Falun Gong

 I.D.I.S. – Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale

Voci per un Dizionario del Pensiero Forte

Falung Gong

di Massimo Introvigne

1. La repressione del Falung Gong nella Cina comunista

Il 25 aprile 1999 a Pechino si tiene la più grande manifestazione anti-governativa da quando, il 1° ottobre 1949, a conclusione della Lunga Marcia guidata da Mao Zedong (1893-1976), viene proclamata la Repubblica Popolare Cinese e il paese è sottoposto al regime social-comunista. Oltre diecimila membri di un movimento chiamato Falun Gong sfilano di fronte al Zhongnanhai, la residenza delle massime autorità del regime. Da quella data il nome del Falun Gong, fino ad allora noto solo a pochi specialisti di movimenti religiosi cinesi, diventa familiare alla stampa di tutto il mondo.Quasi tutti i giorni i mezzi di comunicazione occidentali riportano notizie sulla durissima repressione avviata dal regime cinese contro il Falun Gong.

La manifestazione del 25 aprile intendeva protestare contro una massiccia campagna di stampa che denunciava il Falun Gong come xiejiao, “insegnamento di falsità” o “setta”. Dopo la manifestazione, dalle parole si passa ai fatti. Centinaia di militanti del Falun Gong sono incarcerati: almeno quattro muoiono in carcere in seguito ai maltrattamenti subiti. Il 30 ottobre 1999 il governo promulga una legge contro le “sette malvagie”. La legge entra subito in vigore: gli arresti sono migliaia – anche se sul numero esatto i dati forniti dalle organizzazioni umanitarie internazionali e dal governo cinese divergono -, e già a novembre cominciano spettacolari processi.

Nel dicembre del 1999 i tribunali emettono le prime condanne a lunghi periodi di detenzione. Il Falun Gong non piega la testa, e organizza manifestazioni a Hong Kong – dove le leggi cinesi non trovano applicazione automatica -, e a Macao nel giorno stesso del passaggio della ex colonia portoghese alla Repubblica Popolare Cinese, il 19 dicembre 1999. Negli Stati Uniti d’America, dove il Falun Gong conta numerosi seguaci e dove risiede il fondatore, Li Hongzhi, diversi documenti condannano la Repubblica Popolare Cinese, anche se non ostacolano le trattative per un favorevole trattato commerciale, che vanno a buon fine.

In Cina, visitatori stranieri che appartengono al Falun Gong sono sistematicamente arrestati ed espulsi. Il regime cinese è consapevole dell’importanza della propaganda e di Internet. Con sofisticati mezzi tecnici, cerca di oscurare i siti che dall’Occidente continuano a parlare del Falun Gong e della repressione in corso, ma allestisce anche un mega-sito di propaganda contro la “setta malvagia” in inglese, facendo ricorso a tutti gli argomenti e ai termini consueti ai movimenti anti-sette occidentali, a partire dal “lavaggio del cervello”: un paradosso, se si considera che questa parola fu a suo tempo coniata – come oggi si sa – dai servizi segreti americani in un’operazione di propaganda anti-cinese. In alcuni paesi – non in tutti – movimenti occidentali anti-sette si prestano di buon grado a ripetere la propaganda del regime cinese; lo stesso avviene sui siti Internet che con maggior violenza attaccano le “sette” in Occidente.

2. Dottrine e pratiche del Falun Gong

Come spesso avviene, il clamore mediatico e la guerra della propaganda e della disinformazione rischiano di far perdere di vista l’oggetto di cui precisamente si sta parlando. Che cos’è il Falun Gong? Perché la Cina comunista lo definisce la maggior minaccia che il regime ha dovuto affrontare nella sua storia? La campagna in corso è diretta solo contro il Falun Gong o nasconde altri scopi?

Un insieme di tecniche di meditazione e di esercizi fisici che promettono sia la salute sia la pace dello spirito, chiamato Qi Gong – e definito spesso “lo yoga della Cina” -, ha una tradizione plurisecolare nella cultura cinese, e – per quanto gli studiosi discutano sulle date – era presente in Cina già prima della nascita di Gesù Cristo. Nella Cina contemporanea, soggetta a regime socialcomunista, il Qi Gong è stato presentato come un insieme di tecniche che mirano al benessere psicofisico senza particolari significati religiosi, e come tale è stato tollerato e inquadrato in una Federazione Nazionale del Qi Gong, controllata dal regime.

