Allarme clima ed ecoansia

Abstract: Allarme clima e ecoansia. A chi giova l’allarmismo incessante sul cambiamento del clima e le conseguenti catastrofi ambientali? C’è chi preme per realizzare una nuova forma di socialismo e vuole spingere le persone a credere che non vi siano alternative

Centro Studi Rosario Livatino 14 Agosto 2023

Allarmismo climatico ed eco-ansia: cui prodest?

I media mainstream hanno colto l’occasione del rialzo delle temperature, un fenomeno che accompagna generalmente l’inizio del periodo estivo, per paventare un’emergenza climatica causata dall’uomo, che richiederebbe misure radicali e urgenti. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha parlato dell’inizio dell’«era dell’ebollizione globale», affermando che «il cambiamento climatico è qui. È terrificante. Ed è solo l’inizio». Poi le temperature sono bruscamente ridiscese e con esse, almeno per un po’, anche i toni.

Maurizio Milano

1, Deve trattarsi dell’effetto Seneca. Il celebre filosofo latino, Lucio Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.), nell’Epistula XVIII delle “Lettere morali a Lucilio”, scriveva infatti: «Omnis aestas hominibus calidissima semper videtur», e cioè «Ogni estate sembra agli uomini la più calda di sempre». Non si dovrebbe però confondere il meteo, per sua natura variabile e capriccioso, col clima, le cui tendenze si misurano su scale temporali pluridecennali, se non secolari. Ci sono pochi dubbi sul fatto che anche il clima sia naturalmente soggetto a cambiamento, e ciò non da quando esiste l’uomo o a partire dalla rivoluzione industriale, ma da quando esiste il mondo. Eppure l’ipotesi della predominante responsabilità umana nel (recente?) cambio del clima ha acquisto nel corso degli ultimi lustri un consenso crescente all’interno del mondo politico, economico-finanziario, di parte dell’accademia e dell’informazione globale.

2. La teoria del «riscaldamento globale» di supposta origine antropica (l’acronimo inglese è “AGW”: Anthropogenic Global Warming) e del più ampio concetto di «cambiamento climatico» che ne deriverebbe – al centro dell’attività dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un’agenzia dell’Onu dedicata allo studio dell’impatto umano sul cambiamento climatico – è però solamente un’ipotesi, non dimostrata e non dimostrabile. Sono moltissimi gli scienziati autorevoli che la criticano apertamente: per rimanere al nostro Paese scienziati di fama mondiale come Antonino Zichichi, Carlo Rubbia e il climatologo Franco Prodi che la definisce una “suggestione”, per di più non esente da conflitti di interesse, qualificando la climatologia come una «disciplina acerba».

Le loro critiche sono considerate scomode in quanto contraddicono la narrazione dominante, e quindi non trovano spazio nei media mainstream. Recentemente il Fondo Monetario Internazionale ha cancellato una conferenza già programmata del celebre fisico statunitense e premio Nobel, John Francis Clauser (1942-), dopo che aveva dichiarato: «Posso dire con fiducia che non c’è reale crisi climatica, e che il cambiamento climatico non causi condizioni metereologiche o eventi estremi».

Diviene difficile per la vulgata dominante screditare scienziati di tale livello rubricandoli a terrapiattisti, meglio allora oscurarli dal pubblico dibattito come venne fatto durante la crisi sanitaria col biologo e virologo francese, il premio Nobel Luc Montagnier (1932-2022). I più zelanti propendono di risolvere definitivamente la questione con la forza pubblica, istituendo il reato di negazionismo climatico Schwab scrive che «particolare attenzione dovrà essere prestata a quelli che non riconoscono o semplicemente negano la scienza (sic) del cambiamento climatico» (Cfr. Klaus Schwab, Thierry Malleret, The Great Narrative, For a Better Future, ed. Forum Publishing, 2021, § 2.3.3). Se poi, “malauguratamente”, la temperatura dovesse ridiscendere nessun problema: il riscaldamento c’è ma non si vede, come la nebbia di Milano in un famoso film di Totò. Insomma, passeremmo dal malato asintomatico al riscaldamento globale asintomatico.

