Bonhofer, la resa della secolarizzazione

Dietrich Bonhofer

Il Timone n. 166 Settembre-Ottobre 2017

Ammirato nei seminari e citato nelle tesi, l’evangelico Bonhoffer ha diffuso idee pericolose per la fede. Come il processo di adeguamento senza argini alla mondanizzazione. Che mostra un Dio sottomesso a un uomo che lo rifiuta

 di Claudio Crescimanno

Dietrich Bonhoeffer è una delle figure più rappresentative e contemporaneamente una delle più controverse del protestantesimo evangelico dell’Europa della prima metà del Novecento. Anche il suo influsso sulla teologia cattolica del secondo Novecento è tutt’altro che trascurabile.

Indubbiamente la sua vivida intelligenza e i suoi precoci successi accademici gli hanno meritato giusta ammirazione; ancora di più la sua eroica opposizione al mostruoso regime nazista in nome del Vangelo e del comune senso di umanità per i redenti di ogni confessione, la strenua opposizione ai capi della sua stessa chiesa luterana che si erano mostrati immediatamente proni al tiranno, il coraggio di impegnarsi in prima linea contro uno Stato disumano e, infine, l’eroica morte subita per aver combattuto contro il male, tutto questo lo rende un personaggio di indiscussa statura morale.

Detto questo, però, non si può tacere il fatto che il passaggio all’ammirazione per le sue doti intellettuali e morali alla scelta di porlo come autorevole maestro di pensiero culturale e soprattutto teologico in ambito cattolico è assolutamente ingiustificato e gravemente dannoso per l’ortodossia della dottrina della Chiesa.

Un rovesciamento a scapito della fede

Tra poco infatti diremo qual è il cuore del pensiero di Bonhoeffer e capiremo quale rovesciamento di prospettiva filosofica e religiosa egli operi a scapito della fede; quindi sarà evidente la pericolosità di cui stiamo dicendo. È necessario però precisare subito che ci concentriamo su di lui perché Bonhoeffer non è uno dei tanti: anche se in questi ultimi anni l’attenzione per le sue opere e per la visione teologica che esse ispirano è andata calando, l’influsso che questo autore ha avuto nella formazione impartita dalle facoltà teologiche e dai seminari e studentati religiosi di tutto il mondo è stata molto forte per almeno quarantanni, dalla fine del Concilio vaticano II in poi.

Ancora oggi molti sacerdoti e vescovi, che hanno compiuto in quegli anni i loro studi, lo citano frequentemente nei discorsi e nelle omelie e lo elogiano convintamente; tanti professori degli Istituti ecclesiastici lo indicano ai loro studenti, seminaristi e laici, come un’autorità dottrinale; è citato in modo sempre positivo ancora nella redazione di tante tesi per il conseguimento dei gradi accademici

Entusiasta della secolarizzazione

Dunque, perché tanta popolarità, anche se ormai avviata al tramonto? Il fatto è che la generazione di studiosi e ministri, sia protestanti sia cattolici, che nel secondo dopoguerra si sono improvvisamente trovati a far fronte al nuovo dilagante fenomeno chiamato secolarizzazione, con trepidazione e dovendosi riconoscere impreparati di fronte ad esso, hanno trovato negli scritti di Bonhoeffer che egli aveva già affrontato con vent’anni d’anticipo questo fenomeno e aveva sviluppato su di esso una originale, anche se sconcertante, riflessione.

Non deve stupire il fatto che a questo punto sia scattato un comprensibile e umanissimo meccanismo che fa assurgere ad autorità indiscussa colui che prima di tutti aveva colto ciò che ancora era in divenire e ne aveva elaborato una personalissima sintesi, indipendentemente dalla problematicità delle conclusioni a cui l’autore era arrivato. Anzi, sono quelli gli anni in cui più un teologo propone valutazioni e soluzioni fuori dagli schemi, che sovvertono l’impostazione tradizionale di un problema, più tale teologo diviene facilmente un maestro.

Non stupisce quindi che l’approccio proposto da Bonhoeffer alla grande emergenza culturale e religiosa del nostro tempo, la secolarizzazione, sia divenuto per decenni paradigmatico. Egli infatti – e veniamo al punto cruciale – rovescia la questione: di fronte all’avanzare di questo processo di smarrimento della fede e del senso di appartenenza al cristianesimo le confessioni cristiane non dovrebbero, secondo lui, tentare di porre argini di passare al “contrattacco”, ma piuttosto cambiare parametro, adeguarsi al processo irreversibile innescato dalla modernità e sposarne convintamente il fattore liberante che porta finalmente il cristianesimo ad essere davvero se stesso.

