Da Bagdad a Hyde Park

attentato_LondraCorriere della Sera 8 luglio 2005

[…] sono ancora troppi coloro che in Occidente continuano a non voler vedere la realtà aggressiva di questa offensiva planetaria del terrore, immaginando che si tratti di un fenomeno reattivo, giustificato se non addirittura legittimo. E che quindi anche in presenza di un efferato eccidio, tendono ad attribuirne la colpa all’Occidente, a Israele o ai paesi musulmani. Più in generale l’Occidente paga l’errore di aver frainteso e sottovalutato la realtà di una struttura organica del radicalismo islamico che ha messo radici al proprio interno, che alimenta una cultura dell’odio confessionale e del separatismo comunitario. In quest’ambito la Gran Bretagna ha la responsabilità maggiore.

di Magdi Allam

Oggi più che mai non dovrebbero esserci più dubbi sul fatto che stiamo fronteggiando una guerra globalizzata del terrorismo di matrice islamica. Non c’è un nesso tra gli attentati di Londra e l’uccisione dell’incaricato d’Affari egiziano a Bagdad, Ihab Sherif.

Entrambi tuttavia sono stati rivendicati da Al Qaeda, s’ispirano a un’ideologia islamica nichilista che legittima il massacro di «ebrei, crociati, infedeli, apostati», mirano ad annientare una comune civiltà umana che ha il suo fondamento nel valore della sacralità della vita. L’uccisione di el-Sherif è una feroce reazione alla volontà del maggiore tra gli stati arabi di normalizzare i suoi rapporti con il nuovo governo iracheno.

L’obiettivo della destabilizzazione interna trova concordi sia gli ex agenti segreti del passato regime di Saddam Hussein, probabili autori del sequestro, sia i terroristi di Al Qaeda legati a al-Zarqawi, a cui l’ostaggio è stato affidato. Il che conferma, ancora una volta, come i saddamiani, i qaedisti e anche la criminalità organizzata siano complici nell’industria dei sequestri, e come la distinzione tra la natura politica, terroristica o estorsiva dei sequestri sia più teorica che reale.

Eppure sono ancora troppi coloro che in Occidente continuano a non voler vedere la realtà aggressiva di questa offensiva planetaria del terrore, immaginando che si tratti di un fenomeno reattivo, giustificato se non addirittura legittimo. E che quindi anche in presenza di un efferato eccidio, tendono ad attribuirne la colpa all’Occidente, a Israele o ai paesi musulmani.

Più in generale l’Occidente paga l’errore di aver frainteso e sottovalutato la realtà di una struttura organica del radicalismo islamico che ha messo radici al proprio interno, che alimenta una cultura dell’odio confessionale e del separatismo comunitario.

In quest’ambito la Gran Bretagna ha la responsabilità maggiore.   Di fatto dire che sia trattato di una strage preannunciata è dire una ovvietà. Il vero miracolo è che fino a ieri Londra fosse scampata all’offensiva del terrorismo di matrice islamica. Di cui è a tutti gli effetti la solida roccaforte non solo a livello europeo ma perfino a livello mondiale.

E’ nella capitale britannica che hanno trovato rifugio alcuni dei più famigerati burattinai dell’estremismo islamico responsabili dell’orripilante massacro di innocenti in Algeria, Egitto, Arabia Saudita, Yemen. Londra si è trasformata di fatto nello snodo europeo tramite cui migliaia di mujahidin, nel corso di un ventennio, sono transitati prima di andare a combattere in Afghanistan, Cecenia, Bosnia e Iraq.   Ebbene il 7 luglio passerà alla storia come la fine della logica assolutamente naif e deleteria secondo cui, in materia di estremismo islamico, «can che abbia non morde».

Ora dovrebbe essere chiaro che l’istigazione alla violenza non può essere equivocata con la libertà di espressione. Pensate che lo scorso gennaio Omar Bakri, siriano, presidente del movimento Al-Muhajiroun (gli emigranti), affermò in un’intervista al Times che «tutta la Gran Bretagna è diventata Dar al-harb (Casa della guerra)», che «la vita e le proprietà degli infedeli non sono più sacre», che i musulmani britannici «hanno l’obbligo di unirsi a Al Qaeda, alle sue filiali e organizzazioni nel mondo»!

Ci si è illusi che lasciandoli parlare si sarebbero sfogati e alle parole non sarebbero seguiti i fatti. Hanno confuso i burattinai del terrore con gli esagitati che si esibiscono allo Speaker’s Corner di Hyde Park. Ora tutti sappiamo che non si tratta di chiacchiere ma di una predicazione, un indottrinamento e un arruolamento che sono parte integrante di una vera e propria guerra. Che non conosce regole, disconosce i valori, esclude il compromesso.

Dobbiamo aprire gli occhi. Renderci conto che i terroristi sono solo la punta dell’iceberg di una più ampia e profonda struttura del radicalismo islamico dedita alla trasformazione delle persone in bombe umane. E che questa guerra globalizzata la potremo vincere soltanto se reprimeremo sul nascere questo processo letale.