Immigrazione, il Magistero della Chiesa cattolica cosa dice

Immigrazione, cosa dice il Magistero della Chiesa cattolicaAbstract: Immigrazione,  il Magistero della Chiesa cattolica cosa dice. Secondo il Catechismo il prossimo più prossimo è il cittadino e solo in seconda battuta l’immigrato e Infatti, proseguendo sempre con l’insegnamento del CCC, anche le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere solo «nella misura del possibile», lo straniero alla ricerca della sicurezza e del benessere giungendo con mezzi di fortuna (o criminali) in un Paese diverso dal suo.

per Rassegna Stampa  

Il Magistero e l’immigrazione (attuale)

Testo della conferenza tenuta a Roma il 28 giugno 2023 presso la Residenza Universitaria Internazionale(RUI)

di Giuseppe Brienza

«Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse:

Alzati, prendi con te il bambino e sua madre,

fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò:

Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”»

(Mt 2,13)

Da alcuni decenni non sentiamo che dire, tanto a destra quanto a sinistra, che la questione dei migranti che approdano sulle coste dell’Europa è una questione comunitaria e che la soluzione al problema-immigrazione non può che essere trovata a livello UE. L’accordo di Malta del 2019 sul ricollocamento dei migranti, rivendicato impropriamente come un successo, in realtà non ha funzionato proprio per niente, sia perché non ha reso permanente la relocation tra i Paesi firmatari sia perché, stando ai numeri forniti dalla Commissione europea, quando l’ha indotta ha riguardato un numero risibile di migranti. Solo per fare esempio, negli ultimi quattro anni l’Italia ha visto il trasferimento di nemmeno duemila richiedenti asilo dal nostro Paese verso altri Stati membri, un numero quindi più o meno uguale al flusso settimanale medio di disperati che ogni estate sbarcano nella sola isola di Lampedusa (1).

Il nuovo Accordo europeo sui migranti del giugno 2023

Dopo ben nove anni, ovvero dal regolamento UE del 2014 in materia, i ministri degli Interni dell’Unione europea riuniti l’8 giugno 2023 a Lussemburgo per il Consiglio degli Affari interni, hanno raggiunto un nuovo accordo per i due principali regolamenti del Patto per le migrazioni e l’asilo.

per il Magistero della Chiesa cattolica gli stati possono accogliere nella misura del possibile
L’approvazione è stata a maggioranza qualificata, con Polonia e Ungheria contrarie (Varsavia si è detta piuttosto favorevole a «sigillare i confini» mentre Budapest ha parlato di «abuso di potere» da parte dell’Ue) e quattro Stati membri, ovvero Malta, Bulgaria, Slovacchia e Lituania, astenuti.

Nel dettaglio, l’intesa ripropone la stessa formula di Malta, ovvero l’obbligo di solidarietà, nel senso che gli Stati dovranno dare sostegno ai Paesi in difficoltà con la disponibilità ai ricollocamenti o, in alternativa, al pagamento di ventimila euro per ogni migrante non ricollocato. In secondo luogo, è previsto che i migranti di provenienza da Paesi con bassa probabilità di ottenere asilo saranno trattati all’arrivo al confine con una procedura accelerata per il rimpatrio verso “Paesi terzi sicuri”, anche di transito.

Il «numero minimo» di ricollocamenti annuali è stabilito dall’Accordo in 30mila, proposito del tutto teorico a fronte dei 1.500 del 2022, staremo a vedere. Intanto il vicepresidente dalla Commissione europea Margaritis Schinas, come spesso accade, ha utilizzato toni eurolirici per presentare il nuovo Accordo, parlando di «una giornata storica». Peccato che il via libera del Consiglio Affari interni rappresenti solo il primo passo per la risistemazione (normativa) della questione, perché ora spetterà ad un Parlamento europeo che nel 2024 cambierà composizione politica rispetto all’attuale di centrosinistra con le prossime elezioni, procedere con i negoziati (2).

Ci sono quindi tutte le condizioni per un nuovo fallimento e, del resto, come spesso è accaduto negli ultimi anni su altri tavoli tematici sotto egida UE, i compromessi arzigogolati e non unanimi portano poi a ben poco (Malta docet).

