Quando demografia fa rima con ideologia

bomba_demograficaIl Secolo martedì 29 novembre 1994

La diffusione dell’ideologia anti-natalistica è accompagnata dall’affermazione nel linguaggio corrente di un’espressione terroristica come «bomba demografica». Uno slogan infondato, diffuso da centri culturali che esaltano anche il permissivismo sessuale

di Marco Respinti

La Conferenza del Cairo, organizzata in settembre dall’Onu su «Popolazione e sviluppo», ha riportato l’attenzione, almeno per un poco, sulle massicce politiche anti-nataliste promosse, sin dagli anni Sessanta, in occasione di meeting internazionali come questi in teoria dedicati appunto allo sviluppo delle popolazioni mondiali, quindi — sempre in teoria— allo sfruttamento delle risorse, alle politiche energetiche, alla scolarizzazione e agli strumenti di promozione umana, culturale e sociale.

Si finisce, invece, sempre per ribaltare le carte in favola, promuovendo concezioni quali la diffusione a tappeto della contraccezione e politiche globali inerenti alla sterilizzazione umana, nonché all’aborto praticato sistematicamente. Quello che più lascia esterrefatti — ormai lo ricordano in tanti — sono i coinvolgimenti, in tali campagne propagandistiche e in tali attività anti-nataliste, di organismi come l’Unfpa (United Nations Fund for the Population’s Activities), l’Unicef, l’Undp (United Nalions Development Programme), l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) e la Banca Mondiale — ossia, il «bel mondo» della filantropia e dell’internazionalismo umanistico-politico planetari.

A questi se ne aggiungono molti altri, privali (le cosiddette Ong, «Organizzazioni non governative») e non; fra le decine, ricordo «nomi grossi» come la Ford Foundation, l’Oas (Organizzazione degli Stati Americani), la Rockefeller Foundation, il Siena Club, la Trilaleral Commission, la United States Agency for International Development, il Worldwatch Institute e lo Zero Population Growth. In Italia, per quanto riguarda demografia e an-ti-Datalìsmo, qualcuno certo ricorderà il Club di Roma.

Al Cairo, la regia — come in precedenti edizioni di analoghe manifestazioni — è stata soprattutto del Population Council (fondato da John D. Rockefeller IH) e dell’Ippf (International Planned Parenthood Federa-tion), quasi la «mente» e il «braccio» delle politiche del «riassetto demografico» internazionale, entrambi nati nel 1952.

Ora, negli Stati Uniti esiste la Planned Parenthood (PP), un organismo affiliato all’Ippf, la cui fonda-trice, Margaret Higgins Sanger, ha ispirato molte delle idee miranti al controllo della cosiddetta «bomba demografica», coniando l’espressione birth control, «controllo delle nascite», una locuzione che ha progressivamente assunto il significato di manipolazioni artificiali ai danni della salute, della dignità e della libertà degli esseri umani.

La «bomba demografica», infatti, è un allarmismo di cui studiosi di indubbia fama, costantemente ma inascoltati, mostrano l’infondatezza, riproponendo riflessioni maggiormente realistiche su più assennate politiche energetiche e di utilizzo di risorse (l’uomo è scopritore/creatore di fonti di sostentamento e di energie alternative, come fece, per esempio, con quel petrolio che prima d’essere «oro nero» era maleodorante e inservibile rifiuto di natura), nonché sottolineando la strumentalizzazione a cui, spesso, certe statistiche ufficiali sembrano prestarsi.

Planned Parenthood, in America, persegue i propri fini anti-natalistici, da un lato promuovendo e favorendo precisamente il diffondersi di una mentalità abortiva come fatto di costume diffuso, dall’altro «preparando il terreno» con un’abile tecnica di sovversione del costume stesso, della mentalità e dei valori attraverso diverse camparne.

Questo secondo aspetto appare itinerario analogo  a quello attuato dalla cosiddetta «rivoluzione sessuale» che da noi ha accompagnato e cullato il ’68 e seguenti, producendo — per fare esempi clamorosi — esiti come quelle leggi sul divorzio e sull’aborto che hanno costituito, fra l’altro, vere e proprie crisi dell’Italia post-bellica e punte dell’iceberg del completo giro di boa compiuto dalla morale (latu sensu), ossia del comportamento sociale e dei valori.

