Fine dei tempi o fine di un’epoca? (2)

Fides Cattolica n.1 – 2010

di Guido Vignelli

apocalisse

Verso la “sesta età” della Chiesa

Ma allora ci si potrebbe porre un’altra domanda: se la nostra epoca non è quella della fine del mondo, come mai le assomiglia così tanto? La risposta è semplice: le assomiglia perché ne costituisce una prefigurazione storica.

L’odierna crisi della Chiesa prefigura la finale apostasia generale; l’odierna persecuzione anticristiana prefigura quella che colpirà i fedeli degli ultimi tempi; i recenti precursori dell’Anticristo ci preavvisano del suo futuro avvento (80); i castighi minacciati dalla Madonna a Fatima prefigurano quelli che provocheranno la fine del mondo.

Ma proprio questa mera somiglianza tra il nostro tempo e quello escatologico ci permette di affermare che ci avviamo verso un’epoca storica che vedrà un trionfo della Chiesa tale, da prefigurare (sia pure debolissimamente) il finale e definitivo trionfo della “Gerusalemme celeste” nella beata eternità. Bisogna quindi ora approfondire questa ipotesi del trionfo storico-sociale.

Esso è stato profetizzato dal Vangelo stesso nella entusiasmante scena della Domenica delle Palme, quando a Gerusalemme la folla degli ebrei e perfino alcuni pagani, sia pure per pochi giorni, celebrarono Gesù riconoscendolo come Messia, ossia come Salvatore, Pontefice e Re (Me 11,8-10), tanto che per un certo tempo parve davvero che «il mondo intero lo seguiva» (Mt 21,19).

Per questo la Chiesa, nella sua liturgia della Domenica delle Palme, rievoca: «le folle vanno incontro al Redentore con fiori e palme per rendere degno omaggio al trionfante Vincitore; le nazioni Lo acclamano Figlio di Dio» (81). È significativo che i farisei si scandalizzarono per questo pubblico trionfo di Gesù, tanto che osarono chiedergli di farlo cessare; ma Egli si rifiutò rispondendo significativamente col noto ammonimento: «Se gli uomini tacessero, sarebbero le pietre a gridare» (Le 19,39-40).

Osserva un grande biblista, il padre Louis Fillion: «La sua [di Gesù] vita terrena sarebbe rimasta incompleta, senza una sorta di gloriosa apoteosi che manifestasse il suo Regno messianico. …Fra le folle che Lo seguivano, molti restavano indecisi. Una manifestazione eclatante era dunque necessaria per trionfare sulla loro indecisione ed anche per consolidare la fede di coloro che credevano in Lui.

Ecco perché Lo vediamo entrare nella capitale teocratica …da vero trionfatore. …Egli non si accontenta di permettere ai suoi amici ed alle folle di rendergli l’omaggio più magnifico, ma Egli stesso prende …la diretta e personale iniziativa del proprio trionfo. …Fu una manifestazione grandiosa, paragonabile a quelle che accompagnavano il ritorno dei Re vittoriosi. …Egli accettò come un sacro debito tutti questi omaggi resigli, perché essi facevano parte del piano divino su di Lui» (82).

Orbene, la dottrina cristiana insegna che la vita di Cristo ha prefigurato e riassunto l’intera storia della sua Chiesa: «quello che avvenne nella vita mortale del Cristo, avviene ora nella Chiesa» (83). Riassumendo l’esegesi tradizionale, l’allora prof. Joseph Ratzinger precisava che «la Passione di Gesù viene trasferita dal Capo al Corpo; come nella sofferenza di Gesù vi fu dapprima la luce, poi le tenebre e infine di nuovo la luce, allo stesso modo anche nel cammino di dolore del Corpo Mistico si deve prevedere …un’analoga alternanza» (84).

Siccome il trionfo della Domenica delle Palme avvenne prima dell’apostasia del Venerdì Santo e della successiva Resurrezione pasquale, possiamo dedurne che la Chiesa militante vivrà un’epoca di trionfo prima dell’apostasia finale e della definitiva apoteosi escatologica. Prima della fine dei tempi, dunque, si realizzerà una nuova Domenica delle Palme che, a differenza di quella vecchia, esalterà non tanto il Cristo quanto quel suo Corpo Mistico che è la Chiesa, anche allo scopo di consolare i fedeli, umiliare gl’infedeli e spingere gl’indecisi a schierarsi prima della lotta finale. La Domenica delle Palme costituisce quindi una prefigurazione dapprima di un futuro trionfo storico della Chiesa, e poi anche della finale Parusìa del Redentore (85).

La sana teologia insegna anzi che, lungo la storia, il Redentore si manifesterà invisibilmente all’umanità in “visite” che la influenzeranno preparandola alla vera e propria Parusìa finale: «Diciamo subito che non ci sarà mai, lungo il corso della storia, una venuta di Cristo in persona, ossia non ci sarà alcuna Parusìa pubblica di Cristo fuori dalla Parusìa per eccellenza che è l’ultima. …Ciò significa che i diversi “avventi” o “venute” di Cristo non debbono essere identificati con la Parusìa, ma debbono essere interpretati in altro senso. …Cristo, come Uomo-Dio, verrà agli uomini in genere, in quanto ci sarà, lungo il corso della storia, una manifestazione solenne della verità del suo Regno ed in quanto la storia stessa rivelerà la divinità di Cristo. …Risulta quindi che esiste una particolare “venuta” di Cristo che s’identifica, in concreto, con una manifestazione del suo Regno e che pertanto questa “venuta” dev’essere intesa in senso metaforico. …La Sacra Scrittura afferma o insinua l’esistenza di altre “venute”, di altri “avventi” di Cristo, da intendersi in senso metaforico, che si concretizzeranno in eventi particolari, fausti o infausti, che nel Vecchio Testamento sono chiamati “visite di Dio”, sia di grazia che di giustizia» (86).

In questa prospettiva, il trionfo della Chiesa nella “sesta età” sarà appunto un caso di questa manifestazione eristica di grazia e di consolazione per i buoni.

Del resto, se consideriamo che il demonio non fa che scimmiottare le divine imprese, possiamo dire che il breve regno dell’Anticristo, ossia dell’anti-Chiesa, non sarà che un perverso tentativo di scimmiottare un Regno di Cristo, ossia della Chiesa militante, già realizzatosi storicamente prima dell’apostasia finale: la suprema colpa del regno anticristico consisterà appunto nell’estinguere la più gloriosa Cristianità della storia.

Insomma, è vero che «la Chiesa della Croce deve precedere quella della gloria» (87), ossia è solo attraverso l’umiliazione e la persecuzione che si può arrivare alla gloria; ma è anche vero che la vicenda terrena della Chiesa richiede che i periodi di oppressione e di persecuzione vengano ricompensati da periodi di liberazione e di trionfo; l’importante è il ricordarsi che nella storia tutto è provvisorio e «sulla Terra non si avanza di vittoria in vittoria, ma piuttosto di rivincita in rivincita» (88).

