Quando il Vietnam divideva l’Italia

vietnam_manifestazIl Timone n.23 – Gennaio/Febbraio 2003

Trent’anni fa, per gli accordi firmati a Parigi, gli americani lasciavano il Sud Vietnam. Cominciava l’inferno del totalitarismo comunista. Che perseguitava cattolici e buddisti. Silenzio complice in Italia. Con qualche eccezione

di padre Piero Gheddo

La guerra del Vietnam (1973-1975) ha segnato un’epoca: era il tema principale della “contestazione antiamericana” (come oggi la globalizzazione), il più dibattuto sui giornali, nella politica italiana. Tutto è iniziato nel 1945, quando i francesi ritornano nel Vietnam che avevano colonizzato e nel 1940 ne erano stati scacciati dai giapponesi. Il 2 settembre 1945 Ho Chi Minh proclama la repubblica del Vietnam, col sostegno entusiastico del popolo vietnamita.

Subito dopo inizia la guerra contro i francesi e i nazionalisti si dividono: i Viet-Minh (comunisti) eliminano i partigiani cattolici, buddisti e democratici, instaurando nelle zone “liberate” una dittatura di tipo staliniano.Nel biennio 1947-1949 i partigiani cattolici fondano una loro “Repubblica democratica del Vietnam” in un territorio ampiamente abitato dai cattolici (Phat-Diem e BuiChu), ma soccombono sotto l’attacco dei Viet-Minh, che vincono anche contro i francesi (7 maggio 1954 a Dien Bien Phu).

La guerra termina con la pace di Ginevra (luglio 1954), che divide il Vietnam in due stati: il Nord con Ho Chi Minh e il Sud con un governo democratico. Incomincia la guerriglia dei Vietcong (partigiani comunisti) contro il governo di Saigon, che nel 1955, a causa della guerriglia fomentata dal Nord, diventa una dittatura militare filoamericana col cattolico Ngo Dinh Diem.

Dal Nord fuggono più d’un milione di vietnamiti (molti cattolici) che scappano al Sud. Il Nord, spalleggiato da Cina e Urss, sosteneva apertamente i Vietcong, violando il patto di pace di Ginevra. Nell’ottobre 1963 John Kennedy manda i primi militari americani nel Sud Vietnam, per difendere l’alleato sud-vietnamita (come qualche anno prima aveva difeso l’alleato sud-coreano).

La guerra del Vietnam, prima ignorata dalla stampa mondiale, improvvisamente balza sulle prime pagine dei giornali. Durante il Concilio Vaticano II ho intervistato l’arcivescovo di Saigon, mons. Nguyen van Binh, che mi ha detto: “Noi vescovi del Vietnam non siamo contenti di come la stampa europea parla del nostro paese. Vieni a trovarci, ti farò visitare tutto il Vietnam”.

Nel 1967 ci sono andato. 2000 giornalisti occidentali vivevano negli alberghi di Saigon, vedevano da aerei ed elicotteri americani le battaglie e poi facevano inchieste sulla corruzione e la violazione dei diritti dell’uomo da parte del governo del Sud. Tutto il male da una parte (il Vietnam del Sud), tutto il bene dall’altra (il regime comunista del Nord ed i Vietcong), che prometteva la “liberazione” del popolo. Viaggiando nelle campagne e sui monti, ho visto che dai territori “liberati” dai Vietcong la gente scappava raccontando di un regime molto più oppressivo di quello messo in atto nel Sud Vietnam da Van Thieu.

Nessuno scappava nel senso opposto, verso i Vietcong o il Nord Vietnam o i Khmer Rossi cambogiani. Nel Sud Vietnam esistevano forze popolari che non volevano ne la dittatura di Thieu ne la dittatura del Nord Vietnam, ma pace e libertà per tutti. Era la “terza forza”, nata da cattolici e buddhisti, che faceva manifestazioni per la pace, riempiva le carceri del regime di Saigon ed era uccisa nei villaggi dai Vietcong. La Chiesa lamentò, dal 1960 al 1973, 2.800 catechisti uccisi a casa propria, uno per uno: i “liberatori” creavano il vuoto per poter dominare un popolo senza capi.

La posizione della terza forza era chiara: condanna del regime dittatoriale di Van Thieu, ma anche del totalitarismo comunista imposto da Ho Chi Minh al Nord; richiesta agli americani di abbandonare il Vietnam del Sud e al Nord Vietnam di non imporsi con la violenza ad un paese diviso da un trattato di pace (come Corea e Germania).

Questa “terza forza” ha avuto un peso notevole nel far cessare la guerra, indebolendo il fronte interno di resistenza ai guerriglieri comunisti: venne riconosciuta come forza politica dagli “accordi di Parigi” del 27 gennaio 1973, che determinarono la partenza degli americani (l’ultimo combattente americano si imbarcò il 27 marzo 1973), il rapido decadimento del regime di Thieu e il dilagare delle armate nord-vietnamite fino alla conquista di Saigon nell’aprile del 1975.

Gli accordi di Parigi riconoscevano alla “terza forza” precisi diritti nel dopo guerra: libertà di stampa, di religione, di fondare partiti e sindacati, di partecipare ad elezioni libere e pluraliste, ecc. Nessuno di questi patti è stato rispettato e il mondo internazionale non ha più parlato della “terza forza”: in Italia gruppi, associazioni, sindacati, giornali che si erano battuti per la pace e la libertà hanno chiuso gli occhi. La dittatura comunista venuta dopo la guerra non interessava più: era definita “liberazione dei popolo”.

I bonzi buddisti che negli anni 1975-1976 si sono immolati dandosi fuoco per protestare contro la dittatura imposta con la violenza, non hanno più avuto fotografi e televisioni a riprenderli e sono stati ignorati dalla stampa internazionale: il Vietnam era ormai tutto pacificato e “liberato”! Il milione e mezzo di “boat people” che fuggivano dal Vietnam negli anni 1975-1982 commossero il mondo occidentale: la minoranza che s’è salvata dalle guardie costiere vietnamite e dalla furia dell’Oceano e dei pirati è stata accolta in Europa e Nord” America (3.000 circa in Italia).