La destra vera

Bastigliadi Marco Respinti

Una sola è la Destra, e vi appartengono tutti coloro che la Religione, il bene e la gloria dello Stato hanno in mira“: con queste parole il conte Clemente Solaro della Margherita (1792-1869), ministro degli Esteri del regno di Sardegna e consigliere privato di re Carlo Alberto – uomo politico e storico che nacque mentre in Francia iniziava il Terrore giacobino e che scomparve a Regno d’Italia proclamato, quasi alla vigilia della breccia di Porta Pia – inquadra sinteticamente e programmaticamente un’intera visione del mondo, a cui – idealmente – dà glossa adeguata lo scrittore e uomo politico spagnolo Antonio Aparisi y Guijarro (1815-1872): “Vengo da molto lontano, ma vado molto avanti. Voglio conservare i princìpi immortali dei nostri padri, il fuoco sacro della società. Ricevo l’eredità dei nostri padri con beneficio di inventario; il buono è mio, il male lo scarto; ma anche quando hanno sbagliato, voglio imitare i figli buoni di Noè che coprirono pietosamente le nudità del loro padre, senza dimenticare gli errori per non cadere in essi”.

Di Destra si parla con la Rivoluzione di Francia del 1789, evento d’inizio emblematico della Modernità politica definita “storia dell’espansione dell’ateismo” dal filosofo italiano Augusto Del Noce (1910-1989) che pure ha parlato di “epoca della secolarizzazione”. Più precisamente, l’ “immortale ’89” costituisce il punto omega di quel lungo processo filosofico di gestazione della Modernità, la cui alba si perde invece nell’indistinto di quanto è stato descritto come “autunno del Medio Evo”; ovvero – da luogo a luogo le date differiscono perché diversi sono dinamiche e tempi di cessazione della “cultura condivisa” – nel momento in cui incomincia il lento e a volte inavvertito declino dell’omogeneità culturale (non dell’omologazione) degli uomini.

Se “cultura popolare” è l’insieme delle risposte comuni che un popolo dà agli interrogativi fondamentali e cogenti dell’esistenza, la Modernità viene invece preparata e realizzata dal diffondersi del pluralismo filosofico, dunque del relativismo metafisico e del nichilismo etico, che all’omogeneità di una nazione o di una famiglia di nazioni sostituisce l’ideologia, quindi l’ideocrazia. Di quest’ultima – ideologia al potere in forma democratica, oligarchica o tirannica – la meta è il totalitarismo potenziale e fattuale, laddove la congiunzione copulativa fra i due aggettivi indica sia il verificarsi separato delle due condizioni a seconda dei momenti storici, sia la loro successione cronologica secondo l’ottica che nel fenomeno rivoluzionario vede il processo di attuazione di una sempre crescente presa dispotica sulla società che tende alla sua paralisi totale.

Il 1789 come netto spartiacque fra un prima e un dopo, benché sia in un tempo che nell’altro esistano luci e ombre anche forti. La Destra politica, che rimanda a una Destra metafisica, sorge per contrasto al 1789 così come la grande famiglia dei progressismi – metapolitici e non – nasce in ragione di quello stesso accadimento: la prima declinando in versione anche reattiva e polemica – dunque apologetica – il senso comune, la cultura condivisa, il sentire popolare che avevano animato – in forme e consapevolezze diverse – le civiltà dell’epoca precedente, la seconda portando pienamente all’essere gli “spettri” della disgregazione e del caos che fino a quel momento si erano aggirati per il mondo solo in ordine sparso, dunque anch’essa e a suo modo raggiungendo il culmine di un grande processo di gestazione che coincide con l’inizio del farsi carne (struttura politica, sociale, economica, religiosa e culturale) di quei “fantasmi”.

Si tratta, peraltro, di una dinamica analoga a quella che, proprio all’indomani del 1789 di Francia, determina la nascita del movimento cattolico europeo quale reazione al venir meno di una cattolicità diffusa e vivificante le società; o alla stesura dei contenuti della Dottrina Sociale cattolica, che non nasce certo con la Rerum novarum di Papa Leone XIII nel 1879, ma che, un tempo incarnata nel vivere comune, necessita da un dato momento in avanti di esser fissata su carta perché in fase di sempre più aggressiva messa in discussione e minoranza; o ancora, e infine, al modo con cui la Chiesa promulga i dogmi: a fronte del dubbio che a un certo punto aggredisce quanto da sempre è ritenuto vero da tutti, essa ricorre alla formulazione formale coram populo di determinate verità di fede.