Questa futura era trionfale non è una costruzione intellettuale né un sogno utopistico; essa è stata preannunciata da molti illustri Santi, profeti, teologi e dottori ecclesiastici, che l’hanno indicata col termine di “penultima età della Chiesa” e l’hanno solitamente numerata come sesta della serie temporale. Difatti, come nel sesto giorno della creazione Dio compì la sua opera stabilendo il regno del primo uomo sul creato, così, nella sesta era della storia, Egli compirà la propria opera redentrice stabilendo sull’umanità il Regno dell’Uomo-Dio, ossia della Chiesa come Corpo mistico di Cristo. Questa sesta età precederà la settima ed ultima, che corrisponderà al settimo giorno della creazione, ossia all’eterno riposo sabbatico della Chiesa trionfante in Cielo (89).

Secondo san Bonaventura da Bagnoregio, prima dell’avvento dell’Anticristo, Dio concederà alla Chiesa una era trionfale che sarà una debolissima ma significativa prefigurazione dell’ultima era, quella dell’apoteosi escatologica. Se quest’ultima sarà caratterizzata dalla «longitudine dell’eternità», la penultima sarà caratterizzata dalla «latitudine della divina benevolenza perfezionatrice», sarà «il tempo del risanamento di tutti coloro che erano caduti», «il tempo della Chiesa dilatata», durante il quale «avverrà la riparazione del culto divino e la restaurazione della Città. Allora si realizzerà la profezia di Ezechiele (Ez 40-48), quando la Città …terrena, cioè quella militante, sarà conforme a quella trionfante, per quanto è possibile in questa vita. Allora si compirà la costruzione della Città, che tornerà ad essere com’era in principio, e vi sarà la pace» (90).

Insomma, «la teologia della storia di san Bonaventura culmina nella speranza in una età, interna alla storia, di quiete sabbatica donata da Dio. …È una pace che Dio istituirà su questa terra, spettatrice di così tanto sangue e lacrime, come se volesse ancora mostrare, perlomeno nel momento della fine, come avrebbe potuto e dovuto essere in realtà secondo i suoi disegni» (91).

Secondo santa Caterina da Siena, «dopo tutte queste tribolazioni e angustie, in un modo che non si può comprendere dagli uomini, Dio purificherà la santa Chiesa risvegliando lo spirito degli eletti. Seguirà un miglioramento così grande nella Chiesa di Dio, e un rinnovamento tale di santi pastori, che al solo pensarlo il mio spirito esulta nel Signore. La Sposa, che ora è brutta e malvestita, allora sarà bellissima e adorna di gemme preziose e coronata con diademi di tutte le virtù; …e anche gl’infedeli, attratti dal buon odore di Cristo, ritorneranno all’ovile cattolico e si convertiranno al vero pastore e vescovo delle anime loro. Ringraziate dunque il Signore che, dopo la tempesta, darà alla sua Chiesa un gran bel sereno» (92).

Secondo il venerabile Bartolomeo Holzhauser, che nel XVII secolo scrisse un profetico commento dell’Apocalisse, «prima che venga la tenebrosa notte del regno dell’Anticristo, Dio consolerà ancora una volta la sua Chiesa. …Nella sesta età della Chiesa, gli eretici verranno vinti e convertiti, la Chiesa gioirà della più grande consolazione, il dominio turco [= islamico] verrà profondamente umiliato, la fede cattolica brillerà per terra e per mare, la disciplina ecclesiastica verrà restaurata e perfezionata. …Subito prima degli ultimi tempi, la Chiesa sarà immensa, essa verrà come ricostruita e riconsacrata al suo Sposo Gesù Cristo. …Gli uomini vivranno in pace, e questa verrà concessa perché le genti avranno fatto pace con Dio e Dio legherà Satana per un certo numero di anni, prima del tempo concesso al figlio della perdizione» (93).

Secondo la veggente Anna Catharina Emmerich, «quando la Chiesa sarà stata per la maggior parte distrutta, …vidi i devastatori entrare con la Bestia nel Santuario. Ma lì essi si scontrarono con una Donna di augusto contegno. …Allora vidi la Bestia fuggire tornando nel mare e i nemici scappare nella massima confusione. …Infine vidi che la Chiesa veniva ricostruita, diventando più magnifica che nel passato» (94).

Un grande difensore della Chiesa perseguitato dalla Rivoluzione francese e napoleonica, il gesuita Pierre de Clorivière, scrisse che «mai le perdite della Chiesa sono state maggiori, ed essa verrà in qualche modo ridotta alla condizione in cui era nel momento della Passione del Salvatore. Ma questo accadrà per restaurare l’imperio di Gesù Cristo con un nuovo splendore e propagarlo più ampiamente di prima; la giovinezza della Chiesa verrà rinnovata e lo Spirito Santo diffonderà su di essa una maggiore abbondanza di doni» .

Un noto predicatore del XIX secolo, il domenicano Henri Lacordaire, tentò una sorta di profezia: come le conquiste militari e le imprese civili dell’impero romano svolsero il ruolo provvidenziale di favorire la diffusione della neonata Chiesa nel mondo antico, così le conquiste scientifiche e le imprese economiche e tecnologiche dell’età moderna stanno preparando le condizioni che favoriranno un nuovo trionfo della Chiesa adulta nel mondo contemporaneo: «L’opera di Dio è giovane e non ancora recata a fine; …se il Sole di giustizia non è ancor giunto al suo meriggio, …un giorno Esso correrà più rapido, illuminando a un tempo l’Oriente e l’Occidente; così il Vangelo, giunto al culmine della sua potestà, sarà signore del mondo. …Si vedrà il Cristianesimo compiere la conquista della Terra. …Non vi sarà che un Gregge e un Pastore, e questo sarà il segnale che il tempo è finito e che si approssima il dì che non ha fine» (96).

Un grande apostolo del XIX secolo, il padre Henri Ramière, così riassunse la questione: «Confessiamo comunque che sembra molto più conforme alla dignità dell’Uomo-Dio e della sapienza di suo Padre, che questo trionfo non venga prorogato all’eternità. Se l’Uomo-Dio è Re della Terra come lo è del Cielo, perché mai il suo Regno non dovrebbe stabilirsi anche sulla Terra come in Cielo? Questa gloria, ch’Egli riceverebbe da tutti i popoli liberamente sottomessi al suo imperio, non Gli è forse dovuta sotto tutti gli aspetti? E se Gli è dovuta, potrà forse suo Padre rifiutargliela? …D’altra parte, Dio si è pronunciato: egli ha promesso di dare a suo Figlio le nazioni in eredità (Sai 2,6ss.). …Siamo persuasi che il Regno universale di Gesù Cristo sulla terra cesserà un giorno di essere solo un Regno di diritto per diventarlo anche di fatto. …L’instaurazione del Regno di Gesù Cristo è lo scopo perseguito dalla Provvidenza, tanto nel governo delle società temporali quanto in quello della Chiesa. …L’avvento di tale Regno nel mondo: questa è la felicità che ci è permesso di sperare per la società e che dobbiamo implorare senza sosta e procurare con l’ardore dei nostri desideri e l’energia dei nostri sforzi»  .

