«Il modello italiano dà e merita rispetto»

integrazione_razzialeIl Tempo  6 novembre 2005

 «La sinistra deve uscire dall’ambiguità quando fa valutazioni ideologiche propagandistiche» Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano prende le distanze dai fatti francesi e rilancia: l’integrazione è la soluzione

Marino Collacciani

«LA SITUAZIONE italiana non è paragonabile a quella francese per ovvie ragioni oggettive, nel senso che in Francia la presenza dell’immigrazione esiste in modo consistente dagli anni del dominio coloniale: ciò non significa che non si debba fare attenzione a quanto accade da noi anche perché ci sono oltre due milioni e mezzo di immigrati regolari». Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, prende subito le distanze anche dalle critiche espresse da Prodi e da Livia Turco, appena battute dalle agenzie di stampa. Il suo commento è «a caldo», ma ben delineato lungo i contorni di una linea governativa «che non ammette strumentalizzazioni di tipo ideologico».

Come giudica le dichiarazioni del leader dell’Unione?

Leggendo le parole pronunciate da Prodi viene innanzitutto da fare gli scongiuri. In questo caso, poi, recita non solo la parte della “cassandra”, ma quella più tipica del “menagramo”: dire “è solo questione di tempo” equivale a un atteggiamento colpevole, insensato, frutto della malafede e della più bassa propaganda».

Cosa risponde al «professore»?

«Innanzitutto che cogliere le differenze di contesti storici è uno dei doveri di un politico, tantopiù quando sono così evidenti. Poi non viene valutata in modo sereno e obiettivo la politica seguita in Italia in materia di immigrazione. Noi ci siamo trovati nel 2001 a dover fronteggiare un’emergenza-clandestini di 800.000: per farlo abbiamo cercato innanzitutto di contenerla con una serie di norme tese alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri».

L’Ulivo aveva fatto meglio di questo governo?

«Assolutamente no. La nostra azione non ha nulla a che vedere con quella improvvisata dalla Sinistra con un’improduttiva sanatoria. Quella da noi realizzata due anni orsono ha invece portato a un’emersione effettiva e completa, collegando il soggiorno regolarizzato a un contratto di lavoro e a un’assistenza sanitaria e contributiva. E questa è intanto un’ottima base di partenza per intraprendere un lavoro di integrazione sociale effettiva».

È rimasto sorpreso dai disordini scoppiati nelle periferie parigine, le ormai famose «banlieues», poi propagatisi a tutto il Paese?

«No, e lo sa molto bene anche la Sinistra italiana, incapace di uscire dalla propria ambiguità. La violenza francese non è una novità: è una ragione oggi solo quantitativa perché sono un po’ di più gli episodi di assalti, ma in Francia negli ultimi 15-20 anni ce ne sono stati tanti».

Cosa suggerisce all’opposizione italiana?

«Se la Sinistra avesse voglia di affrontare la questione in termini reali senza buttare tutto in propaganda, l’interrogativo di fondo è uno: il modello da adottare è quello dell’integrazione effettiva o quello di un multiculturalismo? Legato quest’ultimo al principio di un’autogestione delle diverse etnie riunite in comunità negli Stati occidentali e tradotto più o meno così: organizzatevi come meglio volete, tenete cura delle vostre scuole, seguite i vostri costumi… l’importante è che non diate fastidio. Ecco, un modello del genere sta fallendo in Francia, come in Olanda e in Danimarca, per il semplice fatto che è un suicidio lasciar costruire dei ghetti all’interno delle nostre città e del nostro territorio. Ed è un danno per gli stessi immigrati: la donna che per esempio viene dall’Egitto non cerca solo un riscatto economico ma anche sociale, nel rispetto della propria condizione femminile».

Ha un «pensiero» anche per Livia Turco?

«Certamente. Nel ’98 con la Turco-Napolitano vennero istituiti i Cpt (Centri di permanenza temporanea, n.d.r.) che oggi vengono contestati dalla Sinistra. E poi, come la mettono i signori dell’opposizione con Cofferati?».