Quanta finta spontaneità e ribellioni: tira aria di nuovo ’68

La Verità 20 novembre 2021

Oggi come allora le masse seguono icone che predicano un cambiamento culturale e morale. Attraverso un meccanismo che si finge spontaneo, anche se non lo è.

diEttore Gotti Tedeschi

Spontaneismo, ribellione, forte pulsione di cambiamento rivoluzionario. Fenomeni co­me i Maneskin e Greta fanno pensare a una temperie culturale i cui meccanismi sono noti: il Sessantotto. Siamo forse in presenza di un tentativo di cambio d’epoca simile a quello?

I fenomeni Greta Thunberge Maneskin mi paiono interessanti per una riflessione strategica su alcune similitudini con quanto accadde nel Sessantotto. Alcuni avvenimenti di oggi potrebbero infatti avere un obiettivo in comune con quelli di allora: il cambiamento culturale morale di una generazione e pertanto di un’intera civiltà.

Entrambi si manifestano in un contesto di contestazione del capitalismo e dell’autoritarismo, cambiando solo le motivazioni dichiarate. Ieri la richiesta di più libertà assoluta, oggi quella di più «sostenibilità» assoluta. Entrambi si presentano denunciando una serie di problemi generazionali, interpretati in modo da forzare confronto e conflitto. Ieri e oggi con proposte fatte attraverso icone rappresentative. Ieri con un linguaggio fatto di musica rock e con slogan «intellettuali» indirizzati ai giovani («Fate l’amore, non fate la guerra», «Fantasia al potere»).

Oggi, attraverso lo stesso tipo di musica (i Maneskin) e slogan di Greta ad altissimo impatto, («How dare you?», «Basta bla bla…»).

Non è stata affatto convincente la spiegazione ufficiale della spontaneità di ciò che accadde nel Sessantotto, così come non lo è ciò che sta accadendo oggi. Tanto che più che un avvenimento storico potrebbe essere considerato un «meccanismo» da utilizzare. Provo a ricordare. Il Sessantotto fu una rivoluzione morale e di costume ben più che politica. L’obiettivo sembrò essere quello di abbattere la morale tradizionale repressiva, proponendo una rivoluzione permanente (come oggi il Reset), riconcependo cos’è il benessere capitalistico (come sta avvenendo oggi) e secolarizzando la religione e la morale (come oggi).

Il Sessantotto venne definito una ribellione contro l’autorità e l’autoritarismo della ge­nerazione precedente, che aveva tradito la successiva, privandola di ogni speranza. Praticamente ciò che oggi dice Greta.

Il Sessantotto inventò anche il modello di mobilitazione dì massa, pacifista, ma minacciosa e persino violenta, che dichiarava di voler perseguire diritti civili, ma generò lotta armata (come le Brigate rosse). Ma generò anche una serie di altri risultati su cui riflettere. Probabilmente i maggiori si son realizzati nell’istruzione e nell’educazione, arrivando a cancellare l’espressione «morale», attraverso una rivoluzione nelle idee e nei comportamenti.

Chissà quanto spontaneamente nacquero le generazioni beat, hippy, imbevute di prodotti psichedelici e stupefacenti, di filosofia orientali e orientate alla liberazione sessuale o pseudo culturale. Le idee proposte erario orientate all’anticonsumismo, anticapitalismo, anti-natalità per non danneggiare l’ambiente (il loro simbolo fu la bicicletta, ma di proprietà pubblica), antiproprietà privata (l’occupazione di case divenne uno sport). Non sono le stesse di oggi? C’è profumo di tecnica e di meccanismo che deve apparire spontaneo?

Detto spontaneo movimento rivoluzionario fu però subito sfruttato da intellettuali di sinistra quali Marcuse, Sartre, Adorno, Habermas. Curiosamente vennero esaltati personaggi quali Mao e Che Guevara. In Italia l’università di sociologia di Trento sfornò leader delle Brigate rosse quali Curdo, Boato, Rostagno, Cagol.

Da un punto di vista più religioso morale, si assistette al boom della teologia della liberazione che si espanse ovunque. Nacquero poi i preti operai, prima osteggiati dalla gerarchia, poi accolti e legittimati nel coevo Vaticano II. Si diffuse una nuova dottrina cattolica proposta dai vari don Mazzolari, don Milani, don Franzoni. In pieno Sessantotto, gruppi di cattolici del dissenso occuparono il Duomo di Parma chiedendo alla Chiesa di distribuire i beni ai poveri, di contestare il capitalismo, di rimuovere i preti conservatori, di celebrare le messe beat … Sono stati ascoltati e soddisfatti qualche decennio più tardi.

Non sono per nulla sicuro di aver capito cosa siano i Maneskin e non li ho mai ascoltati né visti, ma la velocità con cui si sono affermati e sono già stati promossi e connotati mi incu­riosisce. E già si comincia a proporre di dare loro un riconoscimento culturale. È pertanto lecito chiedersi se siamo di fronte a un secondo Sessantotto avanzato che usa gli stessi meccanismi sperimentati. Stavolta per cogliere le opportunità della crisi economico morale che inizia proprio alla fine degli anni Sessanta e far fuori definitivamente i residui della civiltà cristiana?