Europa preda di islam e immigrazione

Europa preda dell'Islam  rinuncia a difendere Israele Abstract: Europa preda di islam e immigrazione  sta oltrepassando una soglia morale rinunciando alla sua identità. Questa Europa non sta difendendo Israele per non rompere la quiete multiculturale senza avvedersi che l’Islam la sta completamente conquistando grazie anche alla maggiore vitalità dell’immigrazione. Per quanto resta dell’ebraismo europeo, la già evidente immigrazione degli ebrei verso Israele, il Quebec, la Florida e altrove subirà un’accelerazione.

Newsletter 23 Ottobre 2023 

“Europa, figlia di Omero e della Bibbia,

difendi Israele dai figli del muftì alleato di Hitler”

Podcast col giornalista Philippe Val, sotto scorta per una fatwa.

di Giulio Meotti

Dopo un viaggio a New York, Jean Cocteau, sull’aereo di ritorno, scrisse una Lettera agli americani in cui ricordava: “Charles Baudelaire parlava della decadenza come la prova estrema di una civiltà”.

Dopo il 7 ottobre – che il russo Konstantin Kisin definisce “il giorno in cui le illusioni sono morte” – l’Europa è in quella prova. Ora c’è un relativismo radicale che giustifica il terrorismo islamico o lo minimizza fino a banalizzarlo, facendo credere che sia l’arma a disposizione dei più deboli. L’Occidente combatte con le portaerei. Perché Hamas e lo Stato Islamico non dovrebbero abbattere i nostri bambini? In questa domanda c’è una rottura spirituale e antropologica che rivela molto più di uno stato d’animo nei confronti della guerra, piuttosto è una spaventosa soglia morale oltre la quale l’Occidente ha deciso di andare.

Leggiamo da Le Figaro: “Anche oggi, tredici giorni dopo il massacro, abbiamo ricevuto 73 frammenti di cadaveri”, spiega il colonnello Haim Weissberg, rabbino capo dell’esercito israeliano, che sta guidando l’identificazione delle vittime e la preparazione dei corpi per i funerali. “Che cosa diciamo quando si scopre il corpo di una donna incinta uccisa da un terrorista che le ha aperto il ventre e poi ha estratto il feto prima di tagliare la testa a entrambe? E cosa possiamo dire dei corpi delle madri o delle nonne brutalmente violentate?”.

“Per diversi anni ci siamo addestrati in previsione di un’uccisione di massa, dicendoci che quel giorno avremmo dovuto essere in grado di ricevere dozzine di salme contemporaneamente”, sorride tristemente Shery, una volontaria. “Ma mai avremmo immaginato di trovarci di fronte a un simile abominio. Abbiamo ricevuto cadaveri decapitati e corpi di donne che, ancora in pigiama, erano state giustiziate nel sonno. Abbiamo visto vittime crivellate da così tanti proiettili che i loro assassini hanno continuato a sparare anche dopo che erano già morti. Abbiamo visto volti orribilmente mutilati e teste polverizzate al punto da fuoriuscire cervelli.

Soccorritori israeliani raccolgono frammenti ossei nei kibbutz

Resti di donne violentate con tale violenza che le loro ossa pubiche erano state rotte. E devi mettercela tutta per rompere un pube…Vorrei parlarvi di un corpo… Beh, è quello che abbiamo pensato inizialmente. Ma quando l’abbiamo scansionato, abbiamo rilevato due colonne vertebrali e abbiamo capito che in realtà si trattava di una madre e suo figlio abbracciati. Non era rimasto altro che carbone… Quando arrivano i corpi delle giovani soldatesse, quello che mi ha colpito di più è che la maggior parte di loro aveva una manicure superba. Questo tocco di colore è come un segno di speranza. Queste giovani donne si preparavano senza dubbio a tornare a casa per ritrovare il fidanzato o la famiglia.