Le armi della PP sono, infatti, la propagande o la tolleranza in favore del cosiddetto «libero amore», della promiscuità, dello stile di vita omosessuale e della contraccezione, magari promossa sfruttando lo spettro dell’Aids. Una società dove questi sono il tono e la normalità, presenta, come conquista sociale, libertà ed emancipazione ogni politica lesiva della dignità umana — nonché grondante di sangue — che mira unicamente al soddisfacimento degli istinti individualistici e ferali di un essere umano che, in quanto privo oramai d’ogni vincolo familiare, sociale, politico e religioso, tende ad affermarsi secondo la logica dell’homo homini lupus.

Per contribuire a combattere questa mentalità promossa dalla PP, la Heritage House ’76 — una casa editrice di Snowflake, in Arizona — stampa e distribuisce capillarmente un pieghevole curato dall’associazione privata Stopp (acronimo di Stop Planned Parenthood) e intitolato Planned Parenthood. It ‘s not what you think!

Le citazioni tratte da materiale della PP hanno dello scandaloso. Vi si legge, fra l’altro, questo passo estratto dal pamphlet «educativo», distribuito dalla PP, Sex, The First Time or Anv Time: «Il rapporto [sessuale] non è l’unica via. Baci, abbracci, toccamenti, masturbazioni e sesso orale sono spesso molto eccitanti e soddisfacenti».

Oppure, l’affermazione di Debra W. Haffher (dal Siecus Report, settembre-ottobre 1988), educatrice della PP, fatta durante una sessione d’istruzione per istitutori e insegnanti: «Dovremmo insegnare ai ragazzi il sesso orale e la masturbazione reciproca per aiutarli a ritardare l’inizio del rapporto sessuale e le conseguenze che ne derivano». Infatti, la paura dell’Aids è divenuto un grande mezzo per la diffusione di mentalità contraccettive «utili» alla «causa» della PP, se si pensa che l’aborto, spesso, rientra in esse.

Ma il pieghevole ricorda, anche, che dal 10% e al 30% dei rapporti sessuali con uso di preservativi porta comunque alla gravidanza (quindi, potenzialmente, potrebbe portare anche all’Aids); e che, mentre una donna è feconda solo per pochissimi giorni in un mese, per 365 giorni all’anno può essere contagiata dal virus Hiv, il quale è 450 volte più piccolo di uno spermatozoo e 600 volte più piccolo di un foro in un preservativo.

Inoltre, che — come risulta da uno studio del Journal of the American Medical  Association, del febbraio 1987 — quasi una persona su tre viene contagiata da quel male da un partner infetto con il quale regolarmente viene usato il preservativo.

La dottoressa Theresa Crenshaw, già presidentessa dell’American Association of Sex Education, Counselors and Therapists, al Congresso Nazionale sull’Hiv, svoltasi negli Stati Uniti nel 1987, ha affermato: «Il 19 giugno 1987, tenni una conferenza sull’Aids a 800 sessuologhi al World Congress on Sexuology; a Heidelberg [in Germania].

La maggior parte di loro raccomandava i preservativi ai loro clienti e agli studenti. Chiesi se, avendo a disposizione il partner dei loro sogni, e sapendo che tale persona era portatrice del virus, avrebbero avuto rapporti sessuali affidandosi, per la loro sicurezza, a un preservativo. Nessuno alzò la mano… Dissi loro che era irresponsabile dare ad altri un consiglio che essi stessi non avrebbero seguito. Il punto è: mettere un palloncino fra un corpo sano e una malattia mortale non è sicuro».

Il materiale prodotto dalla PP e riportato sul pieghevole, però, riserva dell’altro. Per esempio, i consigli della brochure intitolata I Think I Might Be a Lesbian… Now What I Do («Penso che potrei essere lesbica… Ora cosa faccio»), indirizzato a giovani donne e ragazze e distribuito dalla PP di Rocky Mountains di Arvada, in Colorado, dove si illustrano dettagliatamente quali accortezze si debbano usare nella masturbazione fra lesbiche «e per tutte le altre cose meravigliose che le lesbiche fanno insieme».

