Per Putin l’Occidente è stanco e non si batte più per niente

Newsletter di Giulio Meotti

25 Febbraio 2022

Il suo biografo racconta cosa lo spinge a invadere l’Ucraina. “Per noi occidentali post-religiosi è solo un matto. Ma lui vuole Kiev, dove i Russi mille anni fa si sono convertiti al Cristianesimo”

Giulio Meotti

“Minacciato da una rivolta dei suoi perfidi generali, l’imperatore cristiano Basilio II, con sede nella gloriosa città di Bisanzio, si avvicinò ai suoi nemici, i pagani nella terra di Rus’. Basilio II era un abile negoziatore. Se Vladimir dei Rus lo avesse aiutato a sedare la rivolta, gli avrebbe dato sua sorella in matrimonio. Il matrimonio di un pagano con una principessa imperiale era senza precedenti. Ma Vladimir avrebbe dovuto convertirsi al cristianesimo. Tornato a Kiev, Vladimir convocò l’intera città sulle rive del fiume Dnepr per un battesimo di massa. L’anno era il 988. L’atto fondatore del cristianesimo ortodosso russo. Vladimir fu dichiarato santo. Quando l’impero bizantino cadde, i russi si considerarono il suo successore. La ‘terza Roma’”. 

Parte da questo aneddoto un magnifico racconto di Giles Fraser su Unherd. 

“Il comunismo sovietico ha cercato di schiacciare tutto questo, ma ha fallito. E nel periodo post-sovietico migliaia di chiese sono state costruite e ricostruite. Sebbene l’Occidente pensi al cristianesimo come a qualcosa di indebolito e in declino, in Oriente è fiorente. Il patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa, si vanta di costruire tre chiese al giorno. L’anno scorso hanno aperto una cattedrale per le forze armate un’ora fuori Mosca. L’immaginario religioso si fonde con la glorificazione militare. Al centro di questa rinascita del cristianesimo post-sovietico c’è un altro Vladimir. Vladimir Putin. Molte persone non capiscono fino a che punto l’invasione dell’Ucraina sia per lui una ricerca spirituale. Putin non è tanto interessato ad alcuni distretti russi a est dell’Ucraina. Il suo obiettivo, terrificante, è Kiev”. 

Putin, che ha fatto costruire al Cremlino una statua di Vladimir, è nato a Leningrado – una città che ha rivendicato il nome del suo santo originale – da una devota madre cristiana e padre ateo. “Sua madre lo battezzò in segreto e Putin porta ancora la croce battesimale. Da quando è diventato presidente, Putin si è presentato come il vero difensore dei cristiani nel mondo, il leader della Terza Roma. Il suo incessante bombardamento dell’Isis, ad esempio, è stato lanciato come difesa della storica patria della cristianità. E userà la fede come un modo per battere l’Occidente.

Putin considera il suo destino spirituale come la ricostruzione della cristianità, con sede a Mosca. Quando le Pussy Riot vollero manifestare contro Putin scelsero di farlo nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, un edificio bianco e oro, demolito dai sovietici e ricostruito negli anni Novanta. È una sintesi delle aspirazioni nazionali e spirituali della Russia”. 

A questa intensità religiosa possiamo aggiungere la politica ecclesiastica. Nel 2019, il braccio ucraino delle chiese ortodosse ha dichiarato la propria indipendenza dalla Chiesa russa. Il presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha parlato di “una grande vittoria per la devota nazione ucraina sui demoni di Mosca, una vittoria del bene sul male, della luce sulle tenebre”. La Chiesa russa ha respinto furiosamente questa pretesa di indipendenza e ha portato a una spaccatura storica all’interno della famiglia ortodossa, con la Chiesa russa che ha rifiutato il primato di Bartolomeo, dichiarando di non essere più in comunione con il resto della famiglia ortodossa.

Conclude Fraser: “L’immaginazione laica occidentale non lo capisce. Guarda il discorso di Putin e lo descrive come un matto, il che è un altro modo per dire che non capiamo cosa sta succedendo. E mostriamo quanto poco capiamo pensando che un mucchio di sanzioni farà la differenza. ‘L’Ucraina è una parte inalienabile della nostra storia, cultura e spazio spirituale’, ha detto Putin. Ecco di cosa si tratta, ‘spazio spirituale’, una frase terrificante intrisa di oltre mille anni di storia religiosa russa”. 

Specialista dell’ortodossia, lo storico Jean-François Colosimo è direttore delle Éditions du Cerf e autore, fra gli altri, di L’Apocalypse russe. Dieu au pays de Dostoïevski. In una intervista apparsa ieri su Le Figaro, anche Colosimo spiega che “Kiev è il luogo del battesimo di tutte le Russie e l’oggetto cruciale della crociata politico-religiosa che deve animare la riconquista di Putin”.

Pheiffer Noble, ricercatrice di affari russi, all’Atlantic ha spiegato che esiste “un sentimento diffuso tra i russi di salvaguardare la civiltà. Nella cultura russa hanno un canone, e il loro canone è impressionante. Hanno Tolstoj e Dostoevskij, l’iconografia, l’idea di soffrire come valore culturale – e sentono che stanno vincendo”.