Così la filosofia – filologicamente “amore per la sapienza” -, che nacque come elaborazione di strumenti logici atti a difendere ciò su cui la sofistica iniziava a gettare sospetto. La Verità, che quella sapienza contempla aderendovi, è realtà precedente ogni sua formulazione, ricerca e discussione umane, essendo ciò di cui non si discute mentre invece è lecito, anzi doveroso, il dibattere per contrastare il dubbio sistematico. Per questo la protologia, la dottrina dei princìpi, è l’argomento di cui Platone non vuole trattare all’Accademia né scrivere nei dialoghi: se ne parlerà – dice l’ateniese, il cui vero nome era Aristocle – in altra sede e in altro momento.

In realtà non se ne parlerà mai, giacché le “dottrine non scritte” fondate sulla filosofia dell’essere stanno oltre la dialettica solo chiedendo riconoscimento, abbraccio e messa in pratica in una civiltà. “Chi è capace di vedere l’intero è filosofo – afferma il discepolo e l’interprete di Socrate -, chi no, no”. Il Decalogo, il Diritto naturale, sta nel cuore dell’uomo e la sua scrittura è solo pro memoria. La Destra nasce dunque in contrapposizione al relativismo debolista, che rinuncia a discorsi di verità sul reale, ma che è peraltro molto aggressivo nel perseguire i propri obiettivi.

Alla Destra che reagisce in toto alla Modernità politico-ideologica nata del 1789 vengono poi aggiungendosi, nei due secoli seguenti, tutti quegli elementi paghi delle conquiste ottenute nelle varie fasi del progressivo disgregarsi di quella omogeneità culturale che è senso comune dei popoli e delle nazioni, con l’intenzione di conservarli a fronte del sopraggiungere a sinistra di ulteriori incalzanti avversari.

Alla Destra originaria, cioè, si sommano altre destre – il liberalismo conservatore; la rivoluzione conservatrice e il conservatorismo rivoluzionario; il socialismo nazionalista e il nazionalsocialismo; il bolscevismo prussiano, il nazionalbolscevismo, il nazionalcomunismo, e via componendo ossimori filosofico-politici – che, sinistre di ieri, vengono costantemente superate dalla marcia di questo colossale processo di frantumazione, secondo la logica veicolata dallo slogan con cui i bolscevichi del 1917 formulavano l’adorazione filosofica del divenire che si contrappone alla protologia incentrata sull’essere: “la rivoluzione è tutto, la meta è nulla”.

Destra e destre; reazione, dialettica, inimicizia e apparentamenti; Sinistra e sinistre in movimento. Un convegno come quello organizzato a Milano, presso la Fondazione Stelline di Corso Magenta 61, dalla Confraternita del Toson d’Oro, in collaborazione con l’Assessorato alla Trasparenza e Cultura della Regione Lombardia, è dunque più che opportuno: venerdì sera, sabato e domenica ventotto relatori s’interrogheranno, discuteranno e risponderanno ai quesiti e alle suggestioni poste da un titolo stimolate come lo è Destra/Destre.

Le culture non conformiste nell’era del pensiero unico. Una Destra salda nei princìpi, ma non persa in un empireo che la sottragga al diritto-dovere di organizzare la Città dell’uomo, dunque di amministrare e di governare; una Destra che sappia valorizzare, testimoniare e continuare la bimillenaria tradizione italiana, ivi compresa la riscoperta della “missione” specifica della nostra nazione e del nostro popolo; una Destra che sappia riconoscere i propri autentici Padri fondatori; una Destra che sappia abitare e attraversare l’evo moderno conscia della propria origine e della propria meta, senza cadere nei sofismi, nei paralogismi e nel debolismo della Modernità: di questo hanno necessità l’Italia e l’intero Occidente.

Secondo quell’ideale di ritorno al reale incessantemente predicato dal philosophe-paysan Gustave Thibon, tale consapevolezza non può che partire da una riscoperta della storia (lungo la quale all’uomo si dischiudono le realtà non schiave del tempo) che per la Sinistra è solo – così veniva detto all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre – “propaganda rivolta al passato”. Jacques Crétineau-Joly (1803-1875), giornalista e storico francese (vandeano), afferma infatti che “la verità è l’unica carità concessa alla storia”.

Destra e Sinistra hanno ancora un significato pregnante, deciso e forte che è solo mira del debolismo imperante voler occultare: “O una cosa o l’altra esser si dee – sentenzia Clemente Solaro della Margherita -; piacere a due partiti è impossibile; si mantiene debolmente chi si regge su due principi opposti; colui che animoso tien fermo ad uno, ha più probabilità di vincere; e se cade, cade con gloria, e non senza speranza di risorgere”. Schierarsi ha ancora un senso; nobile. E se “sinistro” vale tanto “catastrofe” quanto “individuo torvo, funesto e bieco”, in molte lingue europee “destra”, “diritto” (sia come termine giuridico, sia come senso del cammino) e “giusto” s’indicano con la medesima espressione. Per questo la vera Destra si scrive con la maiuscola.