Qualcuno vorrebbe l’Italia “centro di raccolta” dei migranti UE

per il Magistero della Chiesa l'accoglienza è un responsabilità corale degli statiCi sarebbe anche da dire che, nell’attuale congiuntura storico-politica mediterranea, con un Paese come la Tunisia sull’orlo del default (fallimento) finanziario, il meccanismo congegnato con l’Accordo europeo del Lussemburgo finirebbe per trasformare l’Italia nel «centro di raccolta dei migranti UE», come esplicitamente denunciato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (3).

Come valutare alla luce della Dottrina sociale della Chiesa un’affermazione come quella appena riportata del responsabile della sicurezza nazionale del Governo Meloni? Una prima risposta la possiamo trarre dal Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) che, a fronte dell’intensificarsi dei legami di mutua dipendenza tra gli uomini e tra i popoli, ritiene necessaria «una organizzazione della comunità delle nazioni capace di “provvedere ai diversi bisogni degli uomini, tanto nel campo della vita sociale, cui appartengono l’alimentazione, la salute, l’educazione…, quanto in alcune circostanze particolari che sorgono qua e là, come possono essere… la necessità di soccorrere le angustie dei profughi, o anche di aiutare gli emigrati e le loro famiglie» (4). Quindi il CCC parla di “organizzare” politicamente la gestione dei flussi migratori, nel senso che a fronte dell’aiuto immediato che è doveroso offrire a chi è in difficoltà, deve necessariamente conseguire una valutazione razionale e ordinata delle possibilità di integrazione. Il bene comune, infatti, ha delle priorità e, un principio generalizzato e non controllato di “accoglienza” dei migranti, potrebbe portare danno alle persone e alle famiglie più dipendenti dall’aiuto materiale del Paese che accoglie.

Ogni comunità politica nazionale, infatti, prosegue il Catechismo, «ha il dovere di onorare la famiglia, di assisterla, e di assicurarle in particolare:

    • la libertà di costituirsi, di procreare figli e di educarli secondo le proprie convinzioni morali e religiose;
    • la tutela della stabilità del vincolo coniugale e dell’istituto familiare;
    • la libertà di professare la propria fede, di trasmetterla, di educare in essa i figli, avvalendosi dei mezzi e delle istituzioni necessarie;
    • il diritto alla proprietà privata, la libertà di intraprendere un’attività, di procurarsi un lavoro e una casa, il diritto di emigrare;
    • in conformità alle istituzioni dei paesi, il diritto alle cure mediche, all’assistenza per le persone anziane, agli assegni familiari;
    • la difesa della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a pericoli come la droga, la pornografia, l’alcolismo, ecc.;
    • la libertà di formare associazioni con altre famiglie e di essere in tal modo rappresentate presso le autorità civili» (5).

gli stati possono accogliere solo nella misura del possibileCome vediamo “il prossimo più prossimo” del nostro Stato è il cittadino (di origine/nascita italiana o meno) e la famiglia, poi vengono gli stranieri, comunitari o meno

Infatti, proseguendo sempre con l’insegnamento del CCC, anche le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere solo «nella misura del possibile», lo straniero alla ricerca della sicurezza e del benessere giungendo con mezzi di fortuna (o criminali) in un Paese diverso dal suo.

«Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili – conclude il Catechismo –, possono subordinare l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri» (6). Diversamente facendo, le nazioni di approdo dei flussi migratori (come la nostra) si troverebbero in breve arco di tempo a diventare “terra di nessuno”, senza identità, senza coesione, senza tradizione e senza futuro.

No agli intermediari prezzolati, Sì ai mediatori necessari all’integrazione

Anche il “modo” di approdo del migrante andrebbe valutato nella gestione complessiva della questione. Lo ha ripetuto in diverse occasioni Papa Francesco che, elogiando i promotori dei “corridoi umanitari”, «mediatori di una storia di integrazione» a seguito della migrazione e della fuga da contesti di guerra e di crisi economica, ha denunciato scafisti e «intermediari che guadagnano approfittando del bisogno e delle sofferenze. Non siete intermediari ma mediatori, e mostrate che, se si lavora seriamente a porre le basi, è possibile accogliere e integrare efficacemente» (7)

Sono grazie a Dio sempre più frequenti le notizie degli arresti di questi criminali senza scrupolo, fautori di vere e proprie reti internazionali dedite al traffico di esseri umani. Secondo le cronache giudiziarie, all’origine delle sofisticate reti criminali che coordinano le rotte migratorie nel Mediterraneo, vi è un business di dimensioni spaventose, con cifre che vengono chieste ai disperati o malintenzionati che si avventurano su barchini e barconi verso le coste europee variabili tra i 2.000 e i 4.000 euro (8).