Questa presentazione del Qi Gong costituisce, da un certo punto di vista, una finzione, perché storicamente il Qi Gong è difficilmente dissociabile dalle sue radici religiose. Alcuni gruppi di recente costituzione sopportano male questa situazione e, pur senza usare la parola “religione”, insistono sul fatto che le pratiche del Qi Gong hanno un significato spirituale e sono efficaci solo se collegate a una vita spirituale e all’osservanza di precetti etici. Il più grande – ma non l’unico – di questi gruppi è il Falun Gong, fondato da Li Hongzhi.

Li Hongzhi nasce nel 1951 o 1952 – fedeli e critici citano date di nascita diverse – a Gongzhuling, nella Cina Nord-Orientale. Lavora nella polizia e in agenzie di sicurezza private prima di dedicarsi, dal 1992, all’insegnamento a tempo pieno di una forma di Qi Gong che chiama Falun Gong o Falundafa. Nello stesso anno lascia la Federazione Nazionale del Qi Gong; secondo i critici, ne viene espulso.

Negli anni successivi avvia l’espansione internazionale del movimento in numerosi paesi – un nucleo esiste anche in Italia -, e nel 1998 si trasferisce a New York, dove risiede tuttora. I seguaci sarebbero cento milioni secondo Li Hongzhi, due milioni secondo il regime cinese. Gli specialisti accademici parlano di circa quaranta milioni di fedeli, ma la parola “fedele” è ambigua quando la si applica a un movimento che tecnicamente non ha neppure “membri”.

Il Falun Gong raccomanda di frequentare un corso introduttivo di nove giorni e di mantenere un contatto con uno dei suoi centri locali, ma sostiene pure che chiunque può iniziarsi da solo a casa sua, seguendo le istruzioni trasmesse attraverso libri, cassette e siti Internet. Proprio le “iniziazioni via Internet” e la messa a disposizione, attraverso mezzi di comunicazione impersonali, senza il contatto diretto con un maestro, di livelli del Qi Gong normalmente considerati segreti sono una delle ragioni di contrasto fra il Falun Gong e gruppi di Qi Gong più tradizionali.

La parola falun indica la Ruota della Legge nel buddhismo cinese, ma Li Hongzhi la usa anche per indicare un centro di energia spirituale, che è situato nel basso addome e che deve essere “risvegliato” tramite una serie di esercizi chiamati Xiu Lian. Gli esercizi fondamentali sono cinque: “Buddha mostra mille mani”, “Esercizio di Falun in posizione statica ed eretta”, “Penetrazione alle due estremità cosmiche”, “Circolazione celeste del Falun” e “Via per rafforzare i poteri soprannaturali”; essi comprendono movimenti delle mani, delle gambe e della lingua, nonché esercizi che ricordano varie forme di yoga. Lo scopo dello Xiu Lian è quello di favorire la circolazione armoniosa dell’energia vitale del Falun, che assicura dapprima il benessere, quindi poteri “soprannaturali”.

A differenza di altri gruppi di Qi Gong, il Falun Gong insegna che un’unica persona, il maestro Li Hongzhi, ha oggi il potere di definire le tecniche corrette; l’uso di tecniche diverse è non solo inutile ma dannoso, e può aprire chi le pratica a influssi demoniaci. Secondo il Falun Gong gli esercizi dello Xiu Lian non possono essere disgiunti da una disciplina spirituale, la “coltivazione dello Xinxing”, una semplice via che si basa su princìpi e valori – piuttosto conservatori – buddhisti e confuciani, i cui simboli derivano anche dal taoismo, e fanno del Falun Gong un movimento tipicamente sincretistico.

Il Falun Gong crede nella reincarnazione e nella necessità di “tribolazioni” per mettere alla prova il discepolo e per permettergli di pagare i suoi “debiti karmici”, cioè, secondo una nozione derivante dall’induismo, le pene in cui dovrebbe incorrere per le cattive azioni sia di questa vita sia delle vite precedenti. Su un piano più esoterico, Li Hongzhi insegna pure che la storia è un campo di battaglia fra forze divine e demoniache, e che al servizio di queste ultime operano extraterrestri che hanno ripetutamente distrutto l’umanità e che oggi controllano e manipolano numerosi dirigenti politici e scienziati di diversi paesi.

