute (ILSI), il maggior lobbista agroindustriale  del pianeta, finanziato dai professionisti del settore (ADM, Basf, Cargill, Coca-Cola, Danone, DowAgrosciences, Du Pont, Mondelez, Nestlé, Sygenta, Unilever…)».

Questa la situazione fino a qualche tempo fa. Altri fondi sono stati sbloccati alla fine dello scorso dicembre attraverso la nuova versione di Horizon, che ha annunciato uno stanziamento di 25 milioni di euro per lo sviluppo delle cosiddette proteine sostenibili. Non si tratta dell’unico investimento. Secondo il Good Food Institute – organizzazione che si occupa di promuovere cibo sintetico – esistono «dozzine di altri progetti all’interno del programma di finanziamento multimiliardario che sono rilevanti anche per i ricercatori  che vogliono sviluppare proteine sostenibili deliziose e convenienti».

Tra i beneficiari dei fondi, come documenta Europa Today, c’è il consorzio di ricerca Giant Leaps, finanziato dall’Ue con 10,3 milioni di euro. L’obiettivo dichiarato di tale organizzazione è quello di «sostituire il consumo di proteine animali tradizionali nelle diete europee in modo che il 50% dell’apporto alimentare totale di proteine derivi da fonti proteiche alternative – come piante, microalghe, insetti, proteine monocellulari – entro il 2030». Giant Leaps, ricorda Europa Today, «vede la partecipazione di un vasto consorzio di ricerca (34 entiin totale) cui hanno aderito, oltre a 13 Paesi Ue, anche organizzazioni di Stati Uniti, Canada, Svizzera, Regno Unito. Per l’Italia, sta contribuendo l’Università Federico II di Napoli».

Non per nulla Acacia Smith, senior policy manager presso il Good Food Institute Europe, appare entusiasta: «L’Europa ospita alcuni dei migliori scienziati al mondo e questo finanziamento contribuirà a stimolare una vera innovazione nella carne coltivata e nella fermentazione, assicurando che questi alimenti sostenibili siano deliziosi e accessibili a quasi mezzo miliardo di europei. E’ fantastico vedere che l’Ue sta investendo nell’incredibile  esperienza di ricerca del continente per accelerare  il passaggio dell’Europa a un sistema alimentare sostenibile, sicuro, equo e assicurarsi che gli agricoltori partecipino  a questa transizione. Ora dobbiamo vedere i governi nazionali seguire questo esempio e investire nella ricerca e nelle infrastrutture necessarie per promuovere questi alimenti».

Chiaro: ora l’obiettivo è fare pressione sui singoli Stati, e visto il livello del dibattito attuale non è affatto escluso che la missione riesca.

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