L’impegno politico come vocazione civile e cristiana

per Rassegna Stampa

Giubileo dei Governanti 2025:

l’impegno politico come vocazione civile e cristiana

Sintesi dell’intervento andato in onda su Radio Libertà il 7 giugno 2025

di Giuseppe Brienza

Il 21 e 22 giugno 2025 si terrà in Vaticano il Giubileo dei Governanti, un appuntamento promosso dal Dicastero per l’Evangelizzazione rivolto a tutti i rappresentanti delle Istituzioni dei Paesi del mondo che hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede (attualmente sono 184 quelli con i quali lo Stato della Città del Vaticano intrattiene relazioni piene) oltre che ai Sindaci ed Amministratori locali.

Questo evento giubilare, oltre che per le motivazioni prettamente liturgiche, potrebbe costituire una preziosa occasione per riproporre ai governanti e amministratori pubblici che parteciperanno lo straordinario esempio e la testimonianza di tanti politici-santi dai re Enrico II il Santo (XI secolo) e Luigi IX di Francia (XIII secolo) ai contemporanei Sir Thomas More (1478-1535) e il beato Carlo I d’Asburgo (1887-1922) solo per fare pochi esempi.

Siccome la Chiesa Cattolica lo ricorda nel calendario liturgico proprio il 22 giugno, vale la pena soffermarsi brevemente sulla figura di san Tommaso Moro che, nel 1532, all’apice della sua “carriera” politica, si dimise dalla carica di Lord Cancelliere del Regno per sottrarsi al disegno tirannico di re Enrico VIII di manipolare Parlamento e Assemblea del Clero per assumere il controllo assoluto sulla chiesa d’Inghilterra.

Dopo 15 mesi di “carcere duro” fu decapitato e le sue ultime parole prima dell’esecuzione furono: «Muoio come buon servo del Re, ma anzitutto come servo di Dio». La Chiesa, per questo, l’ha proclamato durante il Grande Giubileo del 2000 patrono dei politici e degli uomini di governo. Credo che il suo esempio sarà esplicitamente rievocato da Leone XIV durante il prossimo Giubileo dei Governanti.

Dico questo anche perché, nell’ultima intervista rilasciata da cardinale ai media vaticani all’indomani della morte di Papa Francesco, Prevost abbia voluto ricordare come nelle udienze settimanali del sabato mattina come prefetto del Dicastero per i Vescovi, Bergoglio gli raccomandava spesso di «non perdere il senso dell’umorismo», richiamandogli la nota “Preghiera del buonumore” di Tommaso Moro ed esortandolo ad andare sempre avanti nelle «cose di grande responsabilità, con grande fiducia nella grazia del Signore» (1).

Si tratta di una preghiera che, come confidato in passato dal diretto interessato, Papa Francesco recitava ogni giorno durante il suo non facile Pontificato.

Fra i temi che hanno reso contrastato il servizio alla Chiesa di Bergoglio c’è stato fin dai primi anni, come sappiamo, la questione dell’immigrazione. In particolare molti osservatori hanno denunciato o comunque mal sopportato la “differenza” fra il Magistero in merito di Giovanni Paolo II-Benedetto XVI e quello di Papa Francesco. Cosa dire al riguardo?

Anzitutto che a livello magisteriale non ci può essere “differenza” fra l’insegnamento di un Papa e quello di un altro, in quanto tutti i Pontefici non possono che custodire la Dottrina, compresa quella sociale, della Chiesa.

Ci può essere, invece, questa sì, l’accentuazione da parte di un Papa diversamente che un altro su un tema ed aspetto particolare della Dottrina sociale, come accaduto nel caso di Bergoglio con il principio dell’accoglienza dei migranti, ripreso “selettivamente” e non di rado stirato parecchio dai media e dai politici di sinistra (2).

Per quanto riguarda il diritto a non emigrare (e naturalmente anche quello degli Stati a regolare l’immigrazione), questo è stato affermato, non molto spesso invero, anche da Papa Francesco, ma rimane valido tanto quanto quello dell’accoglienza. Anzi i due principi sono strettamente collegati, come ribadito di recente dal cardinal Robert Sarah, intervistato dal quotidiano “Il Giornale”.

Il prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, infatti, che è guineano di nascita ed ha fatto il Vescovo in Africa per non pochi anni, ha spiegato perché non è lecito dal punto di vista cattolico bollare di scarsa sensibilità o solidarietà (se non come fa taluno addirittura di immoralità) chi afferma la necessità di costruire le condizioni per l’esercizio del diritto a non emigrare da parte dei poveri.

Secondo il card. Sarah, «chi ritiene le migrazioni necessarie e indispensabili, di fatto, compie un atto egoistico e condanna intere parti del mondo alla totale irrilevanza e, in extremis, all’estinzione. Se i giovani, che sono il futuro della società, lasciano la loro terra, le loro famiglie, il loro popolo, rincorrendo la promessa di una vita migliore, che ne sarà della storia, della cultura, dell’esistenza stessa del Paese che dovrebbe manifestarsi nel sostegno concreto allo sviluppo delle nazioni più povere, non nel “favoreggiamento” del loro svuotamento demografico e di futuro» (3).

In secondo luogo va riconosciuto che, pur raccomandando come prioritario e urgente il principio dell’accoglienza, Papa Francesco non ha mai trascurato di associare ad esso quello dell’integrazione. Anche in occasione dell’ultima Giornata Mondiale del Rifugiato che ha vissuto Bergoglio ha ritenuto di ribadire il dovere degli Stati di «rivolgere uno sguardo attento e fraterno a tutti coloro che sono costretti a fuggire dalle loro case in cerca di pace e di sicurezza», ma ne ha raccomandato allo stesso tempo (e per ben due volte di seguito) il contestuale e necessario impegno «ad accompagnare e integrare quanti bussano alle nostre porte. Prego affinché gli Stati si adoperino ad assicurare ai rifugiati condizioni umane e a facilitare i processi di integrazione» (4). In pratica se non si può integrare, meglio non accogliere!

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(1) Cit. in Tiziana Campisi, «Ha insegnato a vivere la gioia del Vangelo». L’ultima intervista del cardinale Prevost con i media vaticani rilasciata all’indomani della morte di Francesco, L’Osservatore Romano, 9 maggio 2025, p. 6.

(2) Per la raccolta integrale (aggiornata al 20 dicembre 2019) del Magistero di Papa Bergoglio sull’immigrazione cfr. Luci sulle Strade della Speranza. Insegnamenti di Papa Francesco su migranti e tratta, Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Città del Vaticano 2020, pp. 515.

(3) Cit. in Francesco Boezi, “La tradizione è il motore della Chiesa. Eutanasia in Francia? Non hanno diritto”. Il cardinale: “Va sostenuto il diritto a non emigrare”, Il Giornale, 2 giugno 2025.

(4) Papa Francesco, Condizioni umane e integrazione per i rifugiati, L’Osservatore Romano, 19 giugno 2024, p. 3.