Un «manuale» per il politico cattolico

Crepaldi_coverStudi Cattolici n.599 gennaio 2011

di Alberto Torresani

Un paradosso solamente; apparente: occuparsi di politica, per un cattolico è un dovere grave, perché equivale a prendersi cura del bene comune. Tuttavia, le soluzioni dei problemi politici, per natura loro, sono sempre opinabili ovvero aperte al pluralismo, purché non siano in pericolo di contraddizione con verità rivelate, dove il conteggio democratico, maggioranza-minoranza, non vale.

La teoria che suggerisce di proporre il male minore, nel caso che i politici cattolici si trovino in minoranza, non regge quando il cosiddetto male minore si trova chiaramente in opposizione alla legge divina. Questa, a sua volta, è sempre razionale e perciò qualunque contraddizione alla legge morale cristiana si colloca fuori della razionalità, almeno se si considerano i fatti per tempi lunghi.

Scenario inquietante

Certamente la politica ha subito negli ultimi anni una drammatica evoluzione. Da discussione sui modelli di vita da realizzare si è ridotta a gestione della spesa pubblica, all’insegna del «Fate quel che vi- pare, purché paghiate le tasse» (dittatura del relativismo). Perciò abbiamo assistito alle campagne a favore del divorzio, dell’aborto, dell’omosessualità, dell’eutanasia che, come piaghe apocalittiche, si sono abbattute sull’umanità.

Quali ne sono state le conseguenze? Si è costatata l’esistenza di un’emergenza educativa nel senso che non possediamo più una paideia, un patrimonio da trasmettere idealmente alla futura generazione. Ogni differenza tra buono e cattivo, vero e falso, bello e brutto sembrano cancellate in nome di una tolleranza che assomiglia in realtà a un suicidio: è come se in nome della libertà di stampa e della tolleranza non volessimo più impedire la diffusione delle istruzioni diffuse da coloro che si propongono di distruggere l’umanità. Non sappiamo più se c’è qualcosa per cui dichiararci disposti a dare la vita, se occorresse.

Si assiste indifferenti all’ingresso in Europa di numerosi extracomunitari che si annunciano come non assimilabili. Essi hanno abbandonato i loro Paesi, che perciò risultano impoveriti di forze lavorative giovani. Qui da noi essi devono adattarsi a lavori che noi non vogliamo più eseguire, come se da noi nascessero persone che saranno solo amministratori delegati di grandi aziende.

Se non ci fosse stato l’aborto generalizzato, ogni anno avremmo avuto l’incremento di circa 200.000 persone, aventi a disposizione un decoroso sistema scolastico, con università e centri di ricerca. Non trovando un lavoro adeguato, quelle persone avrebbero potuto trasferirsi in Asia o Africa per impiantare aziende e traffici, forti delle conoscenze scientifiche acquisite. Dunque, per tempi lunghi, l’aborto è risultato un suicidio dell’Occidente e costituisce la premessa della sua eclissi come grande potenza economica, culturale, politica.

A suo tempo, la trappola fu di obiettare ai cattolici presenti in politica che se non volevano l’aborto per motivi religiosi, non potevano impedirlo ad altri, alla maggioranza, di praticarlo in modo libero e gratuito, dal momento che i ricchi lo praticavano in forza del denaro posseduto. Mancarono la capacità e la lungimiranza di chiarire che l’aborto è un male intrinseco, da rifiutare anche come male minore, perché l’aborto sarebbe stato banalizzato e praticato con motivazioni ridicole, con pericolose derive in direzione dell’infanticidio e dell’eutanasia dei malati non più recuperabili: ma in ogni caso, una società in cui manca la certezza del rispetto della vita risulta in qualche modo non vivibile e per tempi lunghi si condanna alla estinzione.

Questioni di logica

Le riflessioni che precedono sono state suscitate dalla lettura dell’importante libro di Giam-paolo Crepaldi, Il cattolico in politica. Manuale per la ripresa (Cantagalli, Siena 2010, pp. 200, euro 14,50). L’autore è l’attuale arcivescovo di Trieste ed è anche presidente dell’Osservatorio Internazionale card. van Thuàn sulla Dottrina sociale della Chiesa. Il libro ha meritato la prefazione del cardinale Angelo Bagnasco.

