
per
Rassegna Stampa
Aldo Ciappi
U.G.C.I. di Pisa
Sappiamo bene che in una corretta e ordinata democrazia le sentenze dei giudici, quando sono definitive, si possono criticare ma non disapplicare; ne va della coesione dell’intero sistema e, alla fine, della civile convivenza. Questo principio andrebbe sempre rammentato a tutti, ma soprattutto, per esempio, agli intellettuali amici di Adriano Sofri che, per anni, hanno pesantemente criticato con ogni mezzo possibile, la sentenza di condanna definitiva del leader di Lotta Continua per l’ omicidio del commissario Calabresi pronunciata dopo otto o nove gradi di giudizio (non ricordo più); gli stessi che, se le parti si invertono, si schierano all’unisono per la “legalità” quando la magistratura (come accade di frequente) accoglie le loro tesi.
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