Secondo alcuni critici, Li Hongzhi ha incluso negli insegnamenti segreti del Falun Gong diversi elementi che, più che dalla tradizione del Qi Gong, derivano dalle teorie su complotti extraterrestri e sugli UFO diffuse nell’ala meno ottimistica del più recente New Age. Il governo insiste anche sul fatto – negato con forza dal movimento – che molti fedeli considerano lo Xiu Lian un’alternativa globale alla medicina, e che oltre mille persone sarebbero morte a causa di questo presunto rifiuto delle cure mediche.

3. Perché la repressione?

Da molti punti di vista, il Falun Gong non è diverso dai moltissimi nuovi movimenti religiosi o quasi-religiosi sincretistici presenti oggi sia in Oriente sia in Occidente. Perché il regime comunista cinese lo percepisce come una minaccia così grave, e la repressione è così dura? Il dibattito ferve fra gli specialisti di politica cinese, ma due sono le spiegazioni principali. La prima è che il Falun Gong, proprio perché non si presenta come una religione, ha sedotto anche quadri e militanti del partito comunista ed è penetrato alle soglie stesse del potere comunista cinese.

Il regime sa che nella storia della Cina molte rivolte politiche sono iniziate come movimenti religiosi, e non è stato certo rassicurato dal fatto che il Falun Gong il 25 aprile 1999 sia riuscito a organizzare una manifestazione di protesta di ampiezza impensabile per qualunque forza di opposizione, religiosa o politica, senza che i servizi segreti siano riusciti a prevenirla.

La seconda spiegazione – complementare – è che anche in Cina si assiste a una rinascita religiosa e spirituale di tipo post-ideologico e postmoderno, e il regime non è disposta a tollerarla. Il Falun Gong è stato scelto come bersaglio per il suo attivismo, ma anche perché il regime pensa che – con le sue teorie facilmente screditabili su invasori alieni e su UFO che distruggono la Terra – sia più agevole giustificarne la repressione agli occhi dell’opinione pubblica occidentale. Il ricorso alla retorica della “setta malvagia” fa appello specificamente a Stati che, per ragioni diverse, si mostrano intolleranti nei confronti della rinascita religiosa contemporanea, come la Repubblica Francese, cui la Repubblica Popolare Cinese non a caso fa ora esplicitamente riferimento e in cui spera – forse non invano – di trovare un alleato.

In questa seconda prospettiva, il Falun Gong rimane il primo obiettivo della legge anti-sette cinese, ma non è certamente l’unico. Come si poteva facilmente prevedere, già nei primissimi mesi dopo la promulgazione, la legge è stata applicata ad altri gruppi di Qi Gong e a Chiese e comunità cristiane clandestine. Da questo punto di vista, veramente “la Cina è vicina”.

La tecnica che consiste nell’additare al pubblico ludibrio le “sette malvagie” per favorire l’approvazione di leggi che saranno poi applicate contro decine di gruppi religiosi – e talora anche non religiosi – sgraditi a chi governa non è un monopolio cinese: la Federazione Russa e la Repubblica Francese, per esempio, la stanno usando con modalità in ultima analisi non troppo diverse. In questa prospettiva, si deve fare attenzione a non confondere critiche dottrinali al Falun Gong con l’approvazione delle campagne liberticide e persecutorie in corso in Cina.

Qualche sinologo occidentale, che denuncia il Falun Gong in nome di un’ortodossia “tradizionale” del Qi Gong e di una nozione d’iniziazione e di esoterismo che mal si concilia con le iniziazioni via Internet, può certamente avere le sue buone ragioni. L’uso che di queste critiche fanno movimenti anti-sette laicisti, ostili per principio alla libertà di religione, e grandi organi di stampa, preoccupati soprattutto che non siano turbati i lucrosi commerci con la Repubblica Popolare Cinese, è però puramente strumentale.

Dissentire dal modo con cui Li Hongzhi interpreta la tradizione Qi Gong è cosa diversa dall’approvare la persecuzione dei suoi seguaci e l’adozione di misure che, mentre violano la libertà religiosa dei seguaci del Falun Gong, consacrano princìpi generali d’ingerenza dello Stato nella sfera privata che mettono in pericolo la libertà di tutti.

Per approfondire: Non vi è sostanzialmente letteratura in lingua italiana sul tema. Alcune fonti primarie sono disponibili anche in italiano sul sito del Falun Gong . Sul sito del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, vi è una sezione dedicata al Falun Gong, quotidianamente aggiornata: http://www.cesnur.org/falun_updates.htm.