Il futuro del Paese passa dalla sussidiarietà

sussidiarietàIl Messaggero, 14 luglio 2008

Andrea Monorchio e Luigi Tivelli

Nello stesso giorno due fra i ministri di maggior peso di questo governo, Franco Frattini, in un’intervista sul Messaggero, e Giulio Tremonti sul Corriere della Sera rilanciano il federalismo fiscale come priorità fondamentale per il Paese.

Federalismo fiscale può significare settore pubblico più pesante o più leggero, meno Stato e più privato, meno spese e meno tasse, a condizione che sia accompagnato da quella che è l’altra faccia del Federalismo, una faccia però sin qui molto oscurata: la regola e la pratica della sussidiarietà.

La sussidiarietà è infatti il grimaldello non solo per rifondare lo Stato in senso federale ma, anche per ricostruire un serio rapporto tra Stato, cittadini e imprese. Un rapporto più che mai squilibrato e sfilacciato, man mano che lo Stato dimostra scarso senso dei cittadini e questi di conseguenza dimostrano minor senso dello Stato e senso civico.

Eppure, a seguito dell’introduzione di una prima, forma di federalismo nella nostra Costituzione, il principio di sussidiarietà è entrato nell’ordinamento, per lo meno sulla carta, e potrebbe e dovrebbe essere la chiave di volta per una vera e seria rifondazione del rapporto tra pubblico e privato, uno dei fondamentali nodi irrisolti vale la pena di ribadirlo – che pesano sull’economia e sulla società italiana. “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni, favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento delle attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” recita l’ultimo comma del nuovo articolo 118 della Costituzione.

Si racchiude in questa norma quella che viene definita sussidiarietà orizzontale. Quella verticale è stata avviata .. con il trasferimento, in qualche caso un poco confusionale, di funzioni alle regioni e agli enti locali. Molto meno è stata invece incentivata l’applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale. Quello secondo cui spettano ai pubblici poteri, a partire dagli enti più vicini ai cittadini (i comuni), solo le funzioni che i privati, in forma singola, associata, cooperativa o di volontariato cono possono esercitare meglio.

Si tratta, per una parte molto significativa, di funzioni oggettivamente pubbliche, che non necessariamente debbono essere esercitate da soggetti pubblici, con presumibili significativi risparmi di spesa. Si pensi per tutti all’inflazione di municipalizzate (con il codazzo di migliaia di consiglieri di amministrazione) che sono soggetti sostanzialmente pubblici, nonostante il “belletto”; in vari casi, della forma della società per azioni.

Siamo pertanto ancora in presenza, tanto al vertice quanto in periferia, di una sorta di “statalismo pervadente e invasivo”, basato soprattutto sull’assunto che la larghissima parte delle attività di interesse pubblico debbano essere gestite in forma “statale” o “municipale” Questo genera una pesante “pressione burocratica”; non meno opprimente e disincentivante per i cittadini e per gli operatori della pressione fiscale.

Fortunatamente in vari settori, specie nelle regioni del Centro Nord, si sono liberate iniziative della società civile, vuoi promosse dalle varie associazioni cooperative o imprenditoriali, vuoi da soggetti di volontariato e del terzo settore vuoi da imprese tradizionali, che di fatto traducono spontaneamente il principio di sussidiarietà e, per fortuna, esercitano legittime epressioni aprendo dei varchi significativi sui vari monoloch pubblici.

E si tratta, in molti casi, di soggetti non certo pubblici, che si occupano però del bene pubblico e dei beni comuni, nella sanità come nei servizi sociali, come nei servizi alla persona in genere, nei servizi alle imprese, nell’istruzione come in varie altre attività economiche e sociali.

Peccato però che mediamente gli enti statali e territoriali, in questi anni abbiano fatto ben poco per liberarsi da pesi e zavorre, esternalizzare funzioni e incentivare una vera sussidiarietà, un principio su cui, fra l’altro, dovrebbe basarsi, secondo i trattati, la costituzione europea.

E’ questa una sfida da lanciare e possibilmente da cogliere, per abbattere monopoli ed oligopoli, favorendo quella seria concorrenza che, con la sua gemella siamese meritocrazia, dovrebbe generare lo slancio vitale per superare i vari statalismi e corporativismi che asfissiano la società italiana. Vogliamo dunque cominciare finalmente a coniugare insieme, sia nelle politiche pubbliche che nei commenti di opinione,federalismo fiscale e sussidiarietà?

(A.C. Valdera)