Adozione agli omosessuali, gli studi scientifici dicono di “no”

adozioni gayDal sito UCCR (Unione Cristiani Cattolici Razionalisti) giugno 3012

Nel gennaio 2013 la Prima sezione civile della Cassazione ha sostenuto che si tratta di un «mero pregiudizio» affermare che sia «dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale», in quanto «non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza».

Seppur riferita ad un caso specifico (si è scelto il male minore rispetto ad un padre violento), in molti hanno visto in tale dichiarazione la prima apertura in Italia all’adozione da parte di persone dello stesso sesso. Sorprende la poca conoscenza della tematica da parte dei giudici, i quali hanno liquidato come “pregiudizio” una consistente mole di dati scientifici prodotti fino a oggi, contrari alla loro posizione.

In questo dossier, in continuo aggiornamento, elenchiamo dunque in ordine cronologico la letteratura scientifica e autorevoli pronunciamenti su questa tematica, i quali dovrebbero convincere che la difesa della famiglia naturale non si basa affatto su un “pregiudizio”, ma su un “giudizio” fondato su basi razionali medico-scientifiche.

1. PREMESSA

Nel trattare di situazioni delicate come l’orientamento sessuale, soprattutto quando si intrecciano a situazioni biologicamente anomale e discusse come la questione dell’affido di minori a persone omosessuali, una premessa può essere doverosa. Molti media sono un po’ troppo sbrigativi nel bollare come “omofobo” o “bigotto anti-gay” (o aprioristico, o dogmatico, o reazionario o retrogado) qualunque parere o studio che invece ha la prudenza di fermarsi a considerare davvero come stanno le cose. La ricerca della verità – anche quando è scomoda – è l’anima dell’indagine scientifica, essa non odia nessuno, non intende discriminare nessuno.

Su questa delicata tematica al centro dev’esserci sempre l’interesse del bambino e non il (legittimo) desiderio di genitorialità degli omosessuali: vincere una battaglia politica, avere i media dalla propria parte, essere sostenuti “dal popolo della rete” non significa avere ragione. Troppe persone sono ferocemente impegnate a combattere i cattolici, rischiando di perdere di vista il nocciolo della questione: il vero interesse del bambino. Come ricordava il sapiente G.K. Chesterton: «Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell’umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l’umanità pur di combattere la Chiesa».

2. SITUAZIONE GENERALE

Le principali associazioni scientifiche mondiali hanno assunto una posizione favorevole o neutrale circa l’adozione da parte di figli da parte di coppie omosessuali. Tuttavia, almeno per quanto riguarda la più influente – l’American Psychological Association (APA) – alcuni ex presidenti hanno affermato che tale posizione sia tutt’altro che basata su evidenze empiriche: «l’APA», ha spiegato Nicholas Cummings, ex presidente APA, professore emerito di Psicologia presso l’Università del Nevada, «ha permesso che la correttezza politica trionfasse sulla scienza, sulla conoscenza clinica e sull’integrità professionale. Le persone non possono più fidarsi della psicologia organizzata per parlare di prove, piuttosto ci si deve basare per quel che riguarda l’essere politicamente corretti. Al momento la governance dell’APA è investita da un gruppo elitario di 200 psicologi che si scambiano le varie sedi, commissioni, comitati, e il Consiglio dei Rappresentanti». Ricordiamo che la principale ricercatrice dell’American Psychological Association che si occupa dei pronunciamenti ufficiali circa l’omosessualità, è Charlotte Patterson, lesbica, convivente e attivista LGBT.

Nonostante queste prese di posizione “politicamente corrette”, numerosi studiosi continuano a sottolineare come la vulgata della “no differences” (“nessuna differenza”) tra figli di coppie omosessuali ed eterosessuali, sia fondata su basi empiriche inesistenti o deboli, al contrario della stabilità di evidenze scientifiche che mostrano come il luogo ideale per la crescita di un bambino sia la famiglia formata da madre e padre biologici, meglio se sposati.

In particolare è stato fatto notare (vedi anche la voce creata su Cathopedia) che: a) in diversi studi i campioni di soggetti esaminati non sono adeguatamente selezionati e randomizzati, ad esempio quelli in cui il campione di analisi si propone in modo volontario; b) in molti studi il ridotto numero di figli di omosessuali esaminati non è rappresentativo (quasi sempre sotto le 40 unità); c) vi sono importanti difficoltà di esame a causa del numero ridotto del fenomeno e della sua dispersione geografica; d) la quasi totalità degli studi “neutrali” riguarda “famiglie” omosessuali femminili, dove il figlio è cresciuto inizialmente in una normale famiglia eterosessuale; e) gli studi ad intervista risultano in genere poco affidabili in quanto osservazioni qualitative-soggettive possono raccogliere alterazioni derivanti da desiderabilità sociale; f) una nuova elaborazione dei dati raccolti da alcuni dei primi studi porta a risultati diversi, e non è possibile distinguere se si tratti di errori statistici o di alterazioni volontarie dei ricercatori.

In definitiva, è condivisibile la constatazione di R. Schumm (2010) circa l’esistenza di un bias pro-omosessuale in molte ricerche al riguardo.

3. ELENCO DEGLI STUDI SCIENTIFICI

Nel maggio 2013 la rivista “Early Children Develop­ment and Care” ha dedicato sette articoli alla figura del padre e del suo contributo allo sviluppo mentale del bambino. Viene confermato che padre e madre sono ugualmente importanti per il figlio ed insostituibili poiché ognuno ha un suo ruolo indispensabile per l’equilibrio psicofisico del bambino.