L’indice presenta la materia trattata divisa in due parti: la prima contiene i Criteri; la seconda i Contenuti dell’azione da consigliare ai cattolici desiderosi di mettersi in politica. Il libro risulta opportuno per quei politici già attivi da orientare e confortare nella loro azione, ma potrebbe fungere da vademecum per coloro che desiderassero mettersi al servizio del bene comune, ma sempre tenendo presente un’antropologia rispettosa del realismo, dopo il fallimento di ideologie che consideravano l’uomo come un mero accidente storico, perché – dicevano – solamente la classe sociale è immortale.

Mi si permetta un piccolo sfogo fondato sulla logica elementare. Quando due proposizioni risultano contraddittorie, dalla falsità della prima si evince la verità della seconda. Perciò, dalla falsità della proposizione per cui l’individuo è un mero accidente storico, dovrebbe apparire chiara la verità che solamente la persona ben viva e individuale è protagonista della storia. Ma non è stato così. Dal fallimento teorico e pratico del materialismo dialettico è discesa l’idea che non esiste nulla su cui fondare una qualche certezza: tutto è perfettamente indifferente, dal nulla veniamo e nel nulla precipitiamo, dopo aver speso una vita che non ha alcun senso.

Genitori, patria, famiglia, Dio sono parole prive di un qualche contenuto. L’uomo moderno è stato privato sia del dono di usare la logica elementare, sia del dono della saggezza metafisica, altrettanto elementare, che dovrebbe suggerirgli che dal nulla viene nulla. Egli impiega la logica solamente all’interno della specializzazione conseguita – biologia, fisica, marketing… – e per tutto il resto si affida ai giornalisti che hanno come referenti Oddifreddi, la Hack eccetera: costoro, se parlassero solamente di matematica o di astronomia, risulterebbero gradevoli e competenti, ma purtroppo parlano di Dio, uscendo dal loro orticello. Dovrebbero limitarsi a dire: non so se Dio esista o meno, perché l’esistenza di Dio non è misurabile come fanno le scienze della natura di cui noi ci intendiamo.

Da alcuni secoli, le scienze della natura hanno conseguito uno statuto epistemologico che le rende autonome, ossia non devono rendere conto dei princìpi a partire dai quali sviluppano le loro mirabili costruzioni, ma dimenticando che le scienze naturali misurano qualcosa di esistente. L’errore metafisico è di affermare che l’esistente misurabile dalle scienze è eterno o proviene dal nulla. Come fare a spiegare alla gente che dal nulla viene nulla?

Politica senza etica?

Il politico dovrebbe spiegare alla gente che egli è chiamato ad amministrare risorse finanziarie che per definizione sono limitate. Come spendiamo questi denari molto limitati? Possiamo accettare la presente concezione dell’etica secondo cui se io ho desideri devo considerarli obiettivi da raggiungere a qualunque costo? Ho o non ho diritto alla felicità così come io me la raffiguro soggettivamente?

Lo Stato del Nevada negli Usa vive coi proventi delle case da gioco di Las Vegas. L’80% della popolazione è costituita da vecchietti ancor verdi che spendono allegramente nelle slot machines la loro pensione, anche perché il clima è secco e caldo. Alle elezioni si presentano due partiti.

Uno è formato dai vecchietti che vogliono nuove case da gioco, incrementando la principale industria locale; l’altro cerca di curare gli interessi dei croupiers e degli altri lavoratori che hanno figli giovani e vorrebbero campi di atletica e scuole per coloro che si trovano all’inizio della vita: come fare perché le istanze di questo partito non siano sacrificate alla prevedibile vittoria del partito dei vecchietti?

La scienza della politica può rimanere svincolata dall’etica? Possiamo accettare l’idea che case da gioco o scuole siano scelte equipollenti? Se la vita umana non ha alcun senso e la morte è la chiusura degli scenari, forse risulta più allettante costruire case da gioco per finire in allegria, con morte procurata quando cessassi di divertirmi al tavolo verde…

La funga portata della «DsC»

1. Tra i criteri suggeriti dal Crepaldi c’è in primo luogo il dovere di affermare che il cristianesimo ha una dimensione pubblica di enorme importanza da circa due millenni. Tale dimensione pubblica, operante in modo poderoso nel terreno sociale, ha condotto l’Occidente ai vertici dello sviluppo mondiale, cosa non accaduta a confucianesimo, buddhismo o induismo.

