Tradizione Famiglia Proprietà Newsletter 7 Agosto 2027
di Nelson Ribeiro Fragelli
Quando il pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira rifletteva sugli eventi avvenuti a San Paolo durante la sua infanzia all’inizio del secolo scorso, le abitudini sociali di quel tempo attiravano particolarmente la mia attenzione. Parlava della gioia della vita familiare e i suoi racconti vivaci trasportavano la mia immaginazione in quei tempi passati che non ancora stati conquistati dall’adorazione delle novità degli anni successivi, come la velocità e l’industria o il comportamento stravagante di molte persone negli ultimi decenni del XX secolo, che hanno segnato uno sgradevole cambiamento culturale.
Tra le immagini presentate dal professor Corrêa de Oliveira, la cortesia a tavola secondo la tradizione era particolarmente sorprendente per la logica e la compostezza delle procedure e delle disposizioni. Le storie erano utili, poiché insegnavano con discrezione le buone maniere. Non si trattava di astenersi dalla spontaneità modaiola ma volgare trasmessa dalla modernità invasiva.
Le regole del galateo a tavola erano importanti. Tuttavia, il professor Corrêa de Oliveira ha cercato di sottolineare il substrato cattolico che allora era alla base della mentalità della gente. Aleggiava il consiglio evangelico: «Perché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Matteo 18,20). La filosofia del Vangelo permeava così tanto le menti che anche coloro che si dichiaravano cattolici non praticanti o atei ne seguivano naturalmente i dettami.
A quei tempi, i bambini dovevano frequentare il catechismo e i consigli evangelici venivano in aiuto delle semplici raccomandazioni casalinghe: «Non appoggiare i gomiti sul tavolo, non riempirti troppo la bocca, fai attenzione quando starnutisci, ecc.».
Il vigore dei sapori genera un vigore nella conversazione.
La Chiesa dava alla tavola un significato sacro; al di là della convivialità, una presenza religiosa permeava i sapori e le conversazioni. Questa convivialità aveva un segreto noto a tutti ma mai menzionato: l’interazione discreta e sorprendente tra gli argomenti discussi e l’elaborazione dei piatti. Sulla tavola tremolava la luce delle candele nella stanza ben addobbata. Un’altra fiamma invisibile agli occhi animava le anime: accesa in cucina nel forno e nei fornelli, chiariva il principio dinamico della conversazione perché da lì provenivano i sapori che, preparati con cura, favorivano l’affrontare di vari argomenti, stimolavano il vigore delle persone, ispiravano nuovi temi, davano entusiasmo alle osservazioni ed elevavano i commenti a considerazioni più elevate.
Infatti, i sapori hanno un linguaggio proprio, capace di commuovere gli animi e forniscono un vigore che genera quello delle conversazioni. Questo era il principio arcano, non esplicitato, commentato solo attraverso sguardi, espressioni flemmatiche monosillabiche ed esalazioni di umorismo. I grandi salotti francesi (1)1 avevano una regola fatta per essere infranta: i piatti non dovevano essere commentati. Una volta infranta quella regola, la conversazione si animava. Alcuni piatti, che tutti consideravano gustosi oltre ogni dire, richiedevano che lo chef entrasse in sala alla fine del pasto. Quando tutto era finito, le fiamme dei candelabri venivano spente mentre i sapori ancora ardenti aleggiavano nella memoria degli ospiti.
Nei circoli sociali più modesti, la natura dei pasti era la stessa, ma venivano consumati secondo le abitudini di ciascuna famiglia. Il giovane Plinio visitava spesso le case dei giardinieri, degli autisti o degli immigrati che lavoravano per la sua famiglia o i suoi parenti. Cominciò a discernere le famiglie in base al loro gusto nell’arredamento e persino all’odore all’interno di ciascuna casa.
Poiché la vita era molto meno frenetica di oggi, la televisione non esisteva e i cellulari erano ancora lontani settant’anni, l’ambiente allora tranquillo di San Paolo contribuiva a preservare la serietà dei pasti. “Benedici, o Signore, questi tuoi doni che stiamo per ricevere dalla tua generosità, per mezzo di Cristo, nostro Signore. Amen”, sentiva dire a una famiglia con interessi affini a quella sua. Era la stessa preghiera che suo padre recitava all’inizio del pranzo. Sentiva che quella supplica saliva al trono della Divina Maestà proprio mentre il profumo dello stufato sul tavolo stuzzicava il suo appetito.
Uno stile di vita cristiano forgiato nel corso di molti secoli in un’atmosfera di insegnamento cattolico ha dato origine a una filosofia che, secondo sosteneva il professor Plinio Corrêa de Oliveira, era l’espressione sociale dei principi teologici della Scolastica. Questi principi hanno plasmato le norme sociali, il galateo e i gusti della gente.
Un modo di essere che conduce al più alto e al più attraente.
Lo scopo dei sapori nella civiltà cristiana è quello di suscitare, attraverso un piatto gustoso, una piacevole sensazione di ammirazione o ispirazione nella mente. Si giudica un bel quadro dal soggetto raffigurato sulla tela, dall’adeguatezza dei colori o dal talento del pittore. Apprezziamo un buon piatto con un procedimento simile. L’arte della cucina consiste nel saper trattare un elemento commestibile secondo determinati ingredienti per ottenere un gusto piacevole. Questo trattamento richiede intelligenza ed elevazione dello spirito.
I popoli cristiani hanno raggiunto l’eccellenza culinaria. Nessuna civiltà ha raggiunto il grado di sviluppo culturale della civiltà cristiana. Fin dall’Antico Testamento, precursore della Santa Chiesa Cattolica, l’importanza data al cibo ha portato allo sviluppo di gusti secondo la giusta filosofia. Ci sono molti segni di questa importanza: il primo miracolo di Nostro Signore Gesù Cristo che trasformò l’acqua in vino; chiamò gli Apostoli il sale della terra; moltiplicò i pani per le moltitudini; lasciò la Sua Presenza Reale nella Chiesa sotto forma di pane e vino, che evocando il palato, la Chiesa canta che le specie eucaristiche contengono “tutte le delizie”.
Così, il Salvatore seguì l’esempio di Suo Padre, che determinò meticolosamente la composizione dei pasti solenni o penitenziali per gli Ebrei e li nutrì con la Manna contenente tutte le delizie gustative. Nulla diventa così intimo per una persona come il cibo che s’integra nel suo corpo.
La cucina ha un’influenza immensa sulla psicologia e sulle abitudini umane, data la frequenza quotidiana dei pasti. Ogni sapore risveglia nell’anima l’appetito per la virtù o per il vizio. Il gusto del buon vino, riteneva il professor Corrêa de Oliveira, risveglia il senso dell’onore, mentre il gusto del pane ravviva il senso dell’onestà. Il Creatore ha voluto che ogni alimento influenzasse la mente e la rendesse ricettiva all’insegnamento morale. Da qui la sacralità dei pasti così accuratamente insegnata dalla Chiesa.
Note
1) I salotti, nati nella Francia dell’inizio dell’età moderna, erano incontri sociali e intellettuali di personaggi illustri che si tenevano nelle case di personalità di spicco arricchiti di saporose prelibatezze.
Fonte: Tfp.org, 4 agosto 2025.Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.