Nell’editoriale si ricorda che i figli di genitori con ruoli madre-padre differenziati «hanno capacità sociali più sviluppate e sono più pronti alla competizione» rispetto ai figli di genitori con ruoli non differenti. Inoltre, viene affermato, «i padri sembrano giocare un ruolo maggiore nel processo di apertura dei figli al mondo esterno che è legato allo sviluppo dell’autonomia e alla capacità di affrontare i rischi». Invece, «le madri attribuiscono maggior valore al lavoro in casa, al supporto emotivo per i figli e all’educazione sessuale».

Nel novembre 2012 uno studio pubblicato su Demography ha mostrato forti limitazioni nell’interpretazione di uno studio precedente (Rosenfeld 2010) e utilizzando lo stesso insieme di dati di tale indagine, si è verificato che rispetto a quanto accade nelle tradizionali famiglie sposate, i bambini allevati da coppie dello stesso sesso presentano il 35% in meno di probabilità di progredire attraverso un percorso scolastico normale. Ha inoltre rilevato che «quasi nessuna delle ricerche che utilizzano campioni rappresentativi a livello nazionale ha incluso genitori dello stesso sesso come parte dell’analisi»

Nell’agosto 2012 uno studio su Child Development ha mostrato la fondamentale importanza della figura paterna nello sviluppo dell’adolescente, evidenziando il fatto che più tempo trascorre con il padre e maggiore sarà l’autostima del ragazzo, e migliori saranno le sue abilità sociali.

Nel luglio 2012, su Social Science Research Loren Marks della Louisiana State University ha mostrato l’infondatezza della posizione “possibilista” dell’American Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali. Lo scienziato ha analizzato i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi, dimostrandone l’inaffidabilità dal punto di vista scientifico e attestando notevoli differenze sussistenti tra figli adottati da coppie gay conviventi e figli naturali di coppie eterosessuali

Sempre nel luglio 2012 il sociologo Mark Regnerus dell’Università del Texas, basandosi sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, ha pubblicato uno studio su Social Science Research con il quale, interrogando direttamente i “figli” (ormai cresciuti) di genitori omosessuali, ha dimostrato un significativo aumento di problematiche psico-fisiche rispetto ai figli di coppie eterosessuali.

Lo studio ha ricevuto numerose critiche su alcuni quotidiani internazionali da parte di alcune fazioni di parte (come associazioni gay, militanti e anche scienziati ecc.) ma avendo superato la revisione anonima in peer-review lo studio può essere confutato soltanto attraverso una pubblicazione a sua volta pubblicata su una rivista scientifica di pari livello.

Dall’altra parte l’indagine ha trovato il sostegno di un gruppo di 18 scienziati e docenti universitari attraverso un comunicato pubblicato sul sito della Baylor University. In ogni caso, l’Università del Texas ha comunque avviato un’indagine interna per analizzare nuovamente lo studio di Regnerus, pubblicando un comunicato finale con il quale si rileva che «nessuna indagine formale può essere giustificata sulle accuse di cattiva condotta scientifica», dato che «non ci sono prove sufficienti per giustificare un’inchiesta». L’indagine interna ha riconosciuto la legittimità del lavoro e la fedeltà al protocollo seguita dalla metodologia utilizzata.

Occorre infine ricordare che, come accade in tutti gli studi scientifici, anche in quello di Regnerus esistono delle imprecisioni e lo stesso sociologo lo ha tranquillamente ammesso. Tuttavia questa ammissione è stata divulgata come un riconoscimento da parte dello studioso dell’inattendibilità del suo lavoro, ma in realtà egli ha semplicemente affermato: «Io ho parlato di “madri lesbiche” e “padri gay”, quando in realtà, non conoscevo il loro orientamento sessuale, conoscevo solo il loro comportamento di relazione omosessuale.

Ma per quanto riguarda gli stessi risultati, io li confermo». L’importanza e la diffusione di questo studio nel campo scientifico è stata mostrata nelle dichiarazioni di Pietro Zocconali, presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi (ANS) e di Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio per i Diritti dei minori e consulente della Commissione parlamentare per l’Infanzia, i quali hanno entrambi fatto riferimento a tale indagine.

Ancora nel luglio 2012 Daniel Potter dell’American Institutes for Research ha pubblicato sul Journal of Marriage and Family uno studio con il quale si è concentrato sui bambini cresciuti all’interno di relazioni dello stesso sesso, paragonandoli a quelli cresciuti con genitori di sesso opposto. Ha sottolineato come la ricerca mostri chiaramente che «i bambini cresciuti in famiglie tradizionali (vale a dire, con i due genitori biologici sposati) tendono a fare meglio dei loro coetanei cresciuti in famiglie non tradizionali».

Nel marzo 2012 l’American College of Pediatricians ha preso posizione su questa tematica affermando: «i bambini allevati da due individui dello stesso sesso crescono in modo adeguato come i bambini allevati in famiglie con una madre e un padre? Fino a poco tempo la risposta univoca a questa domanda è stata “no”. Nell’ultimo decennio, tuttavia, organizzazioni sanitarie professionali, accademici, politici e mezzi di comunicazione hanno affermando che i divieti di genitorialità verso le coppie dello stesso sesso debbano essere tolte. Nel prendere questa decisione di tale portata, qualsiasi sostenitore responsabile dovrebbe basarsi su elementi di prova completi e conclusivi. Ma non solo non è questa la situazione, ma esistono al contrario prove tangibili che i bambini esposti allo stile di vita omosessuale possono avere un rischio aumentato di danno emotivo, mentale e anche fisico». Si è concluso quindi: «, l’American College of Pediatricians ritiene inopportuno, potenzialmente pericoloso e pericolosamente irresponsabile, per i bambini, annullare il divieto di adozione per i genitori dello stesso sesso. Questa posizione è radicata sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili».