Il cristianesimo ha fatto propri gli ideali dell’universalismo romano con apertura della cittadinanza a tutti gli uomini, dal momento che, secondo la nota affermazione di san Paolo «non c’è più greco o barbaro, uomo o donna, schiavo o libero, perché tutti sono una sola cosa in Cristo». Non ha senso dire: voi cristiani avete impedimenti provenienti da vostre vedute peculiari, prive di senso per noi che siamo emancipati, moderni, atei, evoluti, illuministi eccetera.

In realtà, bisogna prima discutere se la politica di oggi possa fare a meno della razionalità della fede cristiana. I borghesi del secolo passato salirono sul carro del vincitore, occupando tutti i poteri dello Stato, ma nei confronti del cristianesimo non commisero gli errori di oggi. Sapevano che la borghesia era una classe di minoranza e perciò, finché poterono, negarono il diritto di voto ai non abbienti, ma riconobbero sempre alla Chiesa la funzione di guida etica delle donne, dei contadini e dei giovani.

Il cristianesimo come filosofia dei poveri. Cavour, per i contadini presenti nelle risaie di famiglia in quel di Leri, stipendiava un cappellano perché continuasse a raccomandare di non rubare, di lavorare sodo, di non fare pasticci con le mogli altrui, di non ubriacarsi eccetera. Quale dei partiti di oggi è in grado di comunicare quegli insegnamenti ai popoli europei? Può il cristianesimo essere ridotto a credenza privata, senza alcun rilievo pubblico? Possono davvero gli euroburocrati farsi maestri di etica, oltrepassando i compiti che si sono assegnati circa la dimensione delle banane e il raggio di curvatura dei cetrioli?

2 La Chiesa cattolica, nel corso dell’ultimo secolo, ha elaborato una mirabile Dottrina sociale che fa impallidire qualunque altra dottrina socio-politica alternativa. Farebbero bene i sindacalisti di casa nostra a prenderla un poco in considerazione, in luogo di spendere la loro forza in ottuse lotte politiche che con i reali interessi dei lavoratori hanno poco in comune. Se io, per odio ideologico, ignoro il contenuto di quella dottrina, commetto un errore madornale, nel caso che la dottrina sociale proposta dalla Chiesa risultasse vera.

Esistono maggiori probabilità che essa sia efficace rispetto ai malconci relitti storici delle dottrine alternative, dominanti nell’ultimo secolo, visti i risultati cui siamo pervenuti. La Dottrina sociale della Chiesa si fonda sulla provata capacità di accordo tra la scienza e la fede, riconosciute come le ali necessarie alla ragione umana per volare.

3 I princìpi della Dottrina sociale della Chiesa escludono che dal conflitto possa venire qualcosa di buono. Dall’odio e dal contrasto rabbioso possono derivare solamente l’indebolimento dei due avversari. Non è vero che la guerra sia la grande ostetrica della storia. La competizione può avvenire solamente sul piano delle idee in un confronto razionale in grado di riconoscere la bontà di un’idea rispetto alla irrazionalità dell’idea  in  competizione. Non è vero che tutto si possa ottenere col ricorso alla pubblicità, coi relativi sondaggi di opinione.

4 Il principio della laicità della politica finora è stato invocato per tacitare la Chiesa o addirittura per distruggerla. Da Machiavelli in poi si sostiene che il politico ha il compito di fondare o accrescere la potenza dello Stato con tutti i mezzi, senza alcuna remora di natura morale. Sempre si dimentica di dire che l’impiego di mezzi malvagi presto o tardi si ritorce contro chi li impiega. Se io ho una partita di mercé avariata e decido di coprire la parte avariata con mercé buona, trovando un acquirente, posso pensare di aver fatto un buon colpo, ma perdo per sempre la possibilità di commerciare con quella persona: è controproducente mancare di riconoscere un proprio errore negli affari, con obbligo di rettifica.

