Più l’eutanasia è legale, più ammazza senza motivo  

International Family News

17 Settembre 2022

Il rapporto del ministero canadese della sanità mostra come la nuova legge del 2021 aumenti vertiginosamente i morti abbassandone l’età media

Angelo Bottone

Secondo il rapporto ufficiale del ministero canadese della Sanità, sono oltre 10mila i cittadini che in quel Paese sono morti di eutanasia nel 2021. Dieci volte di più rispetto a cinque anni fa.

Il numero è cresciuto del 32% in un solo anno e questo conferma che, una volta introdotti, eutanasia e cosiddetto «suicidio assistito» diventano norme sociali accettate, quasi doveri, per quanti soffrono o hanno perso la voglia di vivere.

Secondo il rapporto, il 36% di quanti hanno ottenuto l’eutanasia lo scorso anno si considerava un peso per la famiglia e per gli amici, mentre oltre 1.700 soffrivano di isolamento e di solitudine. Motivati, cioè, più da cause sociali e psicologiche che dalla malattia. Come, tristemente, e clamorosamente, il regista francese Jean-Luc Godard (1930-2022) nei giorni scorsi.

I dettagli del documento diffuso dal ministero canadese sono del resto rivelatori: mostrano quanto potrebbe accadere in qualsiasi altro Paese, qualora certe pratiche venissero legalizzate.

Il Canada ha introdotto eutanasia e «suicidio assistito» nel 2016. Inizialmente l’accesso era ristretto ai malati terminali, ma nel 2019 la Corte Superiore del Québec ha giudicato incostituzionale il limite e, di conseguenza, nel 2021 il governo federale ha esteso a pazienti non terminali quella che, con un eufemismo, è stata chiamata «assistenza medica al morire».

La legislazione del 2021 ha anche rimosso alcune salvaguardie, come il periodo di attesa di dieci giorni di valutazione prima dell’intervento e l’obbligo di offrire l’alternativa delle cure palliative. Dall’anno prossimo estenderà pure la «morte buona» a pazienti che soffrono unicamente di malattie mentali. Ma un Paese sul serio compassionevole dovrebbe offrire qualcosa di più di un’iniezione letale a chi è malato e solo. Invece, afferma il rapporto, da quando la legge è stata introdotta nel 2016, 31.664 persone sono state uccise in questo modo.

Queste cifre, paragonate a quelle dello scorso anno (10.064), indicano una crescita appunto di dieci volte rispetto al 2016 (1.018) e ammontano al 3,3% di tutte le morti registrate in Canada nel 2021. Il dato varia a seconda delle zone geografiche, