A 60 anni dalla scomunica: le ragioni di un “no” che cambiò la storia

scomunica_Pcisussidiario.net  lunedì 6 luglio 2009

di Luciano Garibaldi

Ebbe l’indubbio effetto di ridimensionare – e per sempre – le ambizioni del Partito Comunista Italiano. Da un punto di vista rigorosamente storico, si può affermare senza ombra di dubbio che la presa del potere, in Italia, da parte degli uomini di Stalin fu evitata proprio grazie a quel provvedimento. Stiamo parlando del decreto del 1° luglio 1949 emesso dalla Congregazione del Sant’Uffizio e passato alla storia come il decreto di scomunica dei comunisti.

Sono trascorsi, da allora, sessant’anni ed è davvero venuto il tempo di storicizzare quell’evento che rappresentò, per la strategia di conquista del potere studiata a Mosca e messa a punto a Botteghe Oscure, una sconfitta irreparabile e definitiva. Da cui l’odio mortale della sinistra – che dura tutt’ora – nei confronti del grande Pontefice, Pio XII, che aveva avallato il decreto.

Ma vediamone il testo:

È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione», scrissero i Cardinali che componevano il Collegio, 1. Se sia lecito iscriversi al partito comunista o sostenerlo; 2. Se sia lecito stampare, divulgare o leggere libri, riviste, giornali o volantini che appoggiano la dottrina o l’opera dei comunisti, o scrivere per essi; 3. Se possano essere ammessi ai Sacramenti i cristiani che consapevolmente e liberamente hanno compiuto quanto scritto nei numeri 1 e 2; 4. Se i cristiani che professano la dottrina comunista materialista e anticristiana, e soprattutto coloro che la difendono e la propagano, incorrano ipso facto nella scomunica riservata alla Sede Apostolica, in quanto apostati della fede cattolica.

Gli Eminentissimi e Reverendissimi Padri preposti alla tutela della fede e della morale, avuto il voto dei Consultori, nella riunione plenaria del 28 giugno 1949 risposero decretando:

– negativo: infatti il comunismo è materialista e anticristiano; i capi comunisti, sebbene a volte sostengano a parole di non essere contrari alla Religione, di fatto, sia nella dottrina sia nelle azioni, si dimostrano ostili a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo;

– negativo: è proibito dal diritto stesso (cfr. canone 1399 del Codice di Diritto Canonico);

– negativo, secondo i normali princìpi di negare i Sacramenti a coloro che non siano ben disposti;

– affermativo.

Il giorno 30 dello stesso mese ed anno il Santo Padre Pio XII, nella consueta udienza all’Assessore del Sant’Uffizio, ha approvato la decisione dei Padri e ha ordinato di promulgarla nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis.

Sarà questa decisione di Pio XII a farne un nemico assoluto per i comunisti e i loro tirapiedi, e a indicarlo a scrittori, propagandisti e falsificatori della storia come l’obiettivo principale da colpire. Difatti, tra non molto avrà inizio la sarabanda, con la rappresentazione, al Freie Volksbühne di Berlino, dell’opera teatrale di Rolf Hochhuth «Il Vicario», dove la mancata presa di posizione ufficiale del Papa contro il nazismo viene giudicata complicità con l’Olocausto.

Ma una clamorosa smentita alla tesi sostenuta dal commediografo verrà addirittura da Albrecht von Kessel, inserito nel dramma in quanto stretto collaboratore dell’ambasciatore tedesco in Vaticano, Ernst Von Weizsäcker, che in un’intervista dichiarerà: «Hitler era uomo capace di ogni crimine. Noi tutti eravamo, senza eccezione, d’accordo su un punto: una protesta solenne di Pio XII contro la persecuzione degli ebrei avrebbe esposto lui e tutta la Curia romana al massimo pericolo e non avrebbe salvato la vita a un solo ebreo».

Come se niente fosse, alla commedia di Hochhuth fanno seguito i libri di Daniel Goldhagen «Hitler’s willige Vollstrecker» (in Italia «I volonterosi carnefici di Hitler») e di John Cornwell «Hitler’s Pope» (in Italia «Il papa di Hitler»).

