Conquistadores in America del Sud, gloria di Spagna

Abstract:  i conquistadores della Spagna in America del Sud portarono la civiltà cristiana valorizzando e  conservando il buono della cultura indigena. In America del Sud non ci fu alcun genocidio e la Spagna fu autrice della prima globalizzazione a partire dal Vangelo. I numeri parlano chiaro: mille ospedali, trenta università, un numero incalcolabile di scuole e molte confraternite sono le cifre incontestabili di autentiche e concrete opere di misericordia quotidiana.

Radici Cristiane n. 178 novembre-dicembre 2022

Liberoamerica una conquista? No, una missione

Nella cosiddetta liberoamerica non vi fu alcun etnocidio, nessuna realtà culturale è stata cancellata. Si è verificato piuttosto un processo di transculturazione, durante il quale i cattolici hanno accettato e valorizzato il buono delle culture indigene, rifiutando solo quanto incompatibile col Vangelo e col diritto naturale, come il cannibalismo, la magia o i sacrifici umani. Oggi è necessario ed urgente, per onestà intellettuale, mostrare quante ostinate faziosità ed odiose menzogne vengano volutamente propalate per motivi ideologici da movimenti indigenisti, ecologisti, neomarxisti, terzomondisti, pauperisti, nonché dai cosiddetti cattolici progressisti.

di Luigi Bertoldi

La Spagna in America del Sud tutelò gli indiosIl ruolo svolto dai missionari spagnoli nelle Americhe? Una benedizione del Signore con buona pace dell’ideologia woke, delle sue teorie false e fuorvianti e dell’attivismo stile Black Lives Matter.

E’ quanto emerso con chiarezza alla tavola rotonda sul tema “La prima globalizzazione a partire dal Vangelo”, svoltasi lo scorso dicembre presso la facoltà di Teologia dell’Università ecclesiastica San Damaso di Madrid.

Fu evangelizzazione

Il prof. Andrès  Marìnez, docente di storia della Chiesa presso lo stesso ateneo, non ha dubbi: non si è trattato di «conquista», bensì di opera di «evangelizzazione» di quei territori d’Oltreoceano. Benchè perplessità siano state sollevate circa la genuinità delle intenzioni di re Ferdinando II dello “il Cattolico”, mosso, secondo alcuni storici, più da motivi economici che religiosi, «sappiamo con certezza – ha dichiarato il docente – come, nella mente di Isabella la Cattolica, vi fosse un progetto sicuramente di evangelizzazione», come si evince da quanto scritto nel suo testamento, dove riconosce pari dignità ai suoi sudditi dalla parte opposta del mondo, nonché dalla bolla di papa Alessandro VI, che dava ai monarchi cattolici diritto di conquista a condizione che evangelizzassero.

«C’è stato chi ha detto che l’evangelizzazione fosse solo una scusa», ha dichiarato la professoressa Maria Saavedra, docente di Storia presso l’Università CEU San Paolo di Madrid, ma non fu così e, francamente, si è detta anche un po’ «annoiata» da questa sorta di “leggenda nera”, fugata, pur tra luci e ombre, dai buoni e positivi frutti ottenuti proprio grazie alla presenza missionaria spagnola.

Questi frutti

Quali frutti? I numeri parlano chiaro: mille ospedali, trenta università, un numero incalcolabile di scuole e molte confraternite sono le cifre incontestabili di autentiche e concrete opere di misericordia quotidiana. Secondo la professoressa Saavedra, di fatto, «i sovrani cattolici avviarono per la prima volta  nella Storia una vera politica indigenista», riconoscendo subito agli indios lo stato di sudditi della Corona di Castiglia. Si stima che, all’epoca, 20mila missionari spagnoli, tra sacerdoti secolari e religiosi, abbiano fatto di tutto per annunciare Cristo ovunque, rispettando sempre la popolazione locale, le sue tradizioni ed il suo patrimonio linguistico e culturale, mai eliminato ma sempre documentato e, oggi, conservato proprio grazie al materiale prezioso raccolto dagli uomini di Chiesa, il che ha consentito i sorgere e lo svilupparsi della scienza etnografica. «Non vi fu alcun etnocidio – ha affermato la professoressa Saavedra – in quanto le realtà culturali non sono state cancellate. Si è verificato un processo di transculturazione, durante il quale i cattolici hanno accettato e valorizzato il buono di quelle culture, rifiutando solo quanto risultasse incompatibile col Vangelo, come il cannibalismo, o la magia» oppure i sacrifici umani. Non a caso l’America plasmata dagli spagnoli è la sola area del Continente a vantare ancora oggi una popolazione a maggioranza indigena o meticcia, altro che sterminio!

Basta con le ideologie!

La professoressa Pilar Gordillo, storica dell’arte e delegata per fede e cultura dell’Arcidiocesi di Toledo, ha evidenziato come l’ideologia woke si opponga per principio a tutto quanto sia stato fatto dalla “cultura bianca”, diffamandola ed accusandola persino di aver distrutto le culture indigene, il che è totalmente faso, come mostrano i documenti originali dell’epoca che comprovano come i pochi eccessi siano stati puniti in modo esemplare. Scontri si sono avuti da entrambe le parti ma, in generale, si può dire che via sia stato un sostanziale rispetto per la dignità degli indigeni, rispetto confluito poi nella celebrazione di matrimoni misti e nella liberazione di gruppi etnici sottomessi da altre tribù più aggressive e violente. «Dobbiamo essere orgoglioso del lavoro svolto dalla Spagna», ha commentato la professoressa Gordillo.

Sulla stessa linea anche il prof. José Maria Calderòn, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie e direttore della cattedra di Missiologia presso l’Università Ecclesiastica San Damaso: «Vogliamo mostrare la verità – ha detto – in modo che certe dottrine non continuino ad esser diffuse». Per questo ha annunciato di voler impegnare l’intero anno accademici ad approfondire la storia dell’evangelizzazione e l’attività missionaria svolta dalla Chiesa in America. Un proposito più che opportuno per almeno due motivi. Il primo consiste nel mostrare quante ostinate faziosità ed odiose menzogne siano state volutamente propalate per motivi ideologici da una letteratura antispagnola ed anticattolica, iniziata nel Cinquecento negli ambienti protestanti ed ancora oggi alimentata e diffusa tramite movimenti indigenisti, ecologisti, neomarxisti, terzomondisti, pauperisti, nonché dai cosiddetti cattolici progressisti. Il secondo motivo consiste, invece, in positivo, nel far conoscere il patrimonio di opere concrete realizzate da conquistadores e missionari: dalle case alle chiese, dall’agricoltura all’allevamento, dall’artigianato alle opere di carità, dagli ospedali alle università, dall’arte architettura, tutto a beneficio soprattutto delle popolazioni locali in una felice sintesi tra culture sotto l’egida di una comune fede. Checché ne dicano i detrattori…