Nel marzo 2012 su Hormones and Behavior lo studio di Ruth Feldman intitolato “Oxytocin and social affiliation in humans” ha confermato, dal punto di vista psico-sociale dello sviluppo dei bambini, il beneficio della complementarità di una famiglia intatta, formata da una madre e da un padre, situazione ottimale per un sano sviluppo del bambino. Lo studio in particolare fa notare la differenza dei ruoli delle madri e dei padri, l’importanza di queste differenze per lo sviluppo umano, suggerendo che i sistemi umani dell’ossitocina possono spiegare le diverse e complementari funzioni materne e paterne» (pag. 380-391)

Nel dicembre 2011 su Archives of Sexual Behavior uno studio ha mostrato che le figlie 17enni di madri lesbiche, concepite mediante inseminazione artificale, sono più propense a segnalare a loro volta un comportamento omosessuale e ad identificarsi come bisessuali, rispetto alle figlie di genitori eterosessuali.

Nell’ottobre 2011 uno studio realizzato dal Melbourne Institute of Applied Economic and Social Research presso l’Università di Melbourne, ha scoperto che i ragazzi adolescenti (meno per le femmine) che hanno una figura paterna presente nella loro vita hanno significativamente meno probabilità di impegnarsi in successivi comportamenti delinquenziali rispetto ai loro coetanei orfani o senza padre. «Il senso di sicurezza generato dalla presenza di un modello di ruolo maschile in un giovane un effetto protettivo per un bambino, indipendentemente dal grado di interazione tra il bambino e il padre», ha detto il professor Deborah Cobb-Clark, direttore del Melbourne Institute e autore principale dello studio.

4Dunque è importante anche solo la presenza, senza valutare la qualità di questa figura. «I padri offrono ai bambini modelli di ruolo maschile e possono influenzare le preferenze dei bambini, valori e atteggiamenti, dando loro un senso di sicurezza e rafforzano la loro autostima», ha continuato. In particolare, lo studio ha rilevato che ogni forma di comportamento delinquenziale è stato ridotto di 7,6 punti percentuali per i ragazzi che vivevano con i loro padri biologici, e di 5 punti percentuali per quelli che vivono con il loro padre non biologico. «I padri sono associati ad una riduzione particolarmente grande di incidenza in comportamenti violenti e la lotta tra gang di ragazzi adolescenti»

Nell’agosto 2011 sul Canadian Journal of Behavioural Science uno studio a lungo termine ha esaminato come i padri contribuiscono a rendere i loro figli più intelligenti e meglio controllabili. La situazione muta notevolmente nei bambini con i padri assenti.

Il 29 agosto 2011 su The Australian viene citato il pensiero di David Blankenhorn, sostenitore dei diritti dei gay negli Stati Uniti, il quale riconosce: «Il matrimonio è fondamentalmente per i bisogni dei bambini. Ridefinire il matrimonio per includere le coppie gay e lesbiche eliminerebbe del tutto questo diritto, e indebolirebbe ancora di più nella cultura l’idea di base di una madre e un padre per ogni bambino».

Nel maggio 2011 lo psicoanalista Claudio Risé, sociologo e già docente di Psicologia dell’Educazione all’Università di Milano ha spiegato: «in assenza del genitore del proprio sesso, sarà molto difficile per quel bambino sviluppare la propria identità psicologica corrispondente. La psiche maschile e quella femminile sono molto diverse e l’identità complessiva si forma anche a partire dalla propria identità sessuale. Nel caso di maternità surrogata, lo sviluppo psicologico, affettivo, cognitivo di una bimba con due genitori di sesso maschile sarebbe in forte difficoltà: avrebbe problemi nel riconoscersi nel proprio sesso. Lo stesso accade al piccolo maschio […]. La vita umana è inscritta in due ordini: il dato naturale, biologico, e quello simbolico che il bambino ha iscritto nella propria psiche, conscia e inconscia. Entrambi presiedono allo sviluppo, alla manifestazione di una capacità progettuale, alla crescita di un’affettività equilibrata. Il padre è un individuo di genere maschile che ha scritto nel suo patrimonio genetico, antropologico, affettivo e simbolico la storia del proprio genere. Proprio perché è un maschio e non è una donna, non può avere né il sapere naturale profondo, né quello simbolico materno. I due codici simbolici, paterno e materno, sono molto diversi: la madre è colei che soddisfa i bisogni, il padre è colui che dà luogo al movimento e propone il limite: indica la direzione e stabilisce dove non si può andare».

Nel marzo 2011 sono apparsi i risultati di uno studio condotto dall’Istituto di ricerche economiche e sociali (ISER) dell’Università di Essex, Regno Unito. Dopo aver utilizzato un campione di 11.825 adulti e 1.268 giovani (età 10-15) è stato valutato il grado di felicità dei bambini nelle famiglie con alto e basso reddito verificando che l’influenza maggiore sulla felicità di un bambino è se esso vive con entrambi i genitori -maschio e femmina- e dal rapporto che hanno con essi, in particolare la loro madre.

Nel 2010 uno studio pubblicato su Marriage & Family Review ha esaminato la letteratura scientifica precedente mostra che essa «suggerisce maggiore conoscenza circa la stabilità delle relazioni omosessuali (lesbiche) di quanto precedentemente sospettato e che, in media, tali rapporti tendono ad essere meno stabili di quelli dei genitori eterosessuali sposati».