Dal canto suo, nel film «Amen», il regista Costa Gavras racconterà la storia di un ufficiale delle SS che avrebbe tentato invano di far sapere al Papa l’uso del Zyklon B per sterminare gli ebrei nei Lager. Avendo trovato ostacoli insormontabili nel portare a termine il suo intento, l’ufficiale si sarebbe consegnato ai francesi e sarebbe poi morto suicida. Ovviamente, la saga sinistroide (e sinistra) continua. Ci vorranno secoli per mandare in soffitta quel decreto che, comunque, ebbe un ruolo fondamentale nel preservare l’Italia dal purgatorio dell’Europa dell’Est.

Un ruolo fondamentale, nel diffondere – tra i cristiani che, ai seggi elettorali, votavano falce e martello – il fatale ripensamento, lo ebbero le diocesi locali, che diffusero e affissero migliaia di manifesti contenenti la sintesi del decreto. Celebre quello della Curia di Piacenza, sul quale poteva leggersi:

È peccato grave iscriversi al PC; favorirlo in qualsiasi modo, specie nel voto; leggere la stampa comunista. Quindi, non si può ricevere l’assoluzione se non si è pentiti e fermamente disposti a non commettere più gli anzidetti peccati gravi. Chi fa propaganda per il PCI è apostata della fede e scomunicato.

Furono migliaia i cristiani, specie le donne di una certa età, a farsi venire i brividi al pensiero che i loro mariti e figli potessero finire all’inferno perché leggevano «L’Unità» e votavano per Togliatti.

Negli anni che seguirono, la tensione si attenuò, finché, subito dopo la morte di Pio XII, tutto finì in una bolla di sapone. Artefice, il nuovo Pontefice Giovanni XXIII, il «Papa buono», così ribattezzato da quegli organi di stampa da sempre controllati dai compagnucci della parrocchietta, che sottintendevano – ovviamente – la sua contrapposizione con l’innominato ed innominabile «Papa cattivo».

Il 25 marzo 1959, a pochi mesi dalla morte di Papa Pacelli e dall’elezione al soglio pontificio di Papa Roncalli, la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio tornò a riunirsi ed emise e il seguente decreto:

È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione se sia proibito ai cittadini cattolici dare il proprio voto durante le elezioni a quei partiti o candidati che, pur non professando princìpi contrari alla dottrina cattolica o anzi assumendo il nome cristiano, tuttavia nei fatti si associano ai comunisti e con il proprio comportamento li aiutano.

«I Cardinali preposti alla tutela della fede e della morale rispondono decretando: negativo (cioè: non è proibito; n.d.r.), a norma del Decreto del Sant’Uffizio del 1/7/1949, numero 1.

Segue comunicato del Sant’Uffizio:

Il giorno 2 aprile 1959 il Papa Giovanni XXIII, nell’udienza al Pro-Segretario del Santo Uffizio, ha approvato la decisione dei Padri e ha ordinato di pubblicarla.

Da quel giorno, i don Gallo presero a nascere come i funghi

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Riceviamo e pubblichiamo un commento a questo articolo  di don Pietro Cantoni:

Mi riferisco all’articolo “A 60 anni dalla scomunica: le ragioni di un “no” che cambiò la storia” di Luciano Garibaldi. Contiene un gravissimo errore. Il decreto del beato Giovanni XXIII non solo confermò quello di Pio XII, ma ne allargò la portata, dilatandolo anche a coloro che “si attribuiscono … il nome cristiano”.

La risposta “negative” infatti non si riferisce ad un inesistente “è proibito”, ma ad un “è lecito (“utrum liceat”). Quindi significa “non è lecito”.Il decreto si può consultare in versione latina originale e in corretta traduzione italiana nell’edizione bilingue pubbicata dalla EDB: H. Denzinger, Enchiridion Symbolorum, a c. di P. Hünermann, EDB, Bologna 2001, n. 2930.