3. Per contro, il metodo scientifico presupporrebbe toni pacati, esperimenti e verifiche sul campo, senza preconcetti o agende nascoste, senza chiudere la bocca a nessuno e senza diffondere paura e ansia tra le persone. Il magnate-filantropo Bill Gates, in analogia e prosecuzione ideale con la pandemia CoViD-19, parla invece di un’incombente pandemia climatica. Nel suo libro “How to avoid a climate disasterha introdotto il concetto di «green premium», «premio verde», per indicare l’extra costo legato all’utilizzo dell’energia verde, cioè l’aumento dei costi su materiali e prodotti energetici dovuti alla transizione verso le energie rinnovabili.

In tempi non sospetti, un anno esatto prima dell’inizio del conflitto in Ucraina, Gates stimava in 5mila miliardi di dollari Usa annui (su un’economia globale che valeva circa 80mila miliardi di dollari) l’incremento di costi per attuare la transizione. Ecco allora che l’esplosione dell’inflazione a partire dall’estate del 2021, e poi attribuita principalmente al conflitto russo-ucraino, iniziato però nel febbraio 2022, è attribuibile in realtà in buona misura proprio alla transizione energetica, con sotto-investimenti nei combustibili fossili, oltre che alle politiche monetarie e fiscali ultra-espansive e alla frammentazione delle filiere produttive-distributive a seguito dei lockdown attuati dai governi durante la crisi sanitaria. Stiamo andando, insomma, verso una sorta di socialismo verde e quando avanza il socialismo sono a rischio proprietà privata, privacy e libertà, non solo economica: la contrazione in atto della classe media ne è un sintomo evidente.

Bill Gates afferma che tali costi, per quanto immani, sono però necessari «per evitare l’incombente disastro climatico», dipinto con tinte così fosche da rivaleggiare con le bibliche sette piaghe d’Egitto: «tempeste, incendi, rinnalzamento dei livelli dei mari, miseria e migrazioni dai Paesi poveri, guerre». Gates sostiene anche che se non iniziamo a bloccare subito le emissioni di gas serra, ogni anno moriranno milioni di persone per il cambiamento climatico, e contro ciò, dice con una certa compiaciuta ironia, non ci sarà nessun “vaccino” disponibile. E dire che l’Articolo 658 del codice penale prevederebbe sanzioni contro «chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme», senonché nel caso del clima purtroppo sono proprio «l’Autorità, gli enti e le persone che esercitano un pubblico servizio» a rendersi responsabili di tale “procurato allarme”.

4. Ecco allora spiegato il senso dell’allarmismo climatico: solo se le persone saranno persuase che non ci sono alternative si potrà procedere nella direzione indicata dall’Agenda Onu 2030 per il cosiddetto sviluppo sostenibile e portata avanti dalla «iniziativa del Great Reset» di Davos, che si prefigge il prometeico obiettivo di «ripensare, reimmaginare e resettare il nostro mondo», come scrive il prof. Klaus Schwab nel suo famoso testo CoViD-19: The Great Reset”, pubblicato nel luglio 2020.

I programmi decisi dall’alto trovano sponda nell’operato dei movimenti ecologisti, da Fridays For Future a Extinction Rebellion, da quelli che imbrattano le opere d’arte nei musei in favore di telecamere a quelli che bloccano la circolazione stradale, ferroviaria o aerea, fino ai gruppi eco-terroristi. Pensare che i giovani protestano perché il piano delineato dai potenti del mondo sia attuato ancora più in fretta e in modo ancora più radicale fa sorridere, e spiace che la buona fede della base, per quanto così mal riposta, sia strumentalizzata in modo così cinico. “La nostra casa è in fiamme” è il verbo eco-catastrofista propagandato dalla giovane ambientalista svedese Greta Thunberg (2003-) e dagli attivisti green, con afflato religioso, richieste di pentimento, sacrifici ed espiazione, che purtroppo sta creando tra i giovani una nuova “patologia”, l’eco-ansia, alimentata dalla propaganda dei media e, purtroppo, dalle stesse istituzioni.

5. Ma come è possibile spingere le persone ad andare contro i propri interessi? Lo spiega molto bene l’antropologo, psicologo e sociologo francese Gustave le Bon (1841-1931): «In una folla, ogni sentimento, ogni atto è contagioso, e contagioso al punto che l’individuo sacrifica molto facilmente il proprio interesse personale all’interesse collettivo. È un’attitudine fortemente contraria alla sua natura, e l’uomo ne è capace solo quando fa parte di una folla» (Cfr. Gustave Le Bon, Psychologie des foules, Livre I, Cap. 1., ed. Felix Alcan, Parigi 1895).