O, ancora, quelle del volumetto The Problem With Puberty, in distribuzione ai teenager, dove — fra l’altro — appare un disegnino infantile che ritrae un ragazzo nella vasca da bagno colto da «pensieri strani». La scritta suggerisce: «È normale avere ogni tipo di fantasie mentre vi masturbate e in altri momenti». Nel disegnino, fra le fantasie suggerite, appaiono uomini, donne, una ragazzina, una donna anziana e, addirittura, un cane…

Intanto, negli States, le nascite illegittime raggiungono cifre abnormi, con un tasso di crescita — anno per anno e decennio per decennio — da capogiro: fra 1980 e 1990 si tratta di circa il 75%, come afferma un rapporto del national Center for Health Statistic, del giugno 1992. Gli aborti, dalla legalizzazione nel 1973, sono cresciuti del 101,6% e di questi il 10% — come affermato nei propri documenti — vengono praticati dalla PP (dati di Family Planning Perspectives, vol 23, n. 2, marzo – aprile 1991). il 1991 Annual Planned Parenlhood Federation dice che la PP ha praticato circa 129.000 aborti nel 1991, a fronte di meno di 5.000 referenze per adozioni e 7.000 casi di cure prenatali.

Ossia, meno del 10% dei servizi offerti a donne incinte dalla PP ha a che fare con prestazioni non abortive. Un bilancio interessante per un organismo che dovrebbe occuparsi della pianificazione familiare, cioè — in tesi — anche di aiuti alle coppie e alle famiglie, e che sostiene di finanziarsi privatamente mentre, solo nel 199i, ha percepito 124 milioni di dollari provenienti dalle tasche dei contribuenti attraverso fondi governativi, come la PP stessa afferma nel citato rapporto annuale.

A fronte di questa realtà, ha preso avvio la battaglia anche culturale promossa da Stopp, l’organismo che ha curato la redazione del suddetto pieghevole di denuncia, attivo sin dal 1985 a livello locale, ma da quest’anno a livello anche internazionale. Il suo fine è quello di creare, nell’opinione pubblica, un tale scontento nei confronti della PP, da indurla a non avere altra scelta che chiudere i battenti.

Definita spregiativamente organizzazione della «destra radicale» dalla PP, Stopp è diretta a LaGrangeville, nello Stato di New York, da Jim Sedlak e riunisce soprattutto genitori cristiani (cattolici e protestanti uniti per difendere valori di diritto naturale) che rivendicano alle famiglie il diritto e l’obbligo a educare i figli; che vogliono avere la certezza che il denaro chiesto loro dal governo con le tasse, da compagnie varie o da presunte organizzazioni caritative non venga usato per aborti e politiche altamente diseducative e immorali; e che desiderano ripristinare il ruolo fondamentale della famiglia all’interno e alla base della società civile. Questi scopi vengono promossi attraverso la pubblicazione di varia letteratura informativa e di una newsletter mensile, The Ryan Report.

I collegamenti e le collaborazioni chieste a Stopp da ben noti e seri organismi pro-life statunitensi garantiscono della sua affidabilità: Human Life International, diretto dai benedettini Matthew Habinger e Paul Mane, associazione conosciuta e stimata anche dal pontefice; o l’American Life League di Stafford, in Virginia, un altro colosso dell’«aiuto alla vita» nordamericano.

Sostenuta dalle libere donazioni di associati, amici e simpatizzanti, Stopp non ha mai richiesto, per mantenere la propria completa libertà, lo status di organizzazione che gode di esenzione dalle tasse per i contributi versati da privati; ma è riuscita ad ottenere un’altra interessante fonte d’introito.

Tramite AmeriVision (una compagnia cristiana privata favorevole a politiche anti – abortiste, nonché contrarie alla diffusione della pornografia e di stili di vita omosessuali) l’utente telefonico americano può servirsi della Life Line (dell’AmeriVision) per telefonate a lunga distanza: questa, infatti, destina il 10% della bolletta telefonica mensile a Stopp; nel caso, per errore, venga accreditata all’utente la somma destinata all’organismo anti-PP, è Stopp stessa che s’incarica di saldare il conto.

Organizzazioni come questa, e la battaglia culturale che combattono, contribuiscono indubbiamente a «bilanciare» la non sottovalutabile presenza statunitense in ambienti antinatalisti, amministrazione Clinton compresa.

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Sito consigliato:

Population Research Institute