Secondo il dotto cardinale Alfonso Capecelatro, «poiché l’umanità non può a lungo adagiarsi in questa contraddizione, tutto preannunzia una grande trasformazione, nella quale Cristo e la Chiesa manifesteranno un nuovo raggio della luce onde sono ammantati; tutto ci avvicina al giorno che la società, erudita e ritemprata dai suoi dolori, si poserà nuovamente e con amore tra le braccia di Chi la salvò dagli errori, dalle corruttele, dalle ignominie, dalla barbarie, e la fece capace di prodigi» (98).

Un profeta del nostro tempo, mons. Henri Delassus, osservò: «la vita della Chiesa è fatta di un’alternanza di prove e di trionfi: prove sempre più terribili, trionfi sempre più strepitosi. …Il completo dominio della setta massonica non sarà che il culmine della prova, alla quale dovrà essere sottoposta l’umanità prima di godere pienamente dei benefici della Redenzione. Succederanno poi molti secoli del Regno di Cristo su tutte le nazioni. …Lungi dall’essere agli ultimi tempi del mondo, noi non siamo ancora che ai primi secoli della Chiesa» .

Un mistico ed esegeta contemporaneo, padre Dolindo Ruotalo, così scrisse: «Vi sarà un lungo periodo di pace, di vita cristiana e di santità, dopo grandi tribolazioni che purificheranno l’umanità e la Chiesa; in questi periodi i santi saranno grandemente onorati sulla terra e la inonderanno di tante grazie, da sembrare novellamente vivi in mezzo agli uomini» (100).

Un noto poeta, Giovanni Rapini, precisò che la teologia della storia prevede l’avvicendarsi di tre epoche progressive caratterizzate da tre “razze” diverse: «la prima fu quella delle bestie senza Legge, e il suo nome fu guerra; la seconda, dei barbari dirozzati dalla Legge, e la sua più alta perfezione fu la giustizia, ed è la razza che dura ancora; …la terza dev’essere la razza degli uomini veri, non soltanto giusti ma santi, non somiglianti alle bestie ma a Dio», ossia la razza animata dall’amore annunciata da Gesù Cristo nel Vangelo e incaricata di «far discendere, alla fine, il Cielo, la Legge del Cielo, sulla Terra» (101).

Anche il filosofo Jacques Maritain previde, a modo suo, una nuova era cristiana: «Noi siamo ancora ai primi tempi del Cristianesimo. (…) La liquidazione di quattro o cinque secoli di storia non si fa in un giorno. Ma, dopo una notte di cui solo Dio conosce la durata e dopo rinnovamenti di cui Egli solo conosce la profondità, vogliamo sperare che una nuova era cristiana della cultura, un’era di umanesimo integrale, sorgerà finalmente; e io credo che il pensiero di san Tommaso d’Aquino ne sarà l’anima, come quello di sant’Agostino è stato l’anima della cristianità medioevale» .

Il “santo pontefice” e il “gran monarca”

Dobbiamo qui ribadire che il futuro trionfo cristiano sarà non solo spirituale e individuale ma anche temporale e sociale; ossia non si limiterà a risanare la Chiesa ma giungerà a restaurare la Cristianità.

Questo punto va bene evidenziato, per evitare un pericoloso riduzionismo spiritualistico e smentire la falsa predizione secondo cui la Chiesa sarebbe destinata a tornare alle dimensioni di un “piccolo gregge” che, per quanto santo, sarà anche debole, isolato, rinchiuso nei templi e seppellito nelle coscienze, dunque incapace di convertire il mondo e di realizzare il Regno sociale di Cristo.

Secondo non pochi Santi, profeti e dottori ecclesiastici, infatti, la citata “sesta era” trionfale verrà fondata non solo da «un santo pontefice», ma anche da «un gran monarca», «un nuovo Carlo Magno», insomma un Santo imperatore cristiano (103). Non deve quindi meravigliare se molti teologi hanno sostenuto che la fine dei tempi arriverà solo dopo che sia ricostituito il Sacro Impero romano-cristiano, importante fattore politico che contribuirà all’universale diffusione del Vangelo e al trionfo della Chiesa. Com’è noto, san Paolo profetizza che le potenze sataniche e lo stesso Anticristo potranno manifestarsi ed agire liberamente solo dopo che saranno riusciti a distruggere un ultimo “ostacolo” (katèchon) che li trattiene (2Ts 2,7); ebbene, quest’ostacolo potrebbe essere appunto un nuovo Impero cristiano che dominerà al culmine della “sesta era”; infatti solo dopo aver tolto di mezzo quest’ultimo baluardo politico della Chiesa, l’Anticristo potrà colpirla direttamente, instaurando un breve impero che sarà una blasfema parodia di quello romano-cristiano (104).

Così insegnarono molti Padri della Chiesa, da san Cirillo di Gerusalemme a san Girolamo e san Giovanni Crisostomo (105), seguiti poi da molti Dottori e veggenti, da san Anselmo d’Aosta e santa lldegarda di Bingen fino a san Roberto Bellarmino e oltre (106).

Ad esempio, secondo san Metodio di Olimpo, «i cristiani, ridotti nelle angustie e nelle tribolazioni, verranno derisi e scherniti dagl’infedeli. …Ma muoverà contro costoro il Re dei Romani, che li vincerà col valore delle sue armi e li farà prigionieri. …Allora gli uomini si moltiplicheranno sulla terra ch’era diventata deserta, e vi sarà una gran pace e tranquillità mai veduta prima e mai più se ne vedrà una simile» (107).

Secondo sant’Efrem Siro, prima della fine del mondo «il Signore dal suo glorioso Cielo stabilirà la sua pace. Risorgerà quindi l’Impero romano cristiano, che stabilirà il proprio dominio sulla terra fino agli estremi confini, e nessuno potrà resistergli» (108).

Secondo san Cesarie di Arles, «il gran monarca assisterà il Papa nella opera di riforma di tutta la terra. Molti principi e nazioni che vivranno nell’errore si convertiranno e una mirabile pace regnerà fra i popoli per molti anni. …Ci sarà una legge comune, una sola fede, un solo battesimo e una sola Chiesa. Tutte le nazioni riconosceranno la Santa Sede romana e tributeranno al Papa l’omaggio dovuto».