Per sopravvivere in tutto questo orrore, ci aggrappiamo ai più piccoli frammenti di vita. In mezzo a tutto questo stress e alle notti insonni, il nostro compito è preparare questi corpi con cura e tenerezza. I loro gioielli, ricoperti di sangue, vengono rimossi e puliti per poterli restituire alle famiglie. Il nostro dovere è aiutare coloro che restano e dovranno convivere con questa tragedia, consentendo loro di organizzare i funerali secondo il rispetto prescritto dalla tradizione ebraica”.

Dice il colonnello Weissberg: “Abbiamo trovato corpi senza mani, senza gambe, con i genitali mutilati, volti con gli occhi perforati”. Quando le condizioni del cavo orale lo consentono, il suo lavoro consiste nel confrontare i denti delle vittime ante mortem e post mortem, utilizzando gli archivi conservati dal loro medico. “Per i soldati è piuttosto semplice, perché l’esercito conserva tutte le cartelle cliniche. Ma con i civili è molto più complicato. Qualche giorno fa, il dentista di un kibbutz attaccato da Hamas mi ha spiegato che quel giorno tutti i suoi archivi erano andati in fumo”.

“Sono la figlia di sopravvissuti all’Olocausto”, dice Shery, “e sono cresciuta con le storie dei campi. Un membro della mia famiglia è stato arruolato con la forza nei Sonderkommandos, gruppi di condannati a morte che dovevano rimuovere i cadaveri dai crematori. Fino al 7 ottobre pensavo che non esistesse destino più terribile. Ma ciò a cui stiamo assistendo ora è ancora peggio”.

Come è possibile che pezzi d’Occidente abbiano reagito a tutto questo schierandosi con i terroristi? Lo spiega in un drammatico post sui social Gad Saad, studioso nato e cresciuto in Libano, diventato un biologo in Canada e che ha un enorme seguito online: “Sono una persona molto ottimista e un combattente per i valori e le libertà occidentali; sono un difensore della scienza, della ragione e del buon senso. Devo dire però che non sono sicuro che l’Occidente possa riprendersi dal suicidio di civiltà su più fronti. Sì, ho parlato di questi problemi per decenni e ho scritto un libro al riguardo, ma le ultime settimane hanno cristallizzato la misura in cui il problema è diventato intrattabile. Sarà una fine lunga e in definitiva sanguinosa e l’Occidente sarà la prima società nella storia ad autoimplodere completamente a causa del suo autosequestro ideologico. È una gigantesca tragedia greca che plasmerà il futuro dell’umanità. Questa non è un’iperbole. I vostri nipoti pagheranno un prezzo molto alto per la vostra arroganza ‘progressista’ radicata nella ricerca dell’Unicornia”.

Cosa succederà quando un terzo della popolazione viennese sarà musulmana?

Che oggi si tirino le bombe molotov contro le sinagoghe di Berlino suona come una parodia della vecchia battuta secondo cui i tedeschi “non perdoneranno mai gli ebrei per Auschwitz”.

Questa è la casa di un’anziana coppia di ebrei di Parigi. Volevano bruciarli vivi, come nei kibbutz di fronte a Gaza.

Scrive Julie Burchill sullo Spectator in edicola: “Rimpiango i vecchi tempi in cui soltanto le persone cattive cantavano ‘morte agli ebrei’”. Burchill, con la sua ironia, intende dire: oggi in Europa sono i buoni, i woke, a gridarlo senza più vergogna. “Israele è fuori moda”, disse un ministro degli Esteri europeo qualche anno fa. Abbastanza giusto. Le mode cambiano. Ma quello che oggi vediamo in Europa farà sembrare il primo decennio di questo strano e sanguinario secolo come i famosi “bei vecchi tempi”.

Le strade inglesi da giorni sono piazze di masse di musulmani in preghiera, mentre la polizia inglese non esita ad arrestare le donne cattoliche, come Isabel Vaughan-Spruce, che per strada pregano contro l’aborto.