Nel 2010 sulla base del censimento USA del 2001, lo studio con conclusioni “no differences” di Rosenfeld (2010) ha esaminato (su oltre 700.000 casi) quanti ragazzi sono stati bocciati a scuola a seconda del nucleo famigliare: 6,8% i figli naturali di coppie eterosessuali, 9,5 e 9,7% i figli di coppie lesbiche e gay. A parità di fattori (reddito, residenza…) la probabilità è non statisticamente significativa, 7,94% (etero) e 9,07% (omo). L’interpretazione è stata messa in forte dubbio in quanto è stato fatto notare che tale divario non può risultare ai ricercatori come “non significativo”

Nel settembre 2010 su Archives of Sexual Behavior gli studiosi hanno mostrato che gli adolescenti cresciuti in famiglie lesbiche hanno meno probabilità di essere vittime di un altro genitore (la pedofilia è un fenomeno prevalentemente maschile) ma maggiore probabilità (le femmine) di essere a loro volta omosessuali o identificarsi come bisessuali (circa +200%), mentre i maschi sono meno predisposti a relazioni eterosessuali (-35%). Le ragazze mostrano anche un minore ricorso a protezioni contraccettive durante i rapporti sessuali (-35%), e sebbene questo non sia correlato a un aumento di rischio di malattie veneree, implica un maggiore ricorso alla pillola del giorno dopo (+560%).

Nel luglio 2010 sul Journal of Biosocial Science uno studio ha mostrato che «l’ipotesi che i genitori gay e lesbiche avrebbero più probabilità di avere figli gay, lesbiche, bisessuali o dall’incerto orientamento sessuale è confermata». La percentuale di bambini di genitori gay e lesbiche che hanno adottato un’identità non-eterosessuali a distanza di tempo è tra il 16% e il 57%.

Nel 2009 su Psychological Reports una revisione di 9 studi ha dimostrato che i bambini cresciuti con genitori gay erano (a) più propensi ad adottare interessi e attività omosessuali, (b) più propensi a segnalare confusione sessuale, (c) più suscettibili ad essere socialmente disturbati, (d) più propensi all’abuso di sostanze, (e) meno propensi a sposarsi, (f) più inclini ad avere difficoltà nelle relazioni d’amore, (g) meno religiosi e più non convenzionalmente religiosi, (h) più inclini ad avere difficoltà emotive, (i) più probabilità di essere esposti a molestie da parte dei genitori, e (j) più inclini al tradimento.

Sempre nel 2009 lo piscologo Trayce Hansen ha spiegato che la tesi per cui l’amore sia l’unica cosa di cui necessitano i bambini, al di là che venga da genitori etero o dello stesso sesso, «e tutto ciò che ne deriva, è falsa. Perché l’amore non è abbastanza! I bambini crescono meglio se allevati da una madre e un padre sposati. E’ in questo ambiente che essi hanno più probabilità di essere esposti alle esperienze emotive e psicologiche di cui hanno bisogno per crescere. Uomini e donne portano la diversità nella genitorialità; ciascuno da un contributo prezioso per l’allevamento dei figli che non può essere replicato dagli altri: madri e padri semplicemente non sono intercambiabili, due donne possono essere entrambe buone madri, ma non possono essere un buon padre.

L’amore materno e quello paterno, anche se ugualmente importanti, sono qualitativamente diversi: ciascuna di queste forme di amore senza l’altra può essere problematica, perché ciò che un bambino ha bisogno è l’equilibrio complementare che i due tipi di amore dei genitori forniscono. In secondo luogo, i bambini progrediscono attraverso stadi di sviluppo prevedibili e necessari ed alcune fasi richiedono maggiormente il supporto della madre, mentre altre richiedono più la presenza di un padre. In terzo luogo, i ragazzi e le ragazze hanno bisogno di genitori di sesso opposto per essere aiutarli a moderare le proprie inclinazioni di genere. In quarto luogo, il matrimonio omosessuale aumenta la confusione sessuale e la sperimentazione sessuale da parte dei giovani: il messaggio implicito ed esplicito del matrimonio omosessuale è che tutte le scelte sono ugualmente accettabili e desiderabili.

E quinto, se la società permette il matrimonio omosessuale dovrà anche permettere altri tipi di matrimonio. La logica giuridica è semplice: se non si vieta il matrimonio omosessuale per discriminazione, allora il divieto del matrimonio poligamo o di qualsiasi altro raggruppamento civile sarà anch’esso considerato discriminatorio. La saggezza accumulata di oltre 5.000 anni è giunta alla conclusione che la configurazione ideale coniugale e parentale è composta da un uomo e una donna: il matrimonio omosessuale sicuramente non è nel migliore interesse dei bambini».

Nel 2009 su Psychological Reports uno studio ha mostrato che in diversi studi sulla genitorialità gay, «taluni risultati potenzialmente negativi possono essere stati oscurati da effetti soppressori». Tuttavia, si prosegue, «le differenze sono state osservate, tra cui alcune prove in dissertazioni più recenti, le quali suggeriscono che l’orientamento sessuale dei genitori potrebbe essere associato con l’orientamento sessuale dei bambini in seguito all’emulazione e l’attaccamento all’adulto». Si conclude quindi che «la più recente ricerca sulla genitorialità gay continua ad essere viziata da molte delle stesse limitazioni delle ricerche precedenti in questo settore di studi, compresi gli effetti soppressori trascurati».

Nel novembre 2009 sull’American Psychologist è stata pubblicata una ricerca di Charlotte J. Patterson nella quale si conclude che i risultati «non forniscono alcuna garanzia per la discriminazione legale contro» le famiglie omosessuali in quanto i bambini si svilupperebbero in modo simile a quelli nelle coppie eterosessuali. E’ stato fatto notare in seguito che la Patterson è un’attivista omosessuale, convivente con tre bambini e ricercatrice di riferimento su questo tema dell’American Psychological Association. Nel suo studio ha riconosciuto che «la ricerca sui genitori gay e lesbiche e i loro figli è ancora molto nuova e sono relativamente scarsi gli studi longitudinali che seguono famiglie di gay e lesbiche nel tempo».