Le Bon introduce il concetto di folla psicologica, in cui l’individuo, preso da solo magari anche intelligente e colto, perde la coscienza dei propri pensieri e dei propri atti, e diviene come ipnotizzato. L’importante, per fare presa sulle folle, è «esagerare, affermare, ripetere, e mai tentare di dimostrare con un ragionamento» (Ibidem, Cap. 2 § 3.). L’autore evidenzia il grande potere delle parole, al punto che «scegliendo le giuste parole si possono fare accettare alle folle le cose più odiose» (Ibidem, Livre II, Cap. 2 § 1).

Le giovani generazioni, più facilmente suggestionabili, sono considerate come gli agenti ideali per promuovere un cambiamento radicale, a fronte di: «ineguaglianze di reddito, cambiamento climatico, riforme economiche, eguaglianza di genere e diritti LGBTQ, tutte parti di un più generale problema di ineguaglianza. La giovane generazione è fermamente all’avanguardia del cambiamento sociale. Non ci sono dubbi che sarà il catalizzatore del cambiamento» (Cfr. Klaus Schwab, Thierry Malleret, The Great Narrative, For a Better Future, op. cit., § 2.5). Il clima, come si vede, è il grimaldello verde per portare avanti un’agenda molto più ampia.

6. L’adesione entusiasta del mondo politico nei confronti di quella che possiamo definire ideologia climatica è spiegata dall’accentramento di risorse e decisioni reso possibile dall’implementazione di tali agende; l’adesione dei settori economici che godranno degli incentivi è ovviamente comprensibile, come anche quella della cosiddetta finanza sostenibile che vede schiudersi straordinarie opportunità di profitto da un business aperto ope legis dalla politica; il mondo dell’accademia allineato può beneficiare di fondi copiosi, mentre gli scienziati dissenzienti si vedono chiuse opportunità di carriera e visibilità; i media mainstream fanno poi da cassa di risonanza per diffondere una voce il verbo green. D’altronde, come si può convincere qualcuno della fallacia di idee su cui si basa la sua fortuna?

7. Oltre ai costi esorbitanti e ai cattivi investimenti, un altro rischio di tali visioni ideologiche è quello di distogliere l’attenzione da quanto si potrebbe e dovrebbe fare, a partire dal singolo e dalle comunità locali, per convivere con fenomeni metereologici talvolta estremi. Lo stesso tifone che semina morte e distruzione su Haiti porta danni decisamente inferiori in Florida: la differenza, in positivo, la fa l’uomo. Ecco allora che la soluzione dovrebbe pragmaticamente seguire la logica del principio di sussidiarietà, perseguendo il bene possibile, dal basso verso l’altro; esattamente l’opposto di quanto propugnato da Davos, secondo cui problemi globali richiederebbero soluzioni globali imposte dall’alto, sollevando di conseguenza gli amministratori locali dalle proprie responsabilità.

Qualsiasi cosa accada è colpa del clima, e quindi dell’umanità che emette gas serra, e perciò l’unica strada è resettare alla base il sistema produttivo, distributivo e di consumo, dalle auto alle città, dall’alimentazione alle case. Invece di distogliere preziose risorse per combattere contro le emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra, non avrebbe invece più senso investire nella cura del territorio e nella prevenzione dei rischi? Se davvero il clima sta cambiando perché non cercare di adattarci, come abbiamo sempre fatto nella nostra breve storia sul pianeta terra? Perché non perseguire un’autentica ecologia integrale, rispettosa della natura dell’uomo e quindi anche del creato, dono di Dio?

8. Gli approcci ideologici, purtroppo, hanno poco rispetto del principio di realtà. A fronte della perdita del senso comune, nel suo libro Eretici del 1905 il celebre scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) affermava: «Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate». Visto l’andazzo corrente occorre forse completare la frase aggiungendo «…e che in estate fa caldo!». Una volta, quando si incontrava qualcuno con cui non si era in confidenza si parlava del tempo, un argomento che a differenza della politica e della religione era considerato non divisivo, sicuro: ora che il clima ha assunto rilevanza politica e un afflato religioso, di che cosa potremo ancora parlare senza correre il rischio di essere tacciati (anche) di negazionismo climatico?

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Chi alimenta l’allarme per il clima e l’ecoansia? Per approfondire:

Clima, covid, acqua. Le emergenze si fabbricano a Davos

“A nome degli ambientalisti, mi scuso per la paura del clima”

«Dal Covid al clima: l’emergenza perenne alimenta la nuova tirannia»