Secondo san Beda il Venerabile, «l’imperatore romano raccoglierà intorno a sé il dominio di tutte le terre, distruggerà tutti i templi dei falsi dèi ed esigerà il battesimo di tutti i pagani; grazie a lui, la Croce di Cristo verrà intronizzata dovunque» (109).

Secondo san Bonaventura da Bagnoregio, negli ultimi tempi «è necessario che sorga un principe zelatore della Chiesa» (110), un nuovo Carlo Magno che restauri e rafforzi la Cristianità favorendo la conversione dei popoli rimasti pagani o caduti nell’eresia.

Secondo san Francesco da Paola, Dio restaurerà la Chiesa e l’Impero cristiano tramite un nuovo ordine religioso al quale apparterranno un «un santo Pontefice e un gran monarca». Così egli immaginava di rivolgersi a questi due futuri personaggi: «Voi porrete fine a tutte le eresie del mondo abbattendo i pessimi tiranni; voi realizzerete una pace universale che durerà fino alla fine dei secoli; voi finalmente santificherete tutti gli uomini» (111).

Secondo san Vincenzo Ferrer, il “gran monarca” sarà «un uomo che, per virtù dell’Altissimo, confonderà i tiranni, gli eretici e gl’infedeli; organizzerà un grandissimo esercito e gli Angeli combatteranno per lui e uccideranno tutti i ribelli all’Altissimo» (112).

Secondo il venerabile Bartolomeo Holzhauser, «le nazioni, i popoli, gli uomini e i Re delle più svariate lingue ritorneranno in seno alla Chiesa cattolica. …Con la grazia di Dio e con la potenza del gran monarca, con l’autorità del santo Pontefice e con l’unione di tutti i prìncipi più devoti, l’ateismo ed ogni eresia verranno banditi dalla Terra» (113).

Il Regno di Maria

Ma sotto qual segno sorgerà questa nuova era cristiana? Chi ne sarà il modello e l’ispiratore? È facile intuirlo, perché la risposta ce l’ha data la Madonna stessa a Fatima: «infine, il mio Cuore Immacolato trionferà».

L’era futura sarà non solo genericamente cristiana ma anche specificamente mariana, realizzando storicamente il celebre motto ad Jesum per Marìam. Quasi tre secoli prima di pronunciarsi pubblicamente a Fatima, la Madonna si era pronunciata privatamente alla madre Mariana Torres Berriochoa, badessa del convento dell’Immacolata nella città di Quito, capitale dell’Equador.

Nel messaggio consegnato alla veggente nella notte del 2 febbraio 1634, la Madonna (detta “del Buon Successo”) preannunciò una grave crisi della Chiesa, ma profetizzò anche una successiva riscossa e una vittoria finale: «Eppure sarà quella la mia ora, l’ora in cui io, in maniera meravigliosa, detronizzerò il superbo e maledetto Satana, ponendolo sotto il mio piede e incatenandolo nell’abisso infernale, liberando infine la Chiesa e la patria dalla sua crudele tirannia» (114).

Ma questa prospettiva del Regno di Maria è giustificabile dal punto di vista della teologia della storia?

Molti Santi, profeti, apostoli, dottori ed anche Papi sostengono che la storia non si concluderà prima di culminare in un’epoca in cui il Redentore regnerà in modo eminente mediante la Madonna, allo scopo di manifestare la grandezza e la potenza di quella Immacolata, che è stata destinata dalla Provvidenza a regnare come Regina e a «vincere tutte le eresie del mondo intero», come celebra la nota antifona mariana dell’ VIII secolo (115).

Questo temporale Regno di Cristo in Maria viene spesso chiamato, per sinèddoche, Regno di Maria. Esso sarà un Regno non solo spirituale e individuale ma anche materiale e sociale; la Madonna cioè governerà, da vera Regina, non solo le anime ma anche le società e i popoli. Sarà ovviamente un Regno temporaneo e imperfetto, ma talmente impregnato dello Spirito Santo da prefigurare quello, eterno e perfetto, che si realizzerà solo alla fine dei tempi nella “Gerusalemme celeste”.

Questa convinzione è confermata dall’insegnamento di alcuni Papi del nostro tempo, che hanno preannunciato l’avvento di questo Regno mariano. Vediamo alcune loro significative affermazioni: Beato Pio IX: «Voglia [Maria], col suo validissimo patrocinio, far sì che la santa madre Chiesa cattolica, superata ogni difficoltà e dissipati tutti gli errori, prosperi e fiorisca ogni giorno di più, presso tutte le genti e in tutti i luoghi, e regni da un mare all’altro fino ai confini della terra, e goda di ogni pace, tranquillità e libertà» (116).

Leone XIII: «Noi non dubitiamo che la Vergine, Madre di Dio e Madre nostra tenerissima, risponderà propizia ai voti ed alle preghiere che le innalzano folle innumerevoli di cristiani. …Ah, se Ella schiacciasse ed annientasse le numerose teste dell’empia idra che stende sempre più numerosi tentacoli sull’Europa intera! …Ah, se infine Ella affrettasse il ritorno degl’individui e delle società a Gesù Cristo!» (117). «Noi vediamo laggiù, nel lontano avvenire, un nuovo ordine di cose, e non conosciamo niente di più dolce del contemplare gl’innumerevoli benefici che ne saranno il naturale effetto» (118).

San Pio X: «O Vergine santissima, …accogliete le preghiere che, uniti con voi in un cuor solo, vi scongiun’amo di presentare al trono di Dio, perché non cediamo giammai alle insidie che ci vengono tese, così che tutti arriviamo al porto della salute, e dopo tanti pericoli la Chiesa e la società cristiana cantino ancora una volta l’inno della libe­razione, della vittoria e della pace» (119).

Pio XI: «Ci sorregge tuttavia la buona speranza che l’annuale festa di Cristo Re …spinga la società, com’è nel desiderio di tutti, a far ritorno all’amatissimo nostro Salvatore. È dovere dei cattolici l’accelerare e l’affrettare questo ritorno con la loro azione» (120).

Pio XII : «L’invocazione del Regno di Maria è …la voce della fede e della speranza cristiana, salde e forti delle promesse divine e degli aiuti inesauribili, che questo impero di Maria ha diffuso per la salvezza dell’umanità. …Regnate, o Madre e Signora! Regnate sugl’individui e sulle famiglie, come sulle società e sulle nazioni, sulle assemblee dei potenti, sui consigli dei savi!» (121). «Voi, inginocchiati ai piedi dell’Immacolata Regina, dovete essere disposti a non riposare, finché non La vedrete regnare sovrana su tutto e su tutti, dapprima in voi stessi, poi attorno a voi, nelle famiglie, nelle classi e gruppi sociali e in tutte le attività private e pubbliche» (122). «Moltiplicate, diletti figli, le avanguardie sante di un esercito eroico la cui azione, se Dio vorrà, può preparare una vittoria e un trionfo oggi difficilmente immaginabili».

