E’ possible un dialogo tra liberali antiprogressisti e cattolici?

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Marcello Pera e Benedetto XVI

Pubblicato su Corrispondenza Romana n.910

29 agosto 2005

(Corrispondenza romana) Il cardinale Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, ha il suo interlocutore privilegiato nel presidente del Senato Marcello Pera, coautore con lui del volume Senza radici e prefatore del suo ultimo volume, L’Europa di Benedetto; il direttore de “Il Foglio” Giuliano Ferrara conduce sul suo giornale una battaglia in difesa della vita più chiara e netta di quella di tanti cattolici; su posizioni analoghe si batte Ferdinando Adornato, presidente della Fondazione Liberal; la scrittrice Oriana Fallaci, infine, denuncia con tono accorato la minaccia all’identità cristiana dell’Occidente e indica anch’essa nella persona di Benedetto XVI l’unico elemento di speranza nell’orizzonte contemporaneo.

Non si tratta di episodi isolati, ma di un fenomeno nuovo e importante. Ciò che hanno in comune questi personaggi è la difesa delle radici cristiane della nostra società condotta a partire da posizioni estranee al cattolicesimo, laiche e liberali. La Chiesa cattolica ha reiteratamente condannato i principi del laicismo e del separatismo liberale ma, di fronte alla aggressione in corso alla nostra civiltà, questi liberali affermano, come ha fatto Marcello Pera al Meeting di Rimini, di mettere in questione lo Stato laico, come oggi è inteso, e la separazione, come oggi è praticata, della politica dalla religione. “Insomma, – ha affermato Pera a Rimini – ho messo in questione la mia stessa bussola laica e liberale”.

È possibile e utile un dialogo e una convergenza tra liberali antiprogressisti, “aggrediti dalla realtà”, e cattolici “senza compromessi”, fedeli al Magistero della Chiesa? Questa convergenza può certamente avvenire e può trasformarsi in un’alleanza tattica e strategica, se le basi sono quelle dell’antirelativismo e della difesa dell’ordine naturale e cristiano della società. Si tratta di una convergenza che non ha nulla a che vedere con il “liberalismo cattolico” condannato dalla Chiesa né con la visione naturalistica e strumentale della religione che caratterizzò il pensiero di Charles Maurras.

Il fondamento di questa alleanza strategica tra liberali e cattolici, o meglio tra liberali antiprogressisti e cattolici antiprogressisti, può essere quello di una comune impostazione etica e quindi filosofica: ovvero il recupero di quella antropologia razionale, parte della “philosophia perennis” o filosofia naturale, che è al disopra sia delle opinioni che delle scuole di pensiero, per il semplice fatto che si basa sull’evidenza del reale, e scaturisce dall’esercizio del senso comune.

È già accaduto nella storia d’Italia: con il Patto Gentiloni, ovvero con gli accordi in chiave antisocialista tra cattolici e candidati liberali in occasione delle elezioni del 1913, con l’impulso di san Pio X. Fu grazie a questi accordi che la città di Roma venne strappata al sindaco massone ed anticlericale Ernesto Nathan e riconsegnata ad un’amministrazione cattolica. Può accadere di fronte ai nuovi nemici: l’Islam, ma soprattutto il relativismo progressista, laico e cattolico, che costituisce, secondo l’immagine evocata da Oriana Fallaci, un autentico “cavallo di Troia” all’interno della fortezza assediata dell’Occidente.

Il mondo ha bisogno di santità, ma la santità è l’esercizio eroico delle virtù. Due sono le principali virtù di cui il mondo oggi ha bisogno: la virtù cardinale della fortezza e la virtù teologale della speranza. I liberali antiprogressisti non hanno paura di guardare il nemico in faccia e chiamarlo per nome; hanno il coraggio di dire chiaro e forte quello che molti italiani ed europei pensano, infrangendo la cappa del conformismo “politicamente corretto” e non hanno timore di suscitare le ire dell’establishment politico e culturale, come è accaduto al presidente Pera dopo il suo lucido intervento al Meeting di Rimini del 2005. Essi indicano ai cattolici, troppo spesso pusillanimi, la strada della fortezza.

I cattolici debbono saper offrire a questi laici la virtù, cristiana e teologale della speranza, la fiducia che con l’aiuto soprannaturale della Grazia le radici cristiane della società porteranno invincibilmente nel nostro tempo i loro frutti