Il diritto a non emigrare (il “caso” Albania)

Si capisce bene, dunque, come il tema-immigrazione sia oggi complesso e articolato, e tutte quelle soluzioni semplicistiche che predicano l’accoglienza ad ogni costo e in ogni caso si presentino spesso come irrealistiche e alla lunga irresponsabili. Oltretutto perché per molti emigrare non è una libera scelta, ma l’unica scelta. Papa Giovanni Paolo II ha per primo proclamato in tutta la sua chiarezza il diritto a non emigrare come diritto umano fondamentale valido allo stesso livello di quello di emigrare. Di questo “diritto a non emigrare”, annoverabile ormai a principio della dottrina sociale cattolica sull’immigrazione (attuale), ha parlato più volte anche Papa Francesco, recentemente rivolgendosi ai partecipanti all’ultima Conferenza Internazionale sui Rifugiati e i Migranti promossa dalla Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana.

per il Magistero della Chiesa cattolica vi è anche un diritto a non emigrare«È importante – ha detto in proposito il Santo Padre – riflettere sulle cause dei flussi migratori e sulle forme di violenza che spingono a partire verso altri paesi.  La questione non è solo quella della accoglienza, quindi, ma anche quella delle cause della migrazione e su quelle si deve lavorare» (9).

Invece che richiamare il solito “caso” dell’Africa, menzionerei quello di un piccolo ma significativo popolo, oltretutto perché legato sotto molteplici profili all’Italia, quello albanese. Nell’interesse primario di un autentico ed equilibrato sviluppo della Repubblica d’Albania, infatti, prima ancora di quello degli Stati membri dell’UE, vi sarebbe l’impegno affinché «le giovani generazioni non siano poste nella condizione di scegliere l’emigrazione, indebolendo il Paese di forze e di competenze indispensabili alla sua crescita umana e civile» (10).

L’unica speranza per la ripresa economico-sociale di un Paese che, a causa della crisi energetica ha dovuto dichiarare fin dal 2021 lo stato di emergenza e nel quale il salario medio mensile è da Terzo Mondo (400-600 euro) con un tasso di disoccupazione giovanile attualmente al 25%, sarebbe infatti «un eroico surplus di generosità che spinga i giovani ad accettare il sacrificio di non partire. Non che gli albanesi non ne abbiano fatti di sacrifici in questi decenni: sono sempre stati un popolo ospitale e fiero del proprio Paese. Però adesso sarebbe necessario accettare le sfide del reale, ma con la prospettiva di costruire un futuro migliore per chi verrà dopo» (11).

Il cortocircuito delle campagne politico-mediatiche dei “buonisti” interessati dei Paesi d’accoglienza con la pressione in uscita di una generazione di giovani albanesi attirata dal “mito” dell’emigrazione sta rendendo in definitiva molto difficile che le cose possano cambiare veramente nella Repubblica dell’aquila bicipite.

Conclusione (con un’opinione “proibita”)

“Liberi di partire, liberi di restare”, recitava il titolo di un’iniziativa di solidarietà promossa qualche anno fa dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) come risposta alle sfide delle migrazioni contemporanee. Anche se non esplicitato, il principio ispiratore tanto di tale iniziativa quanto dell’ultimo Messaggio di Papa Francesco per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato (2023) è il diritto a non emigrare, ovvero la concreta libertà che dovrebbe sempre contraddistinguere la scelta di lasciare la propria terra.

«Migrare dovrebbe essere sempre una scelta libera – ha scritto il Pontefice –, ma di fatto in moltissimi casi, anche oggi, non lo è. Conflitti, disastri naturali, o più semplicemente l’impossibilità di vivere una vita degna e prospera nella propria terra di origine costringono milioni di persone a partire. […] È chiaro che il compito principale spetta ai Paesi di origine e ai loro governanti […]. Essi però devono essere messi in condizione di fare questo, senza trovarsi depredati delle proprie risorse naturali e umane e senza ingerenze esterne tese a favorire gli interessi di pochi. E lì dove le circostanze permettano di scegliere se migrare o restare, si dovrà comunque garantire che tale scelta sia informata e ponderata, onde evitare che tanti uomini, donne e bambini cadano vittime di rischiose illusioni o di trafficanti senza scrupoli» (12).