Anche molti santi, veggenti e apostoli dell’età moderna hanno annunciato il futuro Regno di Maria. Vediamone alcuni:

San Luigi Grignion di Montfort : «Ben presto, l’Altissimo e la sua santa Madre plasmeranno santi così eccelsi, da superare in santità la maggior parte degli altri santi, di quanto i cedri del Libano sorpassano gli alberelli. …Con una mano essi combatteranno, rovesceranno e schiacceranno gli eretici con le loro eresie, gli scismatici con i loro scismi, gl’idolatri con le loro idolatrie e i peccatori con le loro empietà; con l’altra mano, essi edificheranno il Tempio del vero Salomone e la mistica Città di Dio. …Con le loro parole e i loro esempi, essi condurranno tutto il mondo alla vera devozione mariana; questo attirerà su di loro molti nemici, ma anche molte vittorie e glorie per il solo Dio. …Essi saranno i veri apostoli degli ultimi tempi; a loro il Signore delle potestà concederà la parola e la forza per operare meraviglie e ottenere gloriose vittorie sui suoi nemici» (124).

Card. Edouard Pie : «È destino di Maria quello di essere un’aurora divina nell’ordine terreno e storico. Questa nuova glorificazione della Madre dovrà dunque essere il preludio di una nuova glorificazione del Figlio, cioè di una magnifica estensione del suo Regno, di una messe più abbondante di santi, di una più ampia libertà riconosciuta alla Chiesa, di un aumento di onore e di potere per la Santa Sede, e infine di un periodo glorioso e insieme prospero per l’umana famiglia di Dio» (125).

Dom Prosper Guéranger: «Oggi, proprio perché il male è al suo culmine, perché tutte le verità, i doveri e i diritti sono minacciati da un naufragio universale, abbiamo ragione di credere che Dio e la sua Chiesa trionferanno ancora un’ultima volta. Dobbiamo ammetterlo: c’è motivo di attendersi una grande e solenne vittoria, ed è per questo che ci pare che Nostro Signore ne abbia riservato tutto l’onore a Maria. …Quando i tempi saranno venuti, la serena e pacifica Stella del mare, Maria, si leverà su questo mare di tempeste politiche; e le onde tumultuose, stupite di riflettere il suo dolce splendore, ritorneranno calme e sottomesse. Allora un’universale voce di riconoscenza si levera verso Colei che, ancora una volta, sarà apparsa come segno di pace dopo un nuovo diluvio» (126).

San Luigi Orione: «Una grande epoca sta per venire! Avremo novos coelos et novam terram La società restaurata in Cristo ricomparirà più giovane, più brillante, ricomparirà rianimata, rinnovata e guidata dalla Chiesa. Il Cattolicesimo, pieno di divina verità, di carità, di giovinezza, di forza soprannaturale, si leverà nel mondo e si metterà alla testa del secolo rinascente, per condurlo all’onestà, alla fede, alla felicità, alla salvezza» (127).

San Massimiliano Kolbe: «Viviamo in un’epoca che potrebbe essere chiamata l’inizio dell’era dell’Immacolata. …Quando l’Immacolata diventerà la Regina del mondo intero, allora la Terra diventerà un paradiso: non quello utopistico comunista, ma quello vero, per quanto è possibile sulla Terra. La pace e la felicità entreranno nelle famiglie, nelle città, nei villaggi e nelle nazioni dell’intera società umana» (128).

Com’è noto, è nella speranza e in favore dell’avvento del Regno di Maria che ha vissuto e operato, lungo l’intero XX secolo, il prof. Plinio Corréa de Oliveira, fondatore della T.F.P. brasiliana e protagonista di tante battaglie cristiane nel mondo. Ci piace qui ricordare qualche suo passo in cui egli delinea con lucidità e precisione il futuro trionfo della Chiesa: «II Regno di Maria [sarà] cioè un’epoca storica di fede e di virtù, che verrà inaugurata da una vittoria spettacolare della Madonna sulla Rivoluzione. In quest’epoca, il demonio verrà scacciato e la Madonna regnerà sull’umanità attraverso le istituzioni che avrà scelto allo scopo. …Il Regno di Maria sarà dunque un’epoca nella quale l’unione delle anime con la Madonna raggiungerà una intensità senza precedenti nella storia, fatta eccezione – è chiaro – di casi individuali» (129).

«Il trionfo del Cuore Immacolato di Maria che mai potrà essere, se non il Regno della Beatissima Vergine profetizzato da san Luigi Grignion di Montfort? E questo Regno che mai potrà essere, se non quell’epoca di virtù in cui l’umanità, riconciliata con Dio nel grembo della Chiesa, vivrà sulla terra secondo la Legge, preparandosi per le glorie del Cielo?» (130).

«Oltre la tristezza e le punizioni, sommamente probabili, verso le quali avanziamo, abbiamo davanti a noi le luci sacrali dell’alba del Regno di Maria. …È una prospettiva grandiosa di universale vittoria del Cuore regale e materno della Santissima Vergine. Avanziamo verso la civiltà cattolica, che potrà nascere dalle rovine del mondo moderno, come dalle rovine del mondo romano è nata la civiltà medioevale. Avanziamo verso la conquista di questo ideale, con quel coraggio, perseveranza e decisione di affrontare e vincere tutti gli ostacoli, con cui i crociati marciavano verso Gerusalemme» (131).

Pericolo di un nuovo millenarismo?

Alcuni rifiutano la prospettiva di un’era storica di trionfo sociale della Chiesa, in quanto questa auspicherrebbe l’avvento di una “teocrazia” mondana di sapore millenaristico, ben lontana dallo spirito evangelico di trascendenza, rinuncia e spoliazione (132). Essi le contrappongono un passo del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica che afferma: «la Chiesa ha respinto questa falsificazione del Regno futuro sotto il nome di millenarismo, soprattutto nella sua forma politica di un messianismo secolarizzato, “intrinsecamente perverso”. (…) Il Regno non si compirà dunque mediante un trionfo storico della Chiesa secondo un processo ascendente, ma mediante una vittoria di Dio sull’ultimo scatenarsi del male» (133).

Tuttavia, questo brano si limita ad ammonire che la vecchia eresia del millenarismo (134) va rifiutata anche nella sua attuale versione secolarizzata, secondo cui un necessario e inarrestabile progresso storico immanente realizzerà un futuro paradiso terrestre nel quale l’intera umanità vivrà libera da ogni necessità e da ogni autorità, realizzando la più completa anarchia morale, civile e religiosa.

Viene qui dunque condannata la tesi che immanentizza l’escatologia cristiana mondanizzandola e temporalizzandola, ossia trasferendo il Regno divino dal Cielo alla Terra e ponendone il compimento nella storia profana (135). Si tratta di una tesi antica, di origini gnostiche, che venne rilanciata nell’epoca moderna, dapprima presentandola in una prospettiva ecclesiale e messianica (l’avvento della “terza età del mondo” caratterizzata dalla Ecclesia spirìtualis e del “regno degli ultimi”) (136) ma poi rovesciandola in una prospettiva mondana e politica (l’avvento del nuovo paradiso terrestre caratterizzato dalla “nuova umanità” e dalla “democrazia”).