Tuttavia la sua stessa indagine presenta numerosi difetti di campionamento, oltre al fatto che 44 bambini -come da lei utilizzati- non possono essere rappresentativi. In passato, dopo un’analisi dei suoi studi da parte di un tribunale della Florida, la Corte ha concluso che «l’imparzialità della Dr. Patterson è venuta in discussione quando prima del processo si è rifiutata di consegnare ai suoi legali le copie della documentazione da lei utilizzata negli studi. Questa corte le aveva ordinato di farlo ma lei ha unilateralmente rifiutato, nonostante i continui sforzi da parte dei suoi avvocati di raggiungere tale scopo. Entrambe le parti hanno stabilito che il comportamento della dott.essa Patterson è una chiara violazione dell’ordine di questa Corte. La dott.ssa Patterson ha testimoniato la propria condizione lesbica e l’imputata ha sostenuto che la sua ricerca era probabilmente viziata dall’utilizzo di amici come soggetti per la sua ricerca. Tale ipotesi ha acquisito ancora più credito in virtù della sua riluttanza a fornire i documenti ordinati»

Nel 2007 su Perspectives on Psychological Science sono stati pubblicati i risultati di studi tra donne omosessuali tra i 16 e i 23 anni, le quali, nel corso di 10 anni, per due terzi avevano cambiato la loro etichetta sessuale (“omosessuale”, “eterosessuale”, “bisessuale”) almeno una volta, e un quarto di esse aveva cambiato la propria identità sessuale più di una volta, mostrando dunque parecchia confusione e incertezza d’indentità.

Nel febbraio 2006 sul Journal of Family Issuses, lo studio “The ParentChild Relationship and Opportunities for Adolescents’ First Sex”, realizzato da Mark D. Regnerus e Laura B. Luchies, basandosi su 2000 adolescenti ha notato che la relazione padre-figlia, più che quella madre-figlia, è risultata essere un fatto fondamentale durante la transizione dell’adolescente alla fase della attività sessuale

Nel maggio 2006 uno ricerca sul Journal of biosociali Science ha chiaramente evidenziato che l’orientamento omosessuale dei genitori influenzava significativamente quello dei figli.

Nel 2006 i ricercatori Gunnar Anderson et al., nello studio intitolato “The Demographics of Same-Sex Marriages In Norway and Sweden”, pubblicato su Demography hanno rilevato che il rischio di divorzio è maggiore nei matrimoni dello stesso sesso. Non è stata rilevata, inoltre, nessuna variazione sulla notevole instabilità nel corso tempo, anche in funzione della nuova legge. Gli autori hanno stimato in particolare che in Svezia il 30% dei matrimoni femminili rischiano di finire in divorzio entro 6 anni, rispetto al 20% dei i matrimoni di sesso maschile e il 13% di quelli eterosessuali (pp. 76-89)

Nel novembre 2005 il presidente della Asociación Española de Pediatría (AEP), dott. Alfonso Delgado Rubio, ha affermato che l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali «non è la situazione ideale» per la loro crescita. Al contrario, «avere un padre e una madre è la situazione naturale e logica». L’opzione successiva, secondo i pediatri spagnoli, è l’adozione da parte di una donna o di un uomo single e senza un partner, anche se nemmeno questa può essere ritenuta una “situazione ideale”.

Nell’aprile 2005 uno studio su su Psychological Reports ha rilevato che il 50% degli abusi su bambini in adozione in una indagine sulla popolazione generale, e il 34% di abusi determinati dal DCF dell’Illinois, erano stati vittime di un genitore omosessuale.

Nel 2005 sul Journal Of Law & Family Studies è stato mostrato che la ricerca dice chiaramente che madri e padri sono essenziali per ottimizzare la crescita dei figli. La complementarità di genere offre ai bambini la possibilità di prosperare in un ambiente migliore, mentre altre forme familiari non sono altrettanto utili o salutari per i bambini. Ricerche sostanziali dimostrano infatti gli effetti negativi dell’assenza del padre, mentre si possono solo supporre le conseguenze negative dell’assenza della madre. Inoltre, si continua a leggere, i dati che emergono sul collocamento dei bambini in coppie omosessuali forniscono segnali di avvertimento significativi, suggerendo che ci sono differenze tra i bambini allevati da coppie omosessuali ed eterosessuali.

Nel febbraio 2005 su Psychological Reports sono stati analizzati i dati dell’Illinois child services dal 1997 al 2002, mostrando che gli omosessuali praticanti erano proporzionalmente più inclini ad abusare sessualmente dei bambini a loro affidati o adottati rispetto ai genitori eterosessuali.

Nel dicembre 2003 uno studio su Psychological Reports ha mostrato che nel campione selezionato la maggioranza di vittime di abusi sessuali aveva genitori omosessuali, arrivando a concludere che tali dati dovrebbero «mettere in discussione l’attuale politica favorevole all’adozione e all’affidamento a genitori omosessuali»

Nel 2002 su Regent Law Review University George Rekers e Mark Kilgus hanno recensito 35 dei migliori studi disponibili sulla genitorialità omosessuale pubblicati su riviste accademiche, arrivando alla conclusione che «tranne pochissime eccezioni, gli studi esistenti sulla genitorialità omosessuale sono metodologicamente errati e devono essere considerati non più di un lavoro-pilota esplorativo che suggerisce indicazioni per studi di ricerca rigorosi» (p. 345). Questi studi, hanno proseguito, «sono metodologicamente difettosi, fuorvianti, distorti, e forme di propaganda a sfondo politico che irresponsabilmente affermano conclusioni che non sono scientificamente giustificate» (p. 375)

Nel giugno 2002 i sociologi Kristin Anderson Moore, Susan M. Jekielek e Carol Emig, attraverso il loro studio, hanno dimostrato che esiste un ampio corpus di ricerche che indicano come i bambini si sviluppano meglio quando crescono con entrambi i genitori biologici, all’interno di un matrimonio. Hanno affermato in particolare: «non è semplicemente la presenza di due genitori, ma è la presenza di due genitori biologici che sembra sostenere lo sviluppo dei bambini».

