Mamma, papà e figli: la vera integrazione europea

petizione_famigliaLa Croce quotidiano 4 maggio 2016

Al via la petizione popolare “Mum, Dad and Kids”, per il riconoscimento giuridico della famiglia naturale nei trattati dell’Unione europea. In prima fila le associazioni pro-family dell’Italia (col Comitato “Difendiamo i nostri figli”) e della Romania (rappresentata dalla “Coalizione per la famiglia”)

Giuseppe Brienza

È partita un’iniziativa di cittadini europei per proteggere il matrimonio e la famiglia nell’UE. Lo scopo è quello di proporre un regolamento comunitario che definisca il significato del matrimonio come un’unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio o la discendenza e la filiazione. La petizione “Mamma, papà e figli” (“Mum, Dad and Kids”), è stata lanciata il 4 aprile 2016 dai movimenti pro-family di sette Paesi membri dell’Unione europea, fra cui l’Italia, con il Comitato “Difendiamo i Nostri Figli” diretto dal prof. Massimo Gandolfini, e la Romania con la “Coalizione per la Famiglia” (“Coaliția pentru Familie”).

I promotori della petizione, per evitare che l’Unione europea favorisca e, in prospettiva, “imponga” una relativizzazione definitiva del matrimonio e della famiglia in tutti gli Stati membri, intendono far leva sull’articolo 9 della “Carta di Nizza”, poco rispettato negli ultimi anni da Commissione e Corte europea. Per proteggersi dalle interferenze delle Istituzioni di Bruxelles e Strasburgo, infatti, i Paesi membri hanno inserito a suo tempi una tale norma che, chiaramente, avrebbe dovuto assicurare che «il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia» siano «garantiti  secondo  le  leggi  nazionali  che  ne disciplinano  l’esercizio» (Carta dei diritti fondamentali dell’UE, art. 9: cfr. “Gazzetta ufficiale delle Comunità europee”, C 364/1, 18 dicembre 2000).

Il significato della petizione “Mamma, papà e figli” che, ufficialmente, è stata registrata dalla Commissione europea l’11 aprile, è stato così illustrato da uno dei dirigenti del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, l’avvocato Simone Pillon: «in molti Paesi ci si è allargati ad una definizione di famiglia che non rispecchia più la realtà. Ci sono, quindi, alcuni Paesi che intendono come famiglia anche tre, quattro persone che vivono insieme, legate magari da una relazione di poli-amore. Se tutto è famiglia, se ogni relazione è considerata familiare, a quel punto anche le politiche sociali non possono più andare a incidere efficacemente. E guardate che non manca molto perché si arrivi ad un totale stop delle politiche familiari. È chiaro, infatti, che se la mano pubblica deve andare incontro, di fatto, a tutti i soggetti, perché tutti si ritengono famiglia, a quel punto non ci saranno più le risorse per andare a fare politiche selettive per quel nucleo sociale e relazionale che è la famiglia» (cit. in Marco Guerra, Al via petizione per la definizione di famiglia nei trattati Ue, in “Notiziario Radio vaticana”, 11 aprile 2016).

Secondo il diritto comunitario, per poter avanzare una petizione europea devono essere raccolte almeno un milione di firme entro 12 mesi in tutti gli Stati membri e, una quota minima di sottoscrizioni, deve essere raggiunta in ogni singolo Paese (54 mila in Italia). Ciò è necessario affinché la Commissione europea prenda in considerazione la proposta al termine della raccolta delle firme.  La Commissione Europea teoricamente dovrebbe dare una risposta a ciascuna petizione regolarmente presentata ma, in passato, per implicita censura ideologica ha mancato di farlo nel caso dell’iniziativa “Uno di noi” (“One of us”) promossa dai Movimenti per la vita europei in favore dei diritti del concepito.

Per evitare ciò gli organizzatori della petizione si sono posti come obiettivo quello di raccogliere un numero di sottoscrizioni molto superiore a quello previsto dal regolamento UE, al fine di dare un segnale più forte, da parte dei cittadini europei, in difesa del matrimonio e della famiglia. È un po’ quanto sta facendo uno dei maggiori movimenti pro-family coinvolti, la rumena “Coalizione per la Famiglia” (www.coalitiapentrufamilie.ro), che negli ultimi quattro mesi ha raccolto circa 3 milioni di firme a sostegno del progetto di legge di revisione dell’articolo 48 (1) della Costituzione, al fine di “blindare” anche l’ordinamento nazionale ai tentativi di demolizione del matrimonio.

La raccolta, finita lo scorso 24 aprile, ha mobilitato associazioni di famiglie e gruppi di volontari di tutte le 42 contee del Paese (circa 70.000 persone impegnate in tutto), giungendo allo straordinario risultato di un numero di firme pari a sei volte in più di quello richiesto dalla legge nazionale per promuovere l’iniziativa legislativa (500.000). Un risultato senza precedenti nella storia delle iniziative popolari non solo dei cittadini della Romania ma di tutta Europa!