Questa ideologia utopistica è alla radice della cosiddetta “modernità”, che pretende di attribuire all’uomo un’assoluta autonomia da Dio, dal cosmo e dalla propria stessa natura, e che attribuisce all’uomo “evoluto” la capacità di autoredimersi dal male ed autorealizzarsi nel mondo e nella storia. Figlia degenere della dottrina cristiana, questa ideologia riduce la teologia alla politica e la storia sacra della salvezza donata da Dio a storia profana dell’autoredenzione umana; non a caso essa si è tradotta nel fanatismo rivoluzionario e ha prodotto i totalitarismi del XX secolo (137), e ha influito anche su alcune recenti deviazioni ecclesiali, come la citata “teologia della liberazione” (138).

Questa posizione dimentica che una concezione dell’uomo come essere nel mondo e per il mondo, ridotto a realizzarsi nell’angusto carcere del tempo e dello spazio, viene smentita dal fatto che l’insoddisfazione del cuore, il dolore e soprattutto la morte impediscono all’uomo di ottenere una piena e definitiva felicità nella sua vita terrena.

Contro questo errore immanentistico, mons. Michael Schmaus avverte che «nella storia vi possono essere solo anticipazioni. …La costituzione definitiva del Regno di Dio è quindi un avvenimento post-storico» (139); difatti «nella Croce apparve che con nessuna cosa e con nessun evento il mondo, nella sua forma attuale, può raggiungere un senso ultimo e una meta ultima. Il mondo sta sotto il segno della caducità. La Croce è eretta in esso come segno della rovina cui il mondo, nella sua attuale forma di essere, è votato. Non c’è quindi speranza che la storia umana possa sviluppare da sé un senso ultimo e una meta ultima. Il suo senso e la sua meta stanno in quel campo per cui la croce e la morte costituiscono il ponte: nella gloria di Dio, in cui Cristo è entrato con lo sfacelo della propria esistenza terrena. Per l’uomo, continuamente minacciato dalla tentazione di autonomia e di divinizzazione, ciò costituisce una stoltezza; ma questa stoltezza è la sapienza di Dio (1Cor 1,17-31 )» (140).

Jacques Maritain ammonisce che «il cristiano …non potrebbe domandare – né porre come scopo della propria attività temporale – un definitivo avvento della giustizia, della pace e dell’umana felicità come termine del progresso della storia temporale; in verità, infatti, questo progresso non è capace di alcun termine finale. …Il fine a cui tende la storia non può essere il fine supremo, ma può essere solo un fine “infravalente”. …La Rivelazione custodita dalla Chiesa vieta di confondere gli ordini di finalità asse­gnando alla missione temporale del cristiano lo scopo dell’avvento terrestre del Regno di Dio. Per questo risultato ci vorranno “una nuova Terra e un nuovo Cielo”. La lotta temporale …non pretende di eliminare definitivamente il male né di far trionfare definitivamente il bene, ma essa viene svolta per ostacolare per quanto possibile l’avanzata del male e di affrettare per quanto possibile l’avanzata del bene nel mondo; questo è il compito proprio dei cristiani che lottano da cristiani per il bene del mondo in un mondo sottomesso alle leggi del tempo e del divenire» (141).

Pertanto padre Ugo Vanni avverte che «il cammino della Chiesa è un procedere nel deserto …Nel deserto, anche quando troviamo qualche oasi in cui tutto sembra vada bene, non possiamo illuderci di essere arrivati: l’oasi non è ancora la nuova Gerusalemme, è soltanto una pausa, un momento di calma, certamente da sfruttare e gustare. …Se troviamo un’oasi, sfruttiamola in tutta la sua bellezza, ma non facciamo di lei un’oasi definitiva. L’oasi definitiva sarà soltanto quella che ci permetterà di approdare alla nuova Gerusalemme» (142).

Tuttavia, è chiaro che, come la caricatura non smentisce l’originale né l’abuso impedisce l’uso ma anzi li confermano ed autorizzano, così la condanna dell’errore millenaristico non coinvolge affatto la ortodossa e sacrosanta speranza e attesa di un’epoca di trionfo terreno della Chiesa. Parliamo infatti di un’epoca che non sarà il culmine di una inevitabile evoluzione umana immanente, bensì il risultato di una gratuita e misericordiosa assistenza della Divina Provvidenza; un’epoca che non sarà caratterizzata dal dominio di Gesù Cristo tornato fisicamente in gloria sulla terra, ma solo da una sua maggiore influenza spirituale esercitata mediante la Chiesa.

Tale epoca di trionfo, per quanto limitata e provvisoria, sarà appunto una di quelle “oasi nel deserto” concesse da Dio all’umanità redenta durante il suo lungo e duro pellegrinaggio verso la Patria celeste.

Insomma, è vero che il Regno di Dio si compirà definitivamente solo nell’altro mondo, ma questo compimento potrà avvenire proprio in quanto tale Regno sta già attuandosi in questo mondo, durante la storia, nella vita della Chiesa militante e della conseguente civiltà cristiana: «il Regno di Dio è già fra di voi» (Mt 12,28). Si tratta di un Regno sia escatologico che temporale, sia ultraterreno che terreno, sia invisibile che visibile, sia individuale che sociale, in quanto la gloria di Dio deve realizzarsi in tutti i campi e a tutti i livelli (143).

Possiamo quindi aspettarci l’avvento di un’epoca caratterizzata da una rinascita della fede talmente forte, da poter vincere la Rivoluzione e costruire una Cristianità molto più perfetta, estesa e duratura di quella realizzata durante il Medioevo. Bisogna dunque respingere quella mentalità, derivata dallo storicismo moderno, che considera la storia come un inevitabile progresso verso la secolarizzazione della Religione, il “superamento” del Cristianesimo e l’emarginazione della Chiesa.

Una sana teologia cristiana della storia deve invece arrivare a questa semplice conclusione: «L’epoca moderna e contemporanea può essere compresa solo come un periodo nel quale il principio ostile a Cristo ha, prò tempore, prevalso (Dio lo ha permesso), ma non ha affatto riportato una vittoria decisiva, nonostante le apparenze, ed anzi un giorno, quando Dio lo vorrà, scomparirà. …Ecco perché l’epoca presente deve considerarsi, alla luce della teologia, caduca e transeunte: proprio perché essa si oppone a Cristo, che è la “pietra d’inciampo” (Le 2,34) per coloro che lo avversano» (144).