La secolarizzazione dunque, secondo Bonhoeffer, non è la nemica della fede cristiana, ma la sua più grande benefattrice

Un Dio sottomesso all’uomo

Perché questo rovesciamento di prospettiva a dir poco sorprendente? Bonhoeffer lo spiega partendo da quello che secondo lui è un dato di fatto: l’uomo moderno si è staccato definitivamente dal Dio che tutte le religioni, pur con mille varianti, presentano, il Dio che crea l’uomo, che governa il mondo con le sue leggi, che dice all’uomo cosa è bene e cosa è male, che chiede preghiere e sacrifici, che promette premio e castigo dopo la morte.

È questo il Dio che la modernità rifiuta. Se le chiese si ostinano a identificare questo Dio con il Dio che presenta la Bibbia, allora anche la fede cristiana andrà incontro a un inesorabile rifiuto. Ma – secondo Bonhoeffer – non deve essere così. Il rifiuto del mondo secolarizzato per il Dio “religioso” è un dono immenso per la fede biblica, perché finalmente le confessioni cristiane saranno costrette, per non morire, a liberare il Dio di Gesù Cristo da tutte le incrostazioni religiose.

La fede si arrende e si adegua al mondo

Dunque il cristianesimo deve presentare non un Dio superiore all’uomo – inaccettabile per il mondo moderno – ma un Dio che si sottomette e che si umilia davanti all’uomo, così che l’uomo secolarizzato lo possa accettare senza sentirsi minacciato nella propria volontà di potenza. Ed ecco infatti che il Dio biblico, al contrario di quello presentato dalla filosofia e dalle religioni, rappresenta se stesso nella vicenda simbolica – secondo Bonhoeffer – dell’uomo Gesù di Nazareth: una vicenda di un Dio che si rimpicciolisce per non sovrastare l’uomo (l’incarnazione che condanna il male, ma non gli uomini che lo fanno (la crocifissione); che offre a tutti l’orizzonte di una vita più bella, più grande, più umana (la risurrezione).

Non ci dilunghiamo oltre, ma ciò mostra già che il Dio di cui parla Bonhoeffer non è realmente il Dio che si presenta a noi nella rivelazione biblica ebraico-cristiana, e che non può essere altro che il medesimo Dio che la ricerca religiosa dell’uomo e dei popoli riconosce nell’opera della creazione e al quale la ragione umana si innalza, fin dove può, mediante la filosofia; quello di Bonhoeffer è un Dio che si lascia plasmare dalle esigenze di un mondo che lo rifiuta.

In questo modo l’intenzione di cercare di trasformare il fenomeno della secolarizzazione, cioè l’attacco culturale più aggressivo che il cristianesimo abbia mai dovuto affrontare, in un alleato anziché in un nemico, sfocia in una resa della fede e in un suo adeguamento al mondo.

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UCCISO DAI NAZISTI

Nasce nel 1906 a Breslavia, in Polonia, da una famiglia tedesca e di stretta osservanza luterana, poiché la madre è figlia di uno dei cappellani della corte imperiale germanica. Poco dopo la sua nascita, la famiglia si trasferisce a Berlino e il ragazzo cresce con una spiccata inclinazione religiosa e manifesta ben presto l’intenzione di dedicarsi agli studi teologici e al ministero.

A soli ventiquattro anni è contemporaneamente insegnante di teologia e predicatore apprezzatissimo presso le comunità tedesche di varie capitali europee. Quando il nazionalsocialismo prende il potere in Germania e la chiesa evangelica si schiera al suo fianco, Bonhoeffer si unisce al pastore K. Barth che capeggia una minoranza di pastori e fedeli che non accettano tale decisione, e insieme fondano la “chiesa confessante” opposta al regime.

Quando scoppia la guerra (1939-1945) Bonhoeffer entra a far parte della Resistenza e collabora attivamente ai due tentativi fatti per uccidere Hitler. Nell’aprile del ’44 viene arrestato dalla Gestapo e inviato campo di Buchenwald e poi in quello di Flossenburg dove verrà ucciso un anno dopo.