Nel maggio prossimo la “Coalizione per la famiglia” darà inizio alla seconda fase della sua iniziativa nazionale: la presentazione degli elenchi di firme al Parlamento di Bucarest dopo che, auspicabilmente, la Corte Costituzionale abbia validato, nella sostanza e nella forma, la proposta di revisione costituzionale. L’emendamento proposto da “Coaliția pentru Familie” mira a introdurre in Costituzione la definizione della famiglia naturale, composta da un uomo e una donna uniti in matrimonio, previa ottenimento dell’approvazione a maggioranza qualificata da parte dei due terzi dei parlamentari. L’articolo, quindi, dovrebbe essere sottoposto a ratifica tramite referendum popolare.

La Carta fondamentale della Romania, adottata il 21 novembre 1991 ed emendata con la legge costituzionale 29 ottobre 2003, attualmente prevede anche un altro articolo che, impegnativamente intitolato “Libertà di Coscienza”, è suscettibile di porsi in contrasto con i programmi e le ideologie, in materia di educazione ed istruzione pubblica, promossi dall’Unione europea negli Stati membri. Ci riferiamo, naturalmente, agli studi di Gender, volti a decostruire l’identità personale e sessuale dei minori, destinati ad essere imposti nelle scuole e nei vari istituti formativi, anche a prescindere dal consenso genitoriale.

 L’art. 29 della Costituzione rumena, da questo punto di vista, riconosce invece ai genitori «[…] il diritto di assicurare ai minori l’educazione che sia in accordo con le proprie convinzioni» personali (comma 6). Nello stesso tempo, l’art. 48 stabilisce esplicitamente che, ogni condizione «[…] per contrarre, dissolvere o annullare» il vincolo matrimoniale sono stabilite dalla legge nazionale» (comma 2). L’attuale proposta popolare di emendamento costituzionale, in opposizione agli orientamenti consolidatisi negli ultimi anni nell’Ue, è stata presentata al fine di evitare l’introduzione nell’ordinamento rumeno delle c.d. Unioni civili, comprese quelle omosessuali, con relativo diritto di adozione.

La citata iniziativa mira quindi a modificare l’art. 48 della Costituzione che, nella formulazione attuale, recita: «La famiglia è fondata sul matrimonio liberamente contratto tra sposi, sulla loro eguaglianza e sul diritto/dovere dei genitori di garantire il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli». A motivo della genericità del termine «sposi», ad avviso dei promotori sarebbe possibile alle istituzioni europee indurre una interpretazione diretta ad equiparare la famiglia alle Unioni civili. Per evitare tale rischio l’emendamento vorrebbe quindi riformulare così il testo dell’articolo citato: «La famiglia è fondata sul matrimonio liberamente contratto tra un uomo ed una donna, sulla loro eguaglianza e sul diritto/dovere dei genitori di garantire il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli».

La raccolta firme in corso della petizione europea “Mamma, papà e figli”, quindi, dopo l’exploit rumeno, rappresenta senza dubbio un’occasione non solo per respingere l’attacco indiscriminato ai diritti delle famiglie e dei bambini ma anche per riaprire un dialogo ed una dialettica diretta tra i cittadini e le famiglie del Vecchio continente e le istituzioni europee. Uno strumento per ribaltare la formula del “ce lo chiede l’Europa”, ha commentato Jacopo Coghe, componente del direttivo del Comitato “Difendiamo i nostri figli”.

«I cittadini sono stanchi di sentirsi dire come giustificazione che queste leggi sulle Unioni civili, sull’inserimento del gender nei programmi scolastici, sono un’imposizione che viene dall’Europea, che è qualcosa che ci chiede l’Europa – ha giustamente affermato Coghe -. Con questa iniziativa penso che i cittadini, per la prima volta, possano loro chiedere qualcosa all’Europa. C’è un ribaltamento quindi: non è più l’Europa che ce lo chiede, ma è il popolo che chiede all’Europa che venga inserita la definizione del matrimonio come unione tra un uomo e una donna» (art. cit).

La raccolta delle firme “Mum, Dad and Kids” è già iniziata in tutti i 28 Stati membri dell’Ue e terminerà il 3 aprile 2017. La petizione può essere sottoscritta on line all’indirizzo www.mumdadandkids.eu o, su carta, scaricando il modulo dallo stesso sito internet, spedendolo poi all’indirizzo indicato sul web. Per ulteriori informazioni si veda il sito del Comitato “Difendiamo i nostri figli”: www.difendiamoinostrifigli.it. Il futuro dei nostri figli e delle generazioni di Europei che verranno dipendono sempre da noi…