Per una limpida coscienza

5 Un cattolico che entra in politica deve avere  sempre chiaro che i princìpi risultati contraddittori rispetto all’etica cristiana sono intrinsecamente errati e che nel medio e lungo termine comporteranno danni gravissimi. Anche all’interno di una banda di ladri occorre onestà nella spartizione del bottino, se si vuole proseguire in quella orribile attività. Ciò che si rivela autodistruttivo, per quanto allettante risulti nel breve periodo, risulterà deleterio più tardi. La garanzia di una coscienza autenticamente formata in politica risulta impagabile.

6 Qual è il significato politico di «princìpi non negoziabili»? I partiti che aspirano a ricevere il consenso dei cattolici devono sapere in partenza che non potranno proporre in corso d’opera leggi contraddittorie rispetto all’antropologia cristiana, perché i loro deputati non le voteranno, se vogliono essere coerenti con la propria coscienza.

7 I cattolici devono essere uniti in politica e presentarsi in un unico partito? Non sembra possibile l’unità dei cattolici in un unico partito, perché appartengono a ceti molti lontani tra loro, con aspirazioni economiche che possono risultare inconciliabili. La passata esperienza di un unico partito di ispirazione cristiana ha mostrato che in realtà esso è risultato composto di varie correnti tra loro discordanti. Non sembra possibile riproporre un’analoga esperienza. Se i cattolici saranno distribuiti tra vari partiti, ma i loro deputati renderanno nota la non disponibilità a provvedimenti legislativi in grave contrasto con la loro coscienza, potrebbero aprire un dibattito fecondo circa la non ammissibilità di quelle proposte in vari partiti.

8 È possibile ottenere l’inserimento di nuove ideologie in una politica razionale? Si è sempre pensato che sia un bene espandere i benefici della cultura al maggior numero di persone possibile. Voltaire affermava di attendere con impazienza il giorno in cui da ogni villaggio francese fosse uscito il parroco, sostituito da un maestro. Ottimo, ma solo a patto che i nuovi acculturati leggessero Omero, Tucidide, Platone…

Dalla frequenza generalizzata della scuola superiore, purtroppo, sì è ottenuto solamente il passaggio dalla sana ignoranza alla mezza cultura che disprezza tutto ciò che oltrepassa il proprio modesto orizzonte. Da dilettanti si seguono i propri impulsi. A scuola le maestre insegnano ad amare gli animali. Perciò cani e gatti non sono più perseguitati dai ragazzacci che tagliavano la coda alle lucertole e staccavano le ali alle mosche. Fatti adulti, avendo sempre negli occhi i film di Walt Disney, quei signori diventano animalisti, protestando perché mancano ambulanze per il pronto soccorso dei cani investiti per strada.

Il municipio non ha spazio per i veicoli posteggiati in area pubblica: se osa tagliare un albero, nonostante la promessa di piantarne altri cinque, i verdi insorgono e bloccano ogni progetto. La stessa cosa per le polveri fini dell’aria, per le centrali elettriche eccetera: che cosa fare con questi casi di nuova sensibilità?

Mi hanno avvertito di trattare con delicatezza la nuova sensibilità nei confronti del fumo, delle persone grasse eccetera: si tratta di nuova sensibilità suggerita in qualche misura dal predominio dell’estetica più che della razionalità, ma sarebbe pur sempre un modo per avvicinarsi alle persone, suggerendo che oltre all’antipatia per gli eccessi alimentari ci fosse antipatia per l’aborto, per il razzismo eccetera: ammetto che bisogna essere pazienti e perdonare molti squilibri di sensibilità.

Il pensiero debole & il cristiano

Come può un politico cristiano recuperare le nuove ideologie espresse dal pensiero debole? In luogo di proclamare i diritti degli animali o la difesa del verde, o la nettezza dell’aria bisogna riuscire a spiegare a ognuno che chi maltratta gli animali si comporta in modo irrazionale e che un vero uomo non può permettersi atteggiamenti privi di razionalità.