Già nel 2003 San Giovanni Paolo II affermava che «costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i migranti e i rifugiati, significa impegnarsi seriamente a salvaguardare anzitutto il diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e dignità nella propria Patria» (13).

Mentre ci avviciniamo al Giubileo del 2025, con il previsto afflusso di milioni di pellegrini in Italia, riprendendo l’insegnamento di Papa Francesco ci sembra doveroso richiamare la necessità di porre nuovamente la questione-immigrazione dal punto di vista della sicurezza del nostro Paese. Lo dice, lo ribadiamo, lo stesso Pontefice: «è bene ricordare questo aspetto delle celebrazioni giubilari. È necessario uno sforzo congiunto dei singoli Paesi e della Comunità internazionale per assicurare a tutti il diritto a non dover emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra. Si tratta di un diritto non ancora codificato, ma di fondamentale importanza, la cui garanzia è da comprendersi come corresponsabilità di tutti gli Stati nei confronti di un bene comune che va oltre i confini nazionali. […] Perciò, mentre lavoriamo perché ogni migrazione possa essere frutto di una scelta libera, siamo chiamati ad avere il massimo rispetto della dignità di ogni migrante; e ciò significa accompagnare e governare nel miglior modo possibile i flussi, costruendo ponti e non muri, ampliando i canali per una migrazione sicura e regolare» (14).

L’accoglienza dei migranti, in definitiva, deve tenere conto anche della sicurezza delle nostre comunità. Ecco perché, come denunciato a suo tempo dall’Arcivescovo mons. Luigi Negri (1941-2021) occorre evitare che i cattolici si aggiungano allo stuolo degli «esponenti di una demagogia del “Tutti dentro, subito”, incondizionatamente, perché gli immigrati sono il bene assoluto per l’Occidente. Di segno opposto, ma non meno irresponsabili, chi diceva e dice, e urla, “Tutti fuori non si accolga nessuno”. Senza che nessuno né i primi né i secondi, abbiano mai seriamente considerato o considerino a quali condizioni si debba accogliere. Una delle condizioni è proprio che non venga tragicamente travolta la sicurezza di chi vive nel nostro paese, che per tanto tempo è stato un paese di libertà, di tranquillità, di benessere, di rispetto reciproco, di reale condivisione della vita»(15).

Note

(1) Cfr. Lampedusa, oltre 620 migranti sbarcati in meno di 24 ore, in Euronews, 6 maggio 2023.

(2) Cfr. in Accordo dell’Ue sui migranti: No di Polonia e Ungheria, in L’Osservatore Romano, 9 giugno 2023, pp. 1-2.

(3) Cit. in Matteo Milanesi, “Passata la linea italiana”. Cosa prevede il nuovo piano Ue sui migranti, Nicolaporro.it, 9 giugno 2023.

(4) Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, n. 1911.

(5) Ibid., n. 2211.

(6) Ibid., n. 2241.

(7) Papa Francesco, Discorso alle famiglie rifugiate attraverso i corridoi umanitari, Aula Paolo VI, Città del Vaticano 18 marzo 2023.

(8) Cfr. Dieci arresti nella Repubblica di Macedonia del Nord per traffico di esseri umani, in L’Osservatore Romano, 9 giugno 2023, p. III.

(9) Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro sui rifugiati promosso dalla Pontificia Università Gregoriana, Sala Clementina, Città del Vaticano 29 settembre 2022.

(10) Papa Francesco, Discorso alla delegazione dell’Albania, Sala Clementina, Città del Vaticano 19 novembre 2018.

(11) Roberto Paglialonga, Albania, gli occhi rivolti a occidente. Tra le sirene della Turchia e i timori di cocenti delusioni, in L’Osservatore Romano, 9 giugno 2023, p. III.

(12) Papa Francesco, Liberi di scegliere se migrare o restare. Messaggio per la 109ª Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato, San Giovanni in Laterano, Roma 11 maggio 2023.

(13) Giovanni Paolo II, Migrazioni in visioni di pace. Messaggio per la 90a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, Città del Vaticano 15 dicembre 2003, n. 3.

(14) Papa Francesco, Liberi di scegliere se migrare o restare… cit..

(15) Mons. Luigi Negri, In morte di una studentessa cinese, in La Nuova Bussola quotidiana, 11 dicembre 2016.

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Per approfondire:

Chiesa e immigrazione

La Chiesa e l’immigrazione