Del resto, se così non fosse, si rischia di credere che Dio sia signore e padrone del Cielo ma non della Terra, dell’eternità ma non del tempo, dello spirito ma non della materia, dell’anima ma non del corpo, dell’individuo ma non della società; la Provvidenza divina a-vrebbe quindi abbandonato la storia al dominio del demonio, riservandosi solo una tardiva, rimediata e simbolica vittoria finale; oppure avrebbe abbandonato la società al dominio del demonio, rinunciando alla santificazione sociale e limitandosi a salvare i singoli individui.

Ma un sincero cattolico non può concepire un Regno divino dimezzato, non può pensare che Dio abbia abbandonato la storia al demonio, l’eredità di Gesù Cristo e la dote della Madonna ai servi di Satana (145). Questa mentalità di sapore manicheo deriva da una crisi della fede e della speranza soprannaturali e da una errata teologia della storia, che ha favorito quella pastorale e quella politica minimalista, smobilitatrice e arrendista che ha provocato tante sconfitte del Cristianesimo contemporaneo (146).

Possiamo quindi periodizzare la storia sacra in senso trinitario senza favorire il millenarismo. Ad esempio, secondo alcuni teologi, «la storia, che è il cammino dell’umanità verso Dio, si realizza in tre fasi: 1, nella prima, l’uomo è al centro del creato dirigendolo verso una meta: questo è il regno dell’uomo (147); 2, nella seconda fase, è Cristo che sta al centro del mondo e l’uomo vi sta in quanto incorporato a Lui: questo è il regno di Cristo; 3, nella terza fase, quella conclusiva, Cristo torna nel mondo per consegnarlo al Padre; in tal modo si compie il Regno di Dio, che però si pone nell’eternità e non fa parte della storia» (148).

Secondo altri teologi, va usata la seguente schematizzazione classica: la prima fase del Regno divino fu quella del Padre (Antico Testamento) che si realizzò principalmente nel popolo ebraico; la seconda è quella attuale del Figlio (Nuovo Testamento) che va realizzandosi nella Chiesa militante; la terza sarà quella dello Spirito Santo, fase definitiva ed eterna che si realizzerà solo nella compiuta Chiesa trionfante, ossia nella “Gerusalemme celeste”, alla fine dei tempi e nell’aldilà (149).

È dunque solo riferendosi alla beata eternità oltremondana che si può parlare propriamente di una “era dello Spirito Santo” o, per dir meglio, di una era del Padre e del Figlio nello Spirito, quindi di un’era dell’intera Trinità, un’era che compirà e fonderà i Regni delle prime due Persone trinitarie in quello della terza. In questo modo viene evitata in radice ogni forma di millenarismo e viene corretta quella fuorviante impostazione storico-teologica gioachimita che si è poi secolarizzata nell’epoca moderna favorendo tanti equivoci ed errori.

Sperare per lottare e per vincere

In conclusione, la prospettiva del Regno di Maria è non solo lecita ma anche raccomandabile ed anzi potremmo dire doverosa, poiché è oggi richiesta dalla fede nella Divina Provvidenza nell’attuale situazione storica.

Questa prospettiva svolge anche un prezioso ruolo pedagogico; essa infatti, da una parte, impedisce che i cristiani si adagino nella comoda illusione di poter sopravvivere adattandosi all’attuale situazione di apostasia; ma, dall’altra, impedisce pure ch’essi cadano in una sterile rassegnazione che li spinge a un analogo degrado e fallimento. Se i fedeli ieri erano sottoposti soprattutto alla prima di queste tentazioni, oggi essi rischiano di cadere piuttosto nella seconda. Dopo averci per secoli ubriacato di rovinose e colpevoli illusioni, ma rendendosi conto di essere ormai incapace di mantenere le promesse fatte, la Rivoluzione anticristiana oggi cerca di gettarci in un’altrettanto rovinosa e colpevole disperazione, usando lo stesso perfido metodo impiegato dal demonio per impedire la conversione del peccatore disilluso.

All’ottimismo progressista succede oggi un opposto ma speculare pessimismo nichilista, «un pessimismo che, fattosi smagato di fronte alla storia quale realmente è, si prepara a una fine catastrofica la quale però …viene intesa come definitiva, come una catastrofe aldilà della quale non è possibile udire una promessa di salvezza, né scorgere alcuna immagine di Città di Dio» (150). Si rinnova quindi uno stato d’animo simile a quello insorto negli anni di crisi dell’antica Roma, quando dilagò «un senso d’impotenza e di disperazione, con cui gli uomini rivolsero vanamente i loro pugni contro le stelle, quando videro che tutti gli sforzi dell’umanità lentamente e inesorabilmente sprofondavano in un pantano» (151).

Secondo Christopher Dawson, anche nella nostra epoca «la perdita della speranza fu realmente la sorgente da cui scaturirono tutti questi mali; quando gli uomini si videro privati della speranza spirituale, fu inevitabile che si rivolgessero bramosi verso la nuova speranza laica di un millenarismo sociale. Ma oggi questa speranza si è dimostrata deludente e la nuova Babilonia è minacciata da una fine ancor più catastrofica e suicida che quella di un qualsiasi impero mondiale del passato. Ci troviamo di nuovo nella stessa situazione che i cristiani affrontarono durante la decadenza del mondo antico. Tutto dipende dal fatto se i cristiani della nuova età saranno all’altezza della loro missione; se saranno capaci di comunicare la speranza ad un mondo in cui l’uomo si trova solo e disperato di fronte alle forze mostruose che sono state create dall’uomo stesso per servire i suoi fini, ma che ora sono sfuggite al suo controllo e minacciano di distruggerlo» (152).

Il rifiuto della speranza soprannaturale, peccato contro lo Spirito Santo che caratterizza la nostra epoca, è stato analizzato e denunciato da molti studiosi e teologi, buon ultimo il regnante Pontefice (153), come causa del dilagare della disperazione come malattia che favorisce il moltiplicarsi di crimini irrazionali apparentemente inspiegabili. Questa disperazione viene ancora temperata dalla debole sopravvivenza di talune certezze spirituali e sicurezze sociali, ma potrebbe esplodere domani, quando sopraggiungerà quel terribile castigo, preannunciato dalla Madonna a Fatima, che avrà il compito di spazzar via ogni umana illusione per far spazio alla sola speranza soprannaturale e in questo modo corre la premessa di una prossima grazia di riscatto e restaurazione (154).