“Allahu akbar” davanti a Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea. Ora ci sono due inni ufficiali della spartizione europea. Ci sono la Marsigliese e l’Inno alla gioia, sussurrati ai funerali e alle commemorazioni, da timidi europei che hanno paura di disturbare la quiete multiculturale. E c’è “Allahu Akbar”, che nega tutto ciò che lo precede, un grido di guerra, opaco come l’occhio di uno squalo, come la bandiera degli Abbasidi, foriera di morte e distruzione, come la bandiera di Daesh, questa shahada su sfondo nero che assorbe la luce.

La popolazione musulmana del Regno Unito sta aumentando dieci volte più velocemente della popolazione generale. Amsterdam, Rotterdam, Anversa e tutte le altre città continentali, dalla Scandinavia alla Costa Azzurra, dall’Est End londinese alle periferie della Rühr, raggiungeranno lo status di maggioranza musulmana nei prossimi anni, al massimo venti.

Bruxelles ha un sindaco socialista, il che non sorprende, ma presiede un caucus i cui membri in maggioranza sono musulmani, il che potrebbe sorprendere coloro che pensavano che avessimo a che fare con una situazione lenta, graduale e lontana. Il futuro è già qui. “La Francia sarà ancora la Francia, la Germania Germania, il Belgio Belgio, l’Italia l’Italia…”, si sente ripetere, come in una messa cantata. Ma Piazza della Repubblica, a Parigi, ci dice il contrario: nel 2015 vi si gridava “Je suis Charlie”, nel 2023 “Allahu Akbar”. E tra otto anni?

Il Belgio, paese d’eccellenza della dhimmitudine, dal re al sindaco del più piccolo villaggio del regno, tutti si piegano all’Islam attraverso le ingiunzioni dei benpensanti. Ci sono intere città, come Molenbeek e Schaerbeek, passate senza combattere sotto la bandiera del califfato per volontà della sinistra collaborazionista.

La Svezia è stata appena ricompensata per la sua benevolenza nei confronti di Allah, Maometto e i loro seguaci. Non aveva vietato i roghi del Corano? E poi il Regno di Svezia non ha mai colonizzato un paese maomettano. Eppure, a Bruxelles, hanno ucciso due cittadini svedesi sulla sessantina che avevano la sola colpa di indossare la maglia della nazionale svedese.

La codardia non è mai stata ricompensata, anzi, ha sempre finito per generare servitù.

“Demonizzando il controllo delle frontiere, l’antirazzismo oggi non è altro che l’alibi etico per rendere selvaggio il mondo” dice questa settimana Alain Finkielkraut. Il filosofo francese ha ragione: “Paghiamo il prezzo del nostro lassismo migratorio”.

In seguito agli attentati del 7 luglio 2005, l’allora sindaco di Londra Ken Livingstone provò a spiegare perché far saltare in aria gli autobus a Tel Aviv era legittimo, mentre far esplodere gli autobus a Bloomsbury no. E ora la sinistra intellettuale è più entusiasta nel sostenere Hamas rispetto a molti abitanti di Gaza, a cui almeno nessuno ha chiesto un’opinione in merito.

Al che non sono pochi gli israeliani che risponderebbero: e allora? Peccato per il povero ebreo che ha sempre contato sugli “amici” europei. Eppure c’è una differenza tra il ben radicato disprezzo dei docenti universitari nei confronti dell’“apartheid israeliana” e una psicosi di massa così universale, così epidemica ed epidermica, da far parte ormai dell’aria che si respira.

A Mumbay, i terroristi di Allah trovarono il tempo di torturare e uccidere una manciata di ebrei religiosi che aiutavano i poveri della città in un edificio anonimo. Se si trattava di una disputa territoriale sulla Palestina, perché uccidere l’unico rabbino di Mumbay?

Molto prima che i musulmani costituiscano una maggioranza statistica, ci saranno tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu – Gran Bretagna, Francia e Russia – per i quali l’Islam sarà un imperativo politico interno più importante della solidarietà a Israele.