Il problema è sempre quello antropologico, ma non viene affrontato, preferendo schierarsi per l’ecologismo, il vitalismo, lo scientismo, il terzomondismo, il materialismo, il pauperismo, l’ideologia di gender, la difesa della diversità, l’economicismo, il narcisismo…

Quando papa Benedetto XVI parla di dittatura del relativismo non dice sciocchezze e rimanda alla sua enciclica Caritas in ventate, che dovrebbe essere la Magna Charta per il politico cristiano. I temi del dibattito serio del politico cristiano, ossia i contenuti che hanno diritto di priorità, sono la difesa della vita, perché ci troviamo in un momento in cui la biologia celebra i suoi trionfi, ma spesso agisce come l’apprendista stregone della favola, in grado di scatenare forze che poi non riesce a dominare.

Affermare che deve essere lecito tutto ciò che tecnicamente è possibile, per esempio la costruzione di chimere ottenute con inserimento nel Dna umano di geni appartenenti ad animali per controllare che cosa succede, risulta affermazione della massima gravita, perché equivale a dire: se ciò che uscirà è positivo ce lo teniamo, se aberrante lo distruggiamo.

La famiglia come fondamento

Altro tema di incandescente rilievo è la protezione e la valorizzazione della famiglia che rimane la società umana più semplice, più conveniente per accogliere la vita e per educare figli ottenuti nei modi più naturali ed economici. Se l’Europa inventa un nuovo reato, quello di omofobia, quando si afferma che «famiglia è solamente l’unione stabile di un vero uomo con una vera donna che si propongano di mettere al mondo figli», accetto di essere indiziato per quel reato, che in realtà è il diritto di ribadire il significato di parole che hanno millenni di vita nel senso indicato.

Corollario di quanto sopra è la libertà delle famiglie di educare i figli alla luce dei valori in cui esse credono. Da Rousseau in poi si pensa che l’educazione dei giovani è un compito dello Stato, misconoscendo che l’educazione è una specie di seconda nascita ai beni dello spirito e che lo Stato ha il dovere di fornire i mezzi, perché questa seconda nascita avvenga nel massimo rispetto dei diritti dei genitori.

Altro corollario è la promozione del diritto alla libertà religiosa. Ciò significa che lo Stato non può assumere un orientamento ufficialmente ateo, con proibizione del culto pubblico delle varie religioni, così come non può adottare un laicismo di Stato avente la stessa funzione della proibizione del culto religioso ancora presente in molti Paesi.

Occorre che il politico cattolico assuma posizione netta nei confronti del lavoro umano, da intendere sempre come scambio di servizi sociali tra uomini, che mediante il lavoro ben fatto degli altri, contraccambiato dal proprio lavoro altrettanto ben fatto, rendono la vita sociale felice. Bisogna insegnare a lavorare e pretendere che ciascuno lavori al massimo delle proprie possibilità, evitando privilegi, disservizi, egoismi, pigrizie, inadempienze presenti negli uffici pubblici e in quelli privati. Il lavoro permette di intervenire a vantaggio di coloro che non possono provvedere col lavoro al proprio mantenimento, sempre ricordando che il lavoro moderno sta diventando un privilegio per pochi e che tanti sono in grado di esercitare solamente lavori che non sono più richiesti.

Certamente lo Stato risulta sempre più bisognoso di riforme. Esso deve risultare al servizio del bene comune, non delle categorie più robuste che navigano col favore del vento. Le immigrazioni sono l’emergenza in questo momento, ma non possono essere affrontate solamente coi provvedimenti di polizia. Occorre immaginare la società del futuro che funzioni senza distruggere la cultura passata. Occorre una gestione responsabile dell’ambiente, ma senza pensare che tutte le attività industriali siano ricollocate in India o in Cina.

Occorre promuovere la conoscenza della vera identità dell’Europa che finora non è stata identificata. Infine occorre conoscere il giusto concetto di nazione senza permettere che si trasformi in nazionalismo. Non sono davvero piccoli i compiti che attendono il politico cattolico, sempre ricordando che non ha un handicap in più rispetto agli altri politici, ma semmai il vantaggio di maggiore protezione dall’errore, se vive fino in fondo il suo cattolicesimo.