Nel febbraio 2002 su su Psychological Reports uno studio ha rilevato che su 57 bambini cresciuti con genitori omosessuali, 48 presentavano una o più problematiche di vario tipo attribuibili al genitore omosessuale. Inoltre, il 27% delle figlie e il 20% dei figli erano a loro volta omosessuali

Nel gennaio 2001 su Marriage Law Project alcuni ricercatori hanno valutato 49 studi empirici sull’omogenitorialità evidenziando almeno un difetto fatale in tutti. Come risultato, essi concludono che nessuna generalizzazione può attendibilmente essere basata su tali ricerca e che l’affermazione che non vi sia alcuna differenza tra l’omogenitorialità e la genitorialità eterosessuale è priva di qualsiasi fondamento scientifico

Nel 2001 i sociologi Judith Stacey e Timothy J. Biblarz della University of Southern California hanno pubblicato su American Sociological Review una revisione di 21 studi precedenti sui figli di genitori omosessuali constatando che la ricerca non ha trovato differenze sistematiche tra i bambini allevati da una madre e padre e da quelli allevati da genitori dello stesso sesso.

Tuttavia hanno mostrato che le madri lesbiche hanno avuto un effetto femminilizzante sui loro figli e un effetto mascolinizzante sulle loro figlie, tanto che essi riferiscono: «le ragazze adolescenti e i giovani adulti allevati da madri lesbiche sembrano essere stati più sessualmente avventurosi e meno casti, in altre parole, ancora una volta, i bambini (soprattutto le ragazze) allevati da lesbiche sembrano discostarsi dalla norma tradizionale basata sul genere, mentre i bambini cresciuti da madri eterosessuali appaiono conforme ad essa».

Inoltre hanno rilevato più alti tassi di omosessualità tra i bambini cresciuti in famiglie omosessuali: «Riconosciamo i pericoli politici nel far notare che gli studi recenti indicano una maggiore percentuale di figli di genitori omosessuali che sono inclini a impegnarsi in attività omosessuali» (Stacy, J. & Biblarz, TJ (2001). Does sexual orientation of parents matter? American Sociological Review, 66 (2), pp. 159-183).

Inoltre anche loro hanno anche osservato che in diverse occasioni tali ricerche offrivano risultati che venivano distorti dalla loro interpretazione in base alle inclinazioni degli studiosi. Hanno quindi concluso che le «pressioni ideologiche vincolano lo sviluppo intellettuale in questo settore». Tutto questo è avvenuto per «non attirare le ire degli attivisti omosessuali o incoraggiare la retorica anti-gay»

Nel 2000 i ricercatori Blanchard R, Barbaree HE, Bogaert AF, Dicky R, Klassen P, Kuban ME, Zucker KJ hanno pubblicato lo studio “Fraternal birth order and sexual orientation in pedophiles” su Archives of Sexual Behavior, nel quale hanno rilevato, tra l’altro, che la migliore evidenza epidemiologica indica che solo il 2-4% degli uomini attratti da adulti preferisce i maschi, al contrario, circa il 25-40% degli uomini attratti da bambini preferisce i ragazzi (maschi). Così, affermano, «il tasso di attrazione omosessuale è 6-20 volte superiore tra i pedofili» (p. 464).

Nel 2000 su Marriage Law Projecti i ricercatori Lerner e Nagai nella loro rassegna completa dei dati sui genitori dello stesso sesso hanno concluso: «L’analisi dettagliata delle metodologie di 49 studi proposti a sostegno della tesi che i genitori omosessuali crescono i figli nel modo più efficace dei genitori sposati biologici, dimostra che esse soffrono di gravi difetti metodologici».

Nel 2000 uno studio realizzato da R.N. Williams ha osservato che figli di genitori lesbiche avevano significativamente più probabilità di essere impegnati in relazioni omosessuali. Williams ha scoperto inoltre che diverse omissioni sono state fatte da altri ricercatori che hanno condotto la ricerca in queste aree (Williams, R. N. (2000). A critique of the research on same-sex parenting, in D.C. Dollahite, ed., Strengthening Our Families, Salt Lake City, Utah: Bookcraft, p.352-355.)

Nel 1999 su Violence and Victims è stata messa a confronto la vittimizzazione violenta subita tra gli uomini e le donne con una storia di convivenza dello stesso sesso e le loro controparti con una storia di matrimonio eterosessuale. Lo studio ha trovato che gli intervistati omosessuali, rispetto a quelli eterosessuali avevano significatamene più probabilità di: (a) essere stati violentati come minori e adulti, (b) essere fisicamente aggrediti da bambini, (c) essere fisicamente aggrediti da adulti dai loro partner. Lo studio, si conclude, «conferma che la violenza domestica è più diffusa tra coppie gay rispetto a coppie eterosessuali».

Nel 1999 sul Journal of Marriage and Family, lo studio Paternal Involvement and Children’s Behavior Problems di Paul R. Amato & Fernando Rivera ha verificato che i padri riescono a offrire un un contributo unico per il comportamento dei propri figli. L’influenza positiva della presenza della madre e del padre è stata confermata, è risultata indipendentemente e significativamente associata ai problemi di comportamento dei bambini. In particolare l’influenza paterna gioca un ruolo importante nel mantenere nel figlio bassi livelli di delinquenza e criminalità e abbassando le probabilità che la figlia adolescente possa entrare in stato di gravidanza. Questi risultati sono stati confermanti anche dopo aver controllato per il coinvolgimento della madre.

