Conformisti e bigotti ieri, conformisti e bigotti sempre.

antiberlusconismoArticolo pubblicato su TEMPI Numero: 25

19 giugno 2003

Il destino di certo azionismo cattolico

Fabio Cavallari, il nostro ateo e comunista in redazione ci domanda perché mai ci sia più risentimento antiberlusconiano in certi ambienti parrocchiani che nel Prc. A lui e ai lettori rispondiamo che, come vedete, come leggete, come ascoltate, le prediche ormai sono tutte uguali.

Fratelli musulmani, cofferatiani, furiocolombiani, famigliacristiani, missionari della Consolata, missionari comboniani, prodiani, rosybindiani, parlano tutti con lo stesso stereotipo e nello stesso coro. è un segno dei tempi, certo, come quelle povere bandiere arcobaleno che continuano a sventolare sui balconi, non per inerzia, non per pigrizia, ma proprio per ribadire: “lasciateci in pace”.

Ecco la “Cosa” che cercava il Pci all’indomani del crollo del Muro di Berlino. E infatti eccoli zelanti servitori dei tribunali di metà anni ‘90, eccoli tiratori di monetine e tifosi della pubblica gogna.

Poi, passato il quinquennio di rosso silenzio e consenso, eccoli di nuovo anime devote, domenica in chiesa, sabato in corteo, con in bocca tante parole che non possiedono neppure una lontana memoria della realtà. Certo, politicamente parlando è evidente a tutti che il governo Berlusconi ha i suoi limiti, le sue difficoltà, le sue colpe.

Ma si può non ridurre tutto a propaganda, specie dopo due anni di guerre esterne e guerre interne, di disastri naturali e mobilitazioni sindacali, di migliaia di ore di lavoro perdute inutilmente e migliaia di miliardi bruciati in referendum inutili? Si può e, pensiamo, si dovrebbe, specie se ci si dice cattolici e ci si appende le immaginette votive come fa O. L. Scalfaro e si va in giro per chiese e parrocchie a parlare di “politica come servizio al bene comune”.

Non è un fatto nuovo questa “Cosa” di cattolici al servizio di una mentalità che cattolica non è, anche se si potrebbe discutere che razza di mentalità sia. Si potrebbe discutere tutto, ma probabilmente non il fatto che si sta compiendo ciò che già papa Paolo VI aveva intravisto sul finire del suo pontificato. Lui, il Papa che aveva sperato tanto nei laicato cattolico e che finirà col domandarsi drammaticamente se «queste associazioni vale ancora la pena di sostenerle».

E quali siano queste associazioni che noi oggi conosciamo per il loro linguaggio e neo-collateralismo politico totalmente succubi dei chierici del totalitarismo ce lo dicono i documenti che finalmente escono alla luce dagli archivi. Come per esempio le cosiddette “carte Bartoletti”, cioè le agende e i diari di monsignor Enrico Bartoletti che da segretario della Conferenza episcopale italiana visse praticamente in simbiosi con Paolo VI gli ultimi anni del suo pontificato.

Ce lo dicono appunti come questo, risalente al 22 novembre 1974, quando dopo un’udienza col Santo Padre, Bartoletti annota: «Declino dei movimenti ufficiali: Azione cattolica, Laureati, Fuci». O del gennaio 1975: «Chiamato d’urgenza. Il Santo Padre mi espone i seguenti suoi appunti: chiede il mio parere, specie se l’Ac è da ritenersi struttura necessaria e valida alla chiesa italiana». O ancora del 13 o 15 febbraio 1975: «Mi intrattiene il Papa ancora sull’Ac e sulle Acli.

Lamenta l’infedeltà di molti e chiede che si cominci da zero». Noi pensiamo ancora con Bernanos che «La Chiesa è effettivamente un movimento, un forza in cammino» e che «lo scandalo dell’Universo non è la sofferenza ma la libertà». Poi ci guardiamo attorno e tra gente di chiesa e gente di corteo vediamo farsi strada la stessa domanda sarcastica di Lenin: «A che serve la libertà?».