Putin ha fatto portare a Mosca un frammento di una costola di San Nicola. La reliquia è stata trasportata da Bari alla cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca. In tre giorni, centomila fedeli si sono recati a pregare sulla costola di San Nicola. Sul Monte Athos, in Grecia, Putin sta investendo tanto. C’è andato personalmente due volte in quel mondo ricco di tesori mistici ma anche materiali, visto che le biblioteche dei monasteri conservano documenti di valore incalcolabile, come il manoscritto di Tolomeo.

Il presidente russo non si fa mai mancare i tour spirituali al monastero di Tikhvin, dove rende omaggio a una delle icone più venerate della Russia, e alle Solovki, l’isola nel Mar Bianco che ospitava uno dei monasteri più grandi, famoso per il Gulag e i detenuti cristiani, come Pavel Florenskij. E proprio alle Solovki, in occasione dell’anniversario del crollo dell’Unione Sovietica, Putin ha fissato in qualche modo il suo progetto, auspicando il ritorno della Russia “alla sorgente del cristianesimo”. Una sera, i fedeli rimasero attoniti quando lo videro arrivare nella chiesetta di Turginovo, 150 chilometri da Mosca. Lì erano stati battezzati i genitori del presidente. Putin ha supervisionato la ricostruzione di 23.000 chiese che erano state distrutte o cadute in disuso durante il comunismo. 

E anche la sua politica estera ne è intrisa. Il New York Times riferisce anche che una delle ragioni principali, oltre a interessi strategici ed economici evidenti nello sbocco russo sul Mediterraneo, per spiegare l’appoggio di Mosca al regime di Assad è la richiesta della chiesa ortodossa russa. Il patriarca russo Patriarch Kirill I ha evocato niente meno che la rivoluzione bolscevica del 1917, con le sue sterminate “carcasse di chiese”, se gli islamisti avessero preso il potere.

Nel 2005 vide la luce il progetto conservatore probabilmente più dettagliato e completo (800 pagine): Russkaja doktrina (La dottrina russa), in cui si stabiliva una forte connessione tra fede ortodossa e parabola storica della Russia, un futuro ancorato all’idea di autocrazia (come garanzia di sovranità e indipendenza da poteri esterni), a politiche di contrasto al declino demografico e la responsabilità di realizzare una civiltà autonoma votata a perseguire fini escatologici. Oggi, dice Michel Eltchaninoff in una intervista a Le Point, “Putin crede a uno choc di civiltà fra l’Occidente e la Russia”.

Caporedattore di Philosophie Magazine, Eltchaninoff è l’autore del libro Inside the mind of Vladimir Putin. In un’altra intervista oggi con la Fondazione Naumann, in Germania, Eltchaninoff spiega bene cosa guida Putin: “Putin segue il pensatore Lev Goumilev (il figlio della poetessa antistaliniana Anna Achmatova) nella nozione pseudo-scientifica che ogni popolo ha la propria energia vitale e che la natura superiore della Russia come paese giovane e nuovo richiede semplicemente una continua espansione. Anche gli zar ampliarono gradualmente il territorio della Russia. Anche l’Unione Sovietica funzionava in base a questa legge. C’è messianismo nella cultura russa, almeno dal XVI secolo. Di conseguenza, alla Russia è affidata una missione di civiltà”. 

Durante un annuale discorso all’assemblea federale, Putin ha detto: “Tutto dipenderà dalla volontà di ogni nazione, dalla sua energia interiore, che Lev Gumilev ha definito passionarnost”. Questa strana parola, passionarnost, significava poco per i non iniziati; ma per chi aveva familiarità con il nazionalismo russo voleva dire molto. Sta per “capacità di soffrire”. Gumilev la fece propria durante i quattordici anni nei campi di prigionia in Siberia. Nel 1939, mentre scavava il Canale del Mar Bianco e ogni giorno guardava i detenuti morire di sfinimento e ipotermia, Gumilev inventò la passionarnost. La grandezza che sta nel sacrificio.

“Questo racconto potrebbe non riflettere l’opinione popolare russa, ma tocca qualcosa di profondo nella cultura russa” prosegue Eltchaninoff. “C’è questa pericolosa idea che tu sia speciale e incaricato di mostrare qualcosa al mondo. Non è un caso che la Russia sia diventata l’Unione Sovietica in quel momento. L’Unione Sovietica era un’idea, un concetto. L’Occidente secondo la teoria di Goumilev è vecchio, stanco e prosciugato, la sua energia vitale è in declino. Componenti essenziali del putinismo sono il conservatorismo, l’antiamericanismo e il rifiuto di tutto ciò che è ‘politicamente corretto’.

Gli anelli di collegamento in questo mosaico sono l’odio per l’Occidente decadente, l’imperialismo e la prontezza alla guerra. Con questo messaggio, Putin vuole sedurre il mondo intero. I russi sono idealisti. Hanno un’anima religiosa e sono pronti a morire. ‘In Russia anche la morte è bella’, dice un proverbio che Putin ama citare. A suo avviso, noi del ricco Occidente siamo materialisti, cerchiamo solo il nostro benessere, non conosciamo patriottismo o sacrificio, non combattiamo per niente”.

Figuriamoci se sono disposti a sacrificare le proprie vite per l’Ucraina, pensa Putin.

Se la prima Guerra Fredda fu uno scontro fra capitalismo e comunismo, la nuova Guerra Fredda secondo Putin sarà fra liberalismo occidentale e conservatorismo russo. Non sarebbe una sorpresa se il 24 aprile il nuovo zar celebrasse la Pasqua ortodossa nella cattedrale di Vladimiro a Kiev. 

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