Dopo aver raccontato quelle molteplici passioni, morti e resurrezioni della Chiesa che dimostrano la sua miracolosa capacità di rinascere e rinnovarsi lungo la storia umana, Chesterton così concludeva: «Questo è il fatto finale, il più straordinario di tutti: la fede non solo è morta spesso, ma spesso è morta di vecchiaia. …È ovvio che sia sopravvissuta alle più selvagge e più universali persecuzioni; ma ha una tenacia anche più strana e fatale: è sopravvissuta non solo alla guerra ma anche alla pace. Non solo è morta spesso, ma spesso ha anche degenerato e spesso è decaduta; è sopravvissuta alla sua debolezza e perfino alla sua resa». Ebbene, oggi «anche il modello moderno è finito, come finirono i modelli medioevali e antichi. È chiaro, diviene ogni giorno più chiaro, che non si va a finire nella sparizione di un credo attenuato, ma piuttosto nel ritorno di quelle sue parti che erano veramente scomparse. …Quella che ritorna non è una teologia semplificata né una teologia “purificata” secondo le nuove vedute: è semplicemente la teologia» (155).

Alla falsa alternativa tra compromesso e isolamento, tra complicità e resa, tra illusione e disperazione, bisogna dunque opporre la prospettiva dell’autentica speranza cristiana: speranza nella Divina Provvidenza, speranza nella potenza di Cristo, speranza nell’intervento misericordioso della Madonna, speranza nella riscossa della Chiesa militante, speranza nella restaurazione della Cristianità.

Osservava un mistico contemporaneo: «il cristiano non vive soltanto la Passione del Cristo, vive anche il Suo trionfo. Nel mistero vive una cosa e l’altra, ma non una cosa senza l’altra. Oggi non potremmo vivere soltanto la Passione di Gesù, perché vivere soltanto la Passione di Gesù non ci farebbe cristiani, perché Cristo non è soltanto Colui che è morto, ma anche Colui che ora è vivente e vive la glorificazione che si è meritato mediante la morte» (156).

Perfino il padre Robert Benson, che in un noto romanzo fantareligioso del 1907 aveva previsto una Chiesa perseguitata da un potere anticristiano tanto somigliante a quelli attuali dell’ONU o dell’Unione Europea, quattro anni dopo sentì il bisogno di scrivere un altro romanzo, nel quale preannunciò una Chiesa tornata vittoriosa e una Cristianità restaurata.

In questa prospettiva, il tempo presente di crisi, umiliazione ed oppressione della Chiesa va considerato e vissuto non come una “età oscura” da subire fatalisticamente, ma semmai come una “notte oscura”, nel senso inteso dai mistici: ossia come un periodo storico in cui Dio si nasconde ed anzi sembra abbandonare il campo per ritirarsi in Cielo, suscitando nei fedeli stessi un angoscioso senso di abbandono e di solitudine.

«Perché mai Dio permette dunque questo scatenamento delle forze del male? – si chiedeva un altro mistico del nostro tempo, e rispondeva: – Noi vi discerniamo qui due ragioni: la conversione dei tiepidi e il favorire una fioritura di elevata santità. …[Dio] lo permette per far uscire dall’apatia spirituale la massa di coloro che vivono alla giornata, senza mai sollevare lo sguardo verso la loro eternità; lo permette affinchè, colpiti da spavento o da dolore davanti al trionfo della ingiustizia, davanti alla minaccia della morte, davanti alla perdita di tutto quanto costituiva la loro ragione di vita, essi ritornino a quel Dio che avevano abbandonato; …lo permette affinchè essi cerchino rifugio e protezione in Lui, accettando dalla Sua mano quelle necessarie penitenze che non avrebbero mai potuto imporsi da soli» (158).

Viviamo dunque un periodo di prova purificatrice, che ci da occasione di testimoniare fedelmente la vera Fede con virile fiducia nella Provvidenza, mantenendo fisso l’intelletto sulla Verità rivelata, ricordando le divine promesse, orientando la volontà al Bene sperato e dominando una sensibilità timorosa e pessimistica.

Come disse sant’Agostino, «ecco che ora sono nella notte; eppure, finché non sarà passata l’iniquità di questa notte, io spererò in Dio» (159); anzi, «è in questa notte che bisogna riconoscere l’alba del nuovo giorno, è in questo buio che bisogna intravedere la luce» (160). In questo periodo di crisi, bisogna esser ben convinti che, prima o poi, le divine promesse rivolte alla Chiesa si compiranno infallibilmente, per quanto oggi esse possano sembrare lontane o addirittura improbabili.

Quella che oggi viviamo è certamente una situazione anomala ed anzi estrema; ma, secondo un profondo teologo contemporaneo, Josef Pieper, «la superiorità del credente (anche se non dotto) sul non credente (anche se dotto) risulta netta in quelle situazioni estreme che la storia spesso riserva all’uomo. Questa superiorità consiste in una interiore incolumità, in una capacità innanzitutto di non disperare. …È dunque caratteristica di colui che spera veramente, il fatto di mantenersi aperto ad un adempimento che supera ogni possibile immaginazione umana» (161).

Ma come si realizzerà questo “adempimento”? Esso sarà probabilmente preparato da un evento storico chiarificatore che realizzerà la netta separazione tra fede ed empietà, dissipando quelle trame sataniche che tuttora impediscono la vittoria dei figli della Luce su quelli delle Tenebre. Si tratterà di un prodigioso intervento divino che – all’ultimo momento, in modo imprevedibile, improvviso e traumatico – rovescerà la sconfitta in trionfo e risolverà drasticamente una situazione ritenuta disperata.

Dobbiamo quindi aspettarci non una catastrofe che chiuderà la storia, bensì una “eu-catastrofe” che ne aprirà una nuova fase: ossia un dramma felicemente risolutivo, simile a quei miracoli raccontati non solo da tante fiabe (162) ma anche da tante cronache, perché realmente avvenuti più volte nella storia della Chiesa, miracoli che hanno la loro causa esemplare nella prodigiosa Risurrezione del Salvatore. Il messaggio di Fatima non mira forse a prepararci appunto a un’altra di queste risolutive “eu-catastrofi”?

È insomma certo che ci avviamo verso una nuova ed epocale vittoria cristiana. Ma anche questa, come le precedenti, non potrà fare a meno dell’umana collaborazione. Per vincere bisogna lottare, per lottare bisogna sperare, per sperare bisogna amare ciò in cui si spera, e per amare bisogna credere rifiutando colpevoli illusioni e false consolazioni.

La riscossa tanto auspicata presuppone quindi l’impegno e l’olocausto di cristiani dall’animo retto, forte e generoso, dotati insomma delle qualità riservate dallo Spirito Santo ai “puri di cuore”; infatti, come ammoniva san Cirillo da Gerusalemme, «solo un cuore puro può dire, senza timore alcuno: “venga il tuo Regno!” …Solo colui che nelle azioni, nei pensieri, nelle parole si conserva integro, può chiedere a Dio: “venga il tuo Regno!”» (163)

Se il “resto d’Israele”, se i cristiani rimasti fedeli pregheranno e lotteranno nella fiduciosa prospettiva del Regno di Cristo in Maria, la loro preghiera verrà esaudita e la loro lotta verrà ricompensata; quand’anche non lo fosse nel, lo sarebbe perlomeno nell’eternità.

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