Il sesso si fa strangolamento e poi morte: il porno è realtà

La Nuova Bussola quotidiana

3 Dicembre 2019

Si diffonde la pratica dello strangolamento durante l’atto sessuale. Ad alimentare certe fantasie sono stati romanzi come “Cinquanta sfumature di grigio” e la diffusione del porno. Avendo fatto del sesso ciò che si voleva, si è giunti alla deresponsabilizzazione innanzitutto dell’uomo nei confronti della donna. Fino all’estremo per cui, invece che godere dell’atto sessuale, lo si subisce soffrendo e addirittura a rischiando la vita. 

di Benedetta Frigerio

Si diffonde la pratica dello strangolamento durante l’atto sessuale. È questo l’ennesimo segno nefasto dei tempi in cui l’uomo ha deciso di diventare il padrone incondizionato della realtà, alimentando così il costume per cui il più forte e brutale ha la meglio sul più debole. Naturalmente in nome della libertà. Si vorrebbe voltare pagina, concentrandosi magari sulla cronaca rosa o sulla politica, ma sarebbe un’omissione.

A parlare del fenomeno sadico è stato The Star con un articolo intitolato: “Quando il dolore ti eccita: i giovani vanno su internet in cerca di risposte con lo strangolamento che diventa la norma”. Si legge che ad alimentare certe fantasie sono stati romanzi come “Cinquanta sfumature di grigio”, vendendo milioni di copie in tutto il mondo, mentre Erika Lust, regista porno, conferma che lo strangolamento e il soffocamento dominano la scena del porno online.

«Schiaffeggiare, soffocare, strozzare e sputare sono diventati l’alfa e l’omega di qualsiasi scena porno…Questi sono presentati come modi standard per fare sesso». La stessa Lust si dice preoccupata di una deriva che non può però che essere insita nella pornografia (il sesso come piacere e l’altro come oggetto di godimento)».

Parlando poi di cosa accade quando una minaccia diretta alla vita viene lentamente normalizzata, la regista ha aggiunto che in questo modo «una donna soffocata dal partner potrebbe non denunciare il fatto – e se lo fa, potrebbe non ottenere nulla». Di più: «Se una donna muore in questo modo, i giudici e le giurie penseranno “questo è il modo in cui le persone fanno sesso ora”».

Infine ha ammesso che la pornografia dilaga fra i giovani la cui prima esposizione al porno è di tipo fortemente sadomaso, insegnando loro «che gli uomini dovrebbero essere rudi ed esigenti e che il degrado [sessuale] è uno standard». Ora, a parte l’evidente contraddizione di questa donna che da una parte dirige film porno e dall’altra prende le distanze da una sua conseguenza normale, perché se il fine è appunto l’appagamento delle voglie è difficile stabilire un limite, le sue osservazioni sono davvero devastanti, tanto da spaventare anche chi con questo ambiente ha a che fare ogni giorno.

Couple having sex

Anche perché, per dimostrare le parole di Lust, il The Star ha intervistato alcune persone fra cui Jane, 33 anni, che ha raccontato di aver incontrato su Tinder (chat di incontri) «un uomo molto bello» con cui è uscita. Dopodiché «ero ubriaca ma avevo la libertà di consentire. Mi ha chiesto se poteva strozzarmi e ho detto di sì, che l’avevo fatto di già».

È chiaro che a questo punto le attenuanti di un possibile omicidio sarebbero enormi, anche perché, ha continuato, «la cosa successiva che ricordo è che mi sono svegliata ansimando in cerca d’aria con lui sopra di me. Ero svenuta. Non so quanto tempo sono rimasta priva di sensi. Ho prenotato Uber alle 6.30 e sono scappata da quell’inferno.

Il giorno dopo la donna era piena di lividi sul petto e ha chiamato l’uomo che si è scusato così: «Mi dispiace di essermi lasciato trasportare quando ti ho visto soffrire ma mi sono eccitato».

Il The Star ha poi sottolineato che tutto è nato con l’immaginazione di alcuni scrittori che hanno messo nero su bianco scene di strangolamenti durante l’atto sessuale, con riferimenti espliciti alla sottomissione/schiavitù femminile. Da qui la riproduzione video che circola tranquillamente online e che è di fatto accessibile a tutti. Anche ai bambini, come dimostrano i dati allarmanti sul dilagare del porno fra i più piccoli (vedi qui, qui e qui).

Ma perché le femministe non insorgono contro la piaga? Perché non solo il mondo cristiano, ma anche quello laico teme di parlare del pericolo del fenomeno e di denunciarlo? Forse lo teme o forse non vuole, oppure non può. E si capisce perché dato che, a guardar bene, è cominciato tutto parlando di liberazione sessuale come liberazione della donna da qualsiasi vincolo e ora si è arrivati al suo contrario: il dilagare della pornografia (più sesso libero di così…) in cui la donna viene violata ripetutamente.

È chiaro infatti che se si predica la sessualità senza vincoli non ci si può poi scandalizzare se il più forte domina. Ed è quindi evidente che per combattere questo mercato, impedendo la diffusione massiccia di libri come quello citato o di pornografia online, bisognerebbe criticare la visione diffusa della libertà come capacità di fare ciò che si vuole e comprendere che l’unico modo per salvare davvero la sessualità e goderne è pensare che abbia un fine e quindi degli argini per raggiungerlo, come la Chiesa ha sempre detto e che potrebbe avere l’occasione per ribadire avendo una credibilità senza precedenti.

Prendiamo ad esempio l’enciclica di san Giovanni Paolo II Familiaris Consortio, per cui «qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto per sé alla trasmissione della vita…Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo…Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità».

La vulgata anticlericale ha sempre accusato la Chiesa di combattere il piacere e di temere la sessualità, ma ora è chiaro che fuori dai limiti da essa richiamati avviene il contrario: avendo fatto del sesso ciò che si voleva, si è giunti alla deresponsabilizzazione innanzitutto dell’uomo nei confronti della donna. Fino all’estremo per cui, invece che godere dell’atto sessuale, lo si subisce soffrendo e addirittura a rischiando la vita. Così il solo gesto umano capace di generare vita si è trasformato nel suo contrario: un gesto di morte.

Ma è chiaro che dire questo significherebbe dover ammettere la falsità delle motivazioni legate alla legalizzazione prima del divorzio, poi dell’aborto e quindi delle unioni fra persone dello stesso sesso. Troppo scomodo, meglio tacere e continuare a sacrificare i più deboli.