Nel marzo 1999 David Popenoe, professore emerito di Sociologia presso la Rutgers University, ha pubblicato il libro Life without Father (Harvard University Press 1999) mostrando come madri e padri svolgono ruoli diversi nella vita dei loro figli: «attraverso il loro gioco, così come nelle altre attività dei figli, i padri tendono a sottolineare competizione, sfida, iniziativa, l’assunzione di rischi e di indipendenza, mentre le madri, al contrario, forniscono sicurezza emotiva e personale». I genitori inoltre disciplinano i loro figli in modo diverso: «Mentre le madri forniscono una grande flessibilità e simpatia nella loro disciplina, i padri offrono prevedibilità e coerenza».

Ed ancora: «Entrambe le dimensioni sono fondamentali per una efficiente, equilibrata educazione dei figli, in tre decenni di attività come scienziato sociale sono a conoscenza di dati in cui il peso delle prove è così decisamente schiacciante: nel complesso, per i bambini, le famiglie con due genitori eterosessuali sono preferibili alle altre forme di relazioni» (p. 176)

Nel 1997 sul Journal of Sex Research sono stati analizzati i profili di 2.583 omosessuali, scoprendo che il campo modale dei partner sessuali andava dal 101 al 500. Inoltre, il 10,2-15,7% ha avuto tra i 501 e i 1000 partner, un ulteriore 10,2-15,7% ha riferito di aver avuto più di 1000 partner vita sessuale.

Nel 1997 su Violence and Victims è stato analizzato un campione di 283 gay e lesbiche, i quali hanno riferito le loro esperienze sia come vittime che come autori di violenza nella loro relazione. I risultati generali indicano che il 47,5% delle lesbiche e il 29,7% dei gay è stato vittima di un partner dello stesso sesso.

Nel 1997 su University of Illinois Law Review Lynn D. Wardle si è occupato dell’uso improprio di studi di scienze sociali a confronto tra gli effetti della genitorialità omosessuale alla genitorialità eterosessuale, affermando: «collettivamente, gli studi di scienze sociali che pretendono di dimostrare che i bambini cresciuti da genitori che si impegnano in comportamenti omosessuali non sono soggetti a un rischio significativamente maggiore sono metodologicamente e analiticamente viziata, e cadono al di sotto degli standard di affidabilità necessari per sostenere tali conclusioni» (p. 852). Questi studi hanno ignorato gli effetti potenziali significativi dei figli di gay, tra cui un maggiore sviluppo dell’orientamento omosessuale nei bambini e svantaggi emotivi e cognitivi causati dalla mancanza di genitori di sesso opposto, e una precaria sicurezza economica (p. 833-920)

Nell’ottobre 1997 sul Journal of Child Psychology and Psychiatry sono stati mostrati i risultati di uno studio che ha confrontato trenta famiglie con genitori lesbiche e 42 famiglie con una madre single eterosessuale e con 41 famiglie formate dai genitori eterosessuali. I risultati hanno mostrano che i bambini cresciuti in famiglie senza padre fin dall’infanzia hanno vissuta con maggior intensità e interazione il rapporto con la madre, anche se sono stati percepiti meno cognitivamente e fisicamente competenti rispetto ai loro coetanei con un padre presente in famiglia

Nel 1996 sul Journal of Gay & Lesbian Social Services è stato analizzato un campione di 288 soggetti gay e lesbiche, rilevando una elevata incidenza di storie personali segnate dall’abuso nella loro relazione omosessuale.

Nel 1996 nell studio di S. Sarantokas intitolato “Children In Three Contexts: Family, Education, and Social Development”, pubblciato su Children Australia, si conclude che: «Nel complesso, lo studio ha dimostrato che i figli di coppie sposate hanno più probabilità di fare bene a scuola a livello accademico e sociale rispetto ai figli di coppie conviventi e omosessuali» (pp. 742-743)

Nel gennaio 1996 in uno studio scientifico su Developmental Psychology i ricercatori Tasker e Golombok, anche se hanno cercato di affermare il contrario, hanno rivelato attraverso i loro risutlati una connessione tra l’essere cresciuto in una famiglia lesbica e l’essere omosessuali, infatti nessuno dei bambini provenienti da famiglie eterosessuali aveva avuto una relazione lesbica o gay, al contrario, cinque (29%) delle diciassette figlie e uno (13%) degli otto figli cresciuti in famiglie omosessuali hanno riferito di avere avuto almeno una relazione dello stesso sesso. Lo studio ha presentato altre piccole manipolazioni interpretative

Nel 1995 su Developmental Psychology è stato fatto notare che il 9,3% di un gruppo di 75 figli di 55 padri gay o bisessuali sono omosessuali a loro volta, dato che è notevolmente superiore alla prevalenza di maschi omosessuali nella popolazione generale.

Nell’aprile 1995 su un campione casuale di 5.182 adulti da 6 aree metropolitane statunitensi sono stati interrogati in merito incestuosi rapporti sessuali durante l’infanzia. L’incesto è stato riportato in modo sproporzionato da entrambi i maschi e femmine bisessuali e omosessuali. 148 gay (7,7% del campione) ha 14 (50%) di persone dello stesso sesso, e 7 (22%) delle esperienze incestuose di sesso opposto, e 20 (69%) di persone dello stesso sesso e il 2 (3%) di esperienze sessuali di sesso opposto con altri parenti. 88 lesbiche (3% del campione) ha 2 (33%) di persone dello stesso sesso incesto e 7 (9%) di sesso opposto incesto e 1 (17%) di persone dello stesso sesso e il 10 (13%) di fronte- esperienze sessuali sessuali con altri parenti.

