Sartre e De Beauvoir: il complice flirt con nazismo e stalinismo

Unione Cristiani Cattolici Razionalisti (UCCR) 14 Giugno 2025

Complici del comunismo stalinista e “non interessati” al nazismo. Il lato oscuro di Jean Paul Sartre e Simone De Beauvoir denunciato dagli storici, che ricordano le distrazioni verso Hitler e l’adesione ai crimini di Stalin.

L’ultimo a puntare il dito contro Jean Paul Sartre e Simone De Beauvoir è stato lo storico tedesco Florian Illies, autore de L’amore al tempo dell’odio (Marsilio 2022).

Illies descrive la “distrazione” di filosofi e pittori verso il baratro in cui l’Europa stava precipitando con la presa di potere di Adolf Hitler.

Tra i più “distratti”, per usare un eufemismo, vi furono proprio il noto filosofo francese e la compagna, madrina del femminismo.

De Beauvoir, Sartre e il nazismo: non si accorsero?

Per tutti gli anni Trenta, scrive Illies, «Sartre e Simone De Beauvoir sembrano totalmente ignari delle brutalità naziste e degli esuli tedeschi che vagano sperduti per Parigi».

Nel 1933, quando Hitler è già al potere, limita la libertà di stampa e manda al rogo pubblicamente 20mila libri durante il Bücherverbrennung, Sartre e Simone «riferiscono di essersi beatamente rimpinzati di cheesecake al Café Kranzler di Berlino, senza neppure accennare alle colonne di SA che marciavano per le strade o alle svastiche al vento».

Mai presero posizione contro il nazismo, forse troppo occupati a sedurre vergini minorenni da includere nei loro giochi sessuali.

Quest’ultimo è un altro aspetto oscuro riguardante la coppia, poco esplorato e poco ricordato, di cui parleremo. L’amnesia generale ricorda molto quanto avviene da anni sullo stesso tema nei confronti di Pier Paolo Pasolini.

Sartre e il comunismo: i crimini di Stalin

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Se sul nazismo furono quanto meno “distratti”, la coppia aderì entusiasticamente al comunismo stalinista. Soprattutto Sartre.

Come scrive Paolo Mieli sul Corriere, Sartre e De Beauvoir trovarono entusiasmante inneggiare a Mao Zedong, lo spietato dittatore cinese: «Jean-Paul Sartre, assieme a Simone de Beauvoir si fece strillone del giornale ipermaoista “La cause du peuple”». Lo stesso fecero molti italiani, tra cui Dario Fo.

D’altra parte, sempre Sartre vide anche nel regime cubano e nella repressiva rivoluzione di Che Guevara e Fidel Castro «nientemeno che “una democrazia in azione“», quando tutti sapevano che il popolo era in piazza a protestare e chiedere cibo e medicine, ritrovandosi addosso le pallottole.

In Koba il terribile (Einaudi 2013) fu il saggista britannico Martin Amis a denunciare l’atteggiamento di simpatia di Jean Paul Sartre nei confronti dei crimini di Stalin.

Il filosofo statunitense Jim Holt definisce Sartre un «apologeta totalitario»: quando la Guerra Fredda raggiunse il suo picco all’inizio degli anni ’50 «il marxismo da parte di Sartre si risvegliò e decise di schierarsi con il Partito Comunista in un momento in cui i crimini di Stalin venivano documentati ed altri intellettuali stavano abbandonando il partito. L’ex filosofo della libertà si trasformò nel Sartre totalitario».

Così prosegue Jim Holt: «Sartre ruppe con Albert Camus perché quest’ultimo denunciò il totalitarismo, rimase in silenzio sui gulag sostenendo che “non era nostro dovere scrivere dei campi di lavoro sovietici”, e giustificò le epurazioni prima di Stalin e poi di Mao. Quando il disertore Victor Kravchenko pubblicò “I Chose Freedom”, il primo resoconto interno degli orrori dello stalinismo, Sartre scrisse un’opera teatrale in cui implicava che Kravchenko fosse una creazione della CIA. Anche quando Sartre era dalla parte giusta, restava moralmente sordo. Nell’opporsi alla guerra in Vietnam, esortò l’Unione Sovietica ad affrontare gli americani, anche a rischio di una guerra nucleare».

Una ventina di anni dopo, nel 1977, Sartre e De Beauvoir furono anche i primi firmatari (assieme a Michel Foucault) del “Manifesto in difesa della pedofilia”, chiedendo di «permettere legalmente ad un adulto di avere rapporti sessuali con bambini consenzienti di 10 anni».