Insetti cibo del futuro per Fao e Unione europea

Abstract: insetti cibo del futuro per Fao e Unione europea. L’ attuale dibattito sugli alimenti a base d’insetti, probabilmente, non si sarebbe mai aperto se dieci anni la Food and agricolture organization of the United Nations – la Fao appunto – non avesse pubblicato un documento eloquente fin dal titolo: Insetti commestibili. In quel documento di poco meno di 200 pagine erano raccolte le conclusioni di un lavoro iniziato nel 2003 e, senza giri di parole, si spiegavano le ragioni dell’entomofagia.

Il Timone, n.226  Marzo 2023 

L’insetto è servito

Fao, Unione europea e mass media stanno intensificando le pressioni per il «cibo del futuro». Ufficialmente, il motivo è ambientalista. Ma vi scorge anche un chiaro segno ideologico

di Giuliano Guzzo

In principio fu la Fao. Non è un gioco di parole, ma la realtà: l’ attuale dibattito sugli alimenti a base d’insetti, probabilmente, non si sarebbe mai aperto se dieci anni la Food and agricolture organization of the United Nations – la Fao appunto – non avesse pubblicato un documento eloquente fin dal titolo: Insetti commestibili. In quel documento di poco meno di 200 pagine erano raccolte le conclusioni di un lavoro iniziato nel 2003 e, senza giri di parole, si spiegavano le ragioni dell’entomofagia.

Manco a dirlo, dette ragioni sono solo in parte legate alla salute – gli insetti sono «ricchi di proteine, di calcio, ferro e zinco» – risultando in prevalenza ambientali, collegate cioè alla quantità notevolmente inferiore di gas serra che comporterebbe allevarli, nutrirli e mangiarli. Queste ultime considerazioni sono state rilanciate, lo scorso settembre, da uno studio pubblicato dall’International journal of environmental research and publich healt, secondo cui la produzione d’insetti sarebbe associata ad una diminuzione delle emissioni di gas serra del 95% e del 62% del consumo di energia rispetto alla carne di manzo.

Vecchio continente ribelle

Già due miliardi di persone nel mondo, sempre secondo la Fao, si cibano di insetti. Che nelle aree africane, per esempio, sarebbero addirittura presenti da tempo immemore. Pare ci sia solo un Continente dove tale tendenza tarda ad affermarsi: l’Europa. Da noi l’approccio «a questa nuova fonte di proteine sostenibili» risulta ancora di nicchia, anzi. I vertici dell’Unione europea hanno così iniziato, da anni, a provare a cambiare le cose, in realtà anticipando la stessa Fao.

Si, perché già nel 2011 la Commissione europea aveva deciso di sponsorizzare una ricerca della UK food standard agency, l’agenzia britannica per la sicurezza alimentare sulle proprietà nutritive degli insetti. Come se non bastasse, era stato istituito un premio stratosferico – pari a circa 3,3 milioni di euro – da destinare all’équipe di ricercatori che avesse presentato l’idea migliore per convincere la gente a nutrirsi di insetti. Più recentemente, l’Ue ha aperto sia alla farina parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico), sia alla commercializzazione delle larve di Alphitobius diasperinus (verme della farina) congelate, in pasta, essiccate e in polvere. D’accordo, ma come indurre la gente alla svolta entomofagica? Oggettivamente, e nonostante i finanziamenti promessi dall’Europa per chi la riesca ad attuare, l’impresa appare impegnativa.

Tentativi di indottrinamento

Per questo, pare si siano già attivati i meccanismi tipici della “Finestra di Overton”, ovvero di quella manipolazione del consenso – per rendere oggetto di discussione un’idea che pareva «totalmente inammissibile» – teorizzata dal sociologo americano Joseph P. Overton (1960-2003). Un esempio è stato, lo scorso novembre, uno spot della Fondazione Barilla, che vedeva il suo protagonista suggerire a chi mette la panna nella carbonara di lasciar perdere, provando, invece, a sostituire il guanciale con gli insetti: «Ne esistono più di 2000 specie, uno che assomiglia al guanciale lo trovate».

L’indignazione per quello spot, lo si ricorderà, era stata subito seguita dalla sua difesa da parte di vari volti noti, da Caterina Balivo («Io non capisco perché in questo Paese la lungimiranza faccia tanta paura») a Selvaggia Lucarelli («La polemica su Barilla e sull’idea che si possano utilizzare insetti per farine o in sostituzione di altri alimenti per tutelare l’ambiente dimostra quanto siamo vecchi, provinciali, poco lungimiranti»).

Per spingere gli europei alla nuova idea è stata recentemente diffusa una ricerca dell’Università aperta della Catalogna di Barcellona che, sondate oltre 1.000 persone, ha rilevato come quasi il 66% ritenga che gli insetti diventeranno una fonte alternativa di proteine ed entreranno a far parte dell’alimentazione di tutti. Come dire: è una storia già scritta, tanto vale adeguarsi. In realtà, il 71% degli intervistati ha pure risposto che gli insetti in casa non li cucinerebbe, ma il senso di questa ricerca – prontamente rilanciata in Italia da Repubblica – è che qualcosa sta cambiando

Il virus globalista

Di fronte a cotanti sforzi per cambiare, o provare a cambiare, le abitudini alimentari degli europei, i quali – per inciso – rappresentano una frazione minima della popolazione mondiale, è lecito chiedersene le ragioni profonde. Si tratta davvero solo di preoccupazioni per le sorti del pianeta? Non ne è convinta Hélène de Lauzun, docente in storia formatasi all’Ecole Normale Supérieure di Parigi e alla Sorbona, secondo la quale c’è una chiave di lettura che spiega molto l’intera faccenda: è quella del globalismo.

Per fare luce su «questa ossessione da parte dei funzionari di Bruxelles nel far mangiare insetti ai cittadini della vecchia Europa», ha osservato la studiosa in un intervento pubblicato su European Conservative, più che a un «piano ideologico concertato» ha senso pensare a «uno dei tanti avatar di un pensiero globalista senza radici che assume aspetti inaspettati, così riassumibili: nell’era della felice globalizzazione, se qualcosa è fatto altrove, perché non qui?»

Il pensiero di Hélène de Lauzun, attenzione, non esclude le già esposte ragioni ambientaliste alla base delle spinte a proporre alimenti a base di insetti, ma le completa; e lo fa in modo convincente. Del resto, un’Europa che non ha rispetto per le proprie radici spirituali, perché mai dovrebbe averne per le proprie tradizioni culinarie? Appare abbastanza ovvio che non sia così. Ecco che allora, che di questo passo i grilli possano davvero finirci nel piatto non è solo possibile. Ma perfino probabile. E per chi oserà rifiutare l’innovativa pietanza, c’è da immaginare già pronta un’accusa: quella dell’entomofobico.

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