Il 12% di 98 omosessuali maschi vs 0,8% su 1.224 maschi eterosessuali con un fratello segnalato fratello-fratello incesto. Questi risultati sono in accordo con quelli di altri studi in cui è stato segnalato l’incesto sproporzionatamente più da omosessuali. A differenza di una ipotesi genetica evolutiva, questi dati supportano l’alternativa che l’omosessualità può essere appreso, dal momento che gli omosessuali non producono figli a livelli sostenibili e l’incidenza dell’omosessualità varia in funzione di diversi fattori sociali. L’incesto non si può escludere una base significativa per l’omosessualità.

Nel 1994 su Archives of Sexual Behavior ci si è concentrati sugli episodi di attività sessuale non consensuale tra 930 uomini omosessuali attivi in Inghilterra e Galles. Il 27,6% di essi ha riferito di essere stato aggredito sessualmente da altri uomini, un terzo è stato costretto ad attività sessuali da altri uomini con i quali aveva avuto o stava avendo un rapporto sentimentale.

Nel 1994 una ricerca sul Journal of Divorce & Remarriage sono stati analizzati i dati di letteratura pubblicati sulla genitorialità omosessuale e dei suoi effetti sui bambini. Scrivono i ricercatori: «Ogni studio è stato valutato secondo gli standard accettati di ricerca scientifica. La scoperta più impressionante è stata che tutti gli studi mancavano di validità esterna, e non un singolo studio rappresentava la sub-popolazione di genitori omosessuali. Solo tre studi hanno soddisfatto gli standard minimi di validità interna, mentre gli undici restanti presentati hanno mostrato minacce mortali alla validità interna. La conclusione che non vi sono differenze significative nei bambini allevati da madri lesbiche rispetto a madri eterosessuali non è supportata dalla ricerca scientifica». Hanno inoltre aggiunto: «Un altro limite reciproco di molti degli studi è stato quello già identificato da Rees (1979), vale a dire, il desiderio politico e giuridico “di presentare una felice e ben regolata famiglia lesbica al mondo”» (p. 116)

Nel 1994 la Harvard University Press ha pubblicato un ampio studi dei ricercatori Sara McLanahan e Garry Sandefur sui bambini cresciuti con un solo genitore biologico. La loro conclusione è stata: «i bambini che crescono in famiglie con un solo genitore biologico hanno uno sviluppo peggiore, in media, rispetto ai bambini cresciuti in famiglie con entrambi i genitori biologici, indipendentemente dal fatto che la madre residente si sia risposata»

Nel dicembre 1994 sul Journal of Interpersonal Violence sono stati analizzati i rapporti intimi tra omosessuali, concludendo che la “violenza lesbica” non è un fenomeno raro. Quasi tutti gli intervistati (circa 300 soggetti) sonno stati vittima di uno o più atti di aggressione verbale da parte del loro partner durante l’anno precedente, e il 31% ha riferito uno o più abuso fisico subito, mentre il 12% ha dichiarato di essere stata vittima di un grave abusi fisici.

Nel 1993 su Families and Society sono stati sintetizzati i lavori Erik Erikson, uno dei più apprezzati psicologi dello sviluppo in tutto il mondo, notando che le madri e i padri amano in modo diverso e non sono affatto intercambiabili. Inoltre, gli adolescenti che hanno rapporti affettuosi con i loro padri presentano migliori abilità sociali, maggiore fiducia, e sono più sicuri nelle loro competenze.

Nel 1993 sul New Directions for Child and Adolescent Development lo studio intitolato “Distinctive role of the father in adolescent separation-individuation” di Shmuel Shulman e Moshe M. Klein, ha analizzato il rapporto tra il padre e l’adolescente, valorizzando il suo ruolo come unico. Hanno concluso: «i padri, più delle madri, trasmettono la sensazione agli adolescenti di poter contare su se stessi, così padri possono fornire un “ambiente facilitante” per il conseguimento, da parte dell’adolescente, della differenziazione dalla famiglia e del consolidamento dell’indipendenza» (pp. 41-53).

Nel 1992 sul Journal of Sex & Marital Therapy gli studiosi Freund K, Watson RJ hanno pubblicato lo studio “The proportions of heterosexual and homosexual pedophiles among sex offenders against children: an exploratory study”, analizzando i profili degli autori di pedofilia, da cui è emerso -seppur senza generalizzare- che la percentuale di pedofili veri tra le persone con uno sviluppo omosessuale è maggiore rispetto a persone che si sviluppano eterosessualmente.

In particolare hanno rilevato che il rapporto tra vittime femmine e maschio era di circa 2:1, anche se il rapporto tra uomini eterosessuali e omosessuali è di circa 20:1. I due ricercatori hanno concluso affermando che i loro risultati «supportano l’idea che uno sviluppo omosessuale spesso non si traduce in androphilia [desiderio sessuale per gli uomini] ma in pedofilia [desiderio omosessuale di ragazzi]. Questo, ovviamente, non dovrebbe essere inteso come dire che gli androphiles possano avere una maggiore propensione ad offendere i bambini di quanto non facciano gli uomini gynephiles [interessati alle donne]» (p. 41).

Nel 1991 sul Journal of Social Service Research uno studio ha valutato la violenza domestica tra coppie omosessuali e eterosessuali concludendo che l’abuso tra partner lesbiche si verifica maggiormente (55%) rispetto ai rapporti eterosessuali (37 al 55%).