Tradizione famiglia proprietà Newsletter 2 dicembre 2025
di Julio Loredo
Un punto fermo del pensiero di certi ambienti di “destra” è l’antiamericanismo, ossia quel rigetto viscerale, senza se e senza ma, di tutto ciò che provenga dagli Stati Uniti di America.
Tale rigetto è certamente giustificato in non pochi elementi. Infatti, per molto tempo l’influenza del liberalismo americano, e più ampiamente del cosiddetto “American way of life”, ha funto da fattore deliquescente delle tradizioni cristiane del Vecchio Continente e dell’Occidente in generale.
Tuttavia, un tale atteggiamento comporta il rischio di chiudersi a priori all’analisi oggettiva di ciò che sta succedendo negli Stati Uniti, non dico in superficie ma in profondità. Quando mi capita di discutere con qualche amico che sbandiera questo atteggiamento, la mia domanda è sempre: ma tu segui i movimenti nell’opinione pubblica americana? La risposta è invariabilmente: No.
Un dibattitto basilare nella destra americana
Un punto che questi amici non seguono, per esempio, è il dibattitto intellettuale nella destra americana.
Assistiamo a profondi mutamenti nell’opinione pubblica americana e, in concreto, nel movimento conservatore. C’è in questo momento un dibattito basilare all’interno della destra americana, speculare a uno simile nella sinistra. Poco visibile sui grandi media, questo dibattito è invece assai vivace negli ambienti accademici.
Sin dall’Indipendenza, la politica americana ha sempre operato dentro certi binari mai oltrepassati né dalla destra né dalla sinistra. In termini italiani potremmo dire che l’offerta politica oscillava fra centro-destra e centro-sinistra. Ambedue i campi si proclamavano, però, fedeli agli ideali della Rivoluzione Americana e all’American way of life.
Oggi, il dibattito sta andando oltre, e comincia a questionare le radici. Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti si cominciano a mettere in discussione alcuni principi cardini della democrazia americana. Perfino l’Illuminismo, sorgente della Rivoluzione Americana, è oggetto di critica. C’è un riallineamento del tradizionale asse destra-sinistra. Mentre la sinistra corre velocemente verso posizioni estreme – l’elezione di Mamdani a New York ne è prova – la destra avanza verso posizioni che non si riconoscono più nel conservatorismo, assumendo invece contenuti tradizionalisti.
Proprio questa radicalizzazione della sinistra – in nome di un concetto di libertà sempre più totalizzante – sta sollevando a destra dubbi sulla vera natura della libertà. Mentre i “paleoconservatives” si aggrappano ancora all’idea illuminista di libertà, pur interpretandola in modo conservatore, altri prospettano invece uno Stato forte e confessionale che intervenga nella società a favore del bene e contro il male. La divisione è anche generazionale: mentre i giovani seguono quest’ultima linea, i più anziani sono legati per lo più alla prima.
E così vediamo scene fino a poco tempo fa impensabili, come il messaggio su “X” di Kevin Roberts, presidente della Heritage Foundation, il più prestigioso think tank conservatore degli Stati Uniti: “In occasione dell’anniversario della gloriosa battaglia di Lepanto, quando i cristiani di tutta l’Europa sconfissero l’Impero Ottomano, dobbiamo ricordare che l’Occidente sarà salvato, dobbiamo restaurare la Cristianità con coraggio e preghiera. È un onore vivere i nostri giorni, in cui questa moderna Reconquista avanza in Europa e negli Stati Uniti. Madonna della Vittoria: sempre avanti!”
Sono parole che non siamo abituati a sentire da un noto policy maker di Washington, e che mostrano fino a che punto l’ambiente sta cambiando.
Il sacerdote “post-liberale”
Anche in campo ecclesiastico si verifica un fenomeno analogo.
Un paio di mesi fa è stato pubblicato il “2025 National Study of Catholic Priests”, un’approfondita analisi realizzata dal Catholic Project della Catholic University of America. Lo studio analizza le tendenze nella Chiesa negli Stati Uniti, specialmente nel giovane clero.
“Vediamo un profondo cambio di paradigma nel clero più giovane, che scappa dalla cornice del liberalismo nella quale gli americani, compressi i cattolici, si identificavano fino a poco tempo fa”, scrive Kenneth Craycraft (1). Fino a poco tempo fa, “dall’estrema sinistra all’estrema destra, gli americani aderivano alla stessa antropologia morale di base e alla stessa filosofia politica del cosiddetto Illuminismo inglese”.
Questo sta cambiando: “I dati raccolti dallo studio del Catholic Project suggeriscono che i nuovi sacerdoti stanno diventando restii a questa falsa scelta tra liberalismo conservatore o liberalismo progressista. (…) Esaminando in profondità i risultati dello studio vediamo che è in atto qualcosa di molto diverso dalla semplice identificazione con variazioni del liberalismo americano. (…) Una lettura attenta dei dati suggerisce che molti giovani preti non ragionano più all’interno di questa cornice”.
“Lo studio – conclude Craycraft – non rivela giovani sacerdoti ‘conservatori-liberali’, bensì giovani sacerdoti post-liberali”.
In altre parole, stiamo assistendo al crollo dei parametri che vedevano il clero americano ondeggiare fra progressismo e conservatorismo, ma pur sempre all’interno di una cornice sostanzialmente liberale, e invece l’emergere di una spinta che punta verso qualcosa di molto più radicale, che sa di restaurazione di qualcosa di molto antico, ma cui non mancano elementi di instaurazione di qualcosa di molto nuovo e potente.
La rondine
Una rondine non fa primavera, dirà qualcuno. Ed è vero. Ma è pur vero che il sorgere di questo fenomeno evince una situazione nuova che comincia a rompere gli schemi tipici dell’americanismo. Tanto più che non si tratta di un fatto isolato, bensì di un fenomeno dinamico, in movimento, infatti in forte crescita. Irrigato dalla grazia divina, esso promette ogni sorta di speranza.
Note
(1) Kenneth Craycraft, “The Emergence of the Post-Liberal Catholic Priest”, The Catholic World Report, 25 novembre 2025