Per quanto resta dell’ebraismo europeo, la già evidente immigrazione degli ebrei verso Israele, il Quebec, la Florida e altrove subirà un’accelerazione. Da giorni, i bambini ebrei in Olanda (il paese di Anne Frank) stanno lasciando le scuole pubbliche.

Solidarietà con i nostri fratelli e sorelle di Gaza”

Questa ieri era la sinagoga di Duchère, a Lione. La stessa sinagoga frequentata da René Hadjadj, l’anziano ebreo che un anno fa il vicino di casa musulmano ha buttato giù dal 17esimo piano. Ma cosa vuoi che sia un altro ebreo ucciso, nella città dove si bruciano gli alberi di Natale e le sinagoghe sono da anni date alle fiamme?

Intanto continuava l’opera di profanazione delle chiese. Ogni giorno una nuova notizia di attacchi ai luoghi di culto cristiani. Ogni giorno, due chiese colpite.

Shadi Khaloul, un cristiano israeliano, dice che la guerra in corso non è solo tra ebrei e Hamas, ma tra coloro che difendono il valore della luce contro le tenebre. “Noi, come israeliani, stiamo combattendo questa battaglia insieme a ebrei, cristiani, musulmani e drusi, aramei come noi”, dice Khaloul. “Lottiamo insieme agli ebrei per difendere i valori giudeo-cristiani comuni su cui sono costruite le nostre democrazie”. Khaloul, 47 anni, fa parte della comunità cristiana maronita aramaica che crede che i suoi membri siano discendenti dei primi seguaci di Gesù. Pregano in aramaico – la lingua parlata da Gesù – e non si identificano come arabi. “Nessuno dei cristiani vuole vivere sotto questo regime islamico jihadista che li tratta come infedeli, che li tratta come… forse cittadini di quinta classe”, ha detto Khaloul.

In Europa ci sarà ancora un Giorno della Memoria dell’Olocausto, soprattutto per il piacere che offre nel castigare i nuovi nazisti. Come ha scritto Anthony Lipmann, figlio anglicano di un sopravvissuto ad Auschwitz: “Quando il 27 gennaio prenderò il braccio di mia madre – numero del tatuaggio A-25466 – penserò non solo ai crematori e ai carri bestiame, ma al Darfur, al Ruanda, a Jenin, a Fallujah”.

Immagino che anche i progressisti abbiano visto e sentito il filmato di una bambina israeliana che grida “aiuto” e la raffica di mitra di Hamas che la uccide. Questo allora ci dicono gli illusi multiculti con la loro paura, la loro viltà, i loro distinguo, la loro menzogna giustificazionista: alla fine, non si tratta di Gaza, non si tratta del Medio Oriente; riguarda loro, riguarda Parigi, Londra, Bruxelles, Berlino, Milano. Riguarda noi.

È il nemico che ti designa. E ci ha designati, collettivamente, ma noi accendiamo candele quando sparano con i loro mortai, e affiliamo le matite quando ungono i loro AK-47. Questa Europa ridicola è tutto ciò che ci resta e non sappiamo nemmeno per quanto tempo.

“Andando in Israele nel 2010, con una kippah in testa, ho peggiorato notevolmente la mia situazione” scrive questa settimana il grande romanziere algerino Boualem Sansal. “Da puzzolente ebreo sono diventato nemico di Allah e della nazione araba. Anche in Francia ho avuto difficoltà, sono su tutte le liste nere. Tutto è cambiato, le aspettative e gli attori dell’antisemitismo, ma non gli ebrei, che continuano a credere che le cose possano migliorare, mentre le vediamo peggiorare di minuto in minuto. Dove troveranno rifugio?”.

Israele forse ne uscirà più forte, forse più debole, ma sicuramente si consolerà pensando che, in questa nuova Europa, gli europei saranno i nuovi ebrei. E dove troveranno rifugio?

“Perché l’attacco di Hamas a Israele ci preoccupa? Perché è l’unico paese di quella regione in cui si respira lo spirito europeo”.

Così sul Journal du dimanche Philippe Val, l’ex direttore di Charlie Hebdo che dal 2006 vive sotto protezione della polizia: porte e finestre antiproiettili, in casa una “safe room” (come quelle dei kibbutz colpiti da Hamas), cinque uomini armati davanti alla porta 24 ore su 24, il programma di protezione “Uclat 2” (lo stesso dell’ambasciatore di Israele a Parigi) e un indirizzo che è un segreto di stato.

“L’Europa è costruita sulla filosofia greca e la cultura giudaico-cristiana, sono il materiale e la base dell’Europa e Israele è stata costruita così” mi dice Val (per ascoltare il popdcast in alto). “Siamo figli di Omero e della Bibbia, sono i due libri che stanno all’inizio della biblioteca europea”

Val va al cuore dello scontro a Gaza. “Lo stato di Israele fu fondato nel 1948, ma il progetto di sradicare gli ebrei è anteriore, già negli anni Trenta i Fratelli Musulmani e gli imam come al Husseini avevano già in progetto di distruggere gli ebrei e fecero una alleanza con Hitler. Al tempo non c’era il problema territoriale, solo l’antisemitismo e penso che l’antisemitismo è ancora una delle ragioni che impediscono la risoluzione del conflitto. Non puoi parlare con chi vuole sradicare il tuo popolo e paese, non è una buona base di discussione. Non è forse il caso per tutti gli arabi, ma sono sempre i radicali che saturano il dibattito e prendono in ostaggio il resto della comunità palestinese. Si sentono solo quelli di Hamas e il resto ha paura”.

Sotto casa sua, a Parigi, hanno sfilato le manifestazioni con le bandiere di Hamas e si è gridato “Allahu Akbar”.

“In queste manifestazioni si sente sempre ‘morte agli ebrei’, incredibile ma è così. Nel 1967, il filosofo Vladimir Jankélévitch spiegò perfettamente che l’antisionismo degli ambienti della sinistra accademica, culturale e mediatica è una forma di antisemitismo: ‘L’antisionismo è un’incredibile manna dal cielo, perché ci dà il permesso – e anche il diritto, e anche il dovere – di essere antisemiti in nome della democrazia! È il permesso di essere democraticamente antisemiti. E se gli ebrei fossero essi stessi nazisti? Sarebbe meraviglioso’. Così, quando ci sono morti e massacri di musulmani non è importante, non c’è il nemico giusto, possono morire e non è un problema. Se ne infischiano, ma quando c’è Israele si scagliano. La differenza è la misura dell’antisemitismo”.

In Francia questa sinistra è particolarmente forte. “Si è costruita sull’anticolonialismo, la guerra di Algeria, Sartre, Fanon, ma hanno perduto la ragione principale e trovato la Palestina per riclicare un vecchio antisemitismo di sinistra che c’era già alla fine dell’Ottocento al tempo dell’affaire Dreyfus. Una parte ha rotto, Jaures, Zola, Blum, e oggi è la stessa storia e la stessa sinistra, non hanno cambiato ma è ancora più scandaloso per me perché nel frattempo c’è stata la Shoah, è vergognoso e scandaloso”.

Val conclude con una richiesta all’Europa: “Non abbiamo il coraggio di dire no. Manchiamo di coraggio e oggi paghiamo cara la nostra codardia. Una civiltà può sopravvivere solo se c’è la sua trasmissione. E gli islamisti vogliono distruggere questa trasmissione. Come tutti i movimenti totalitari, vogliono cancellare il passato, la storia, la cultura, perché storia e cultura sono le basi delle nostre libertà”.

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span style=”color: #000000;”>L’Europa si è dimenticata di come il Gran Muftì di Gerusalemme  manifestò tutta la sua simpatia per il nazismo, sterminatore di ebrei. Un desiderio  che il terrorismo islamico sta coltivando ancora oggi:  Il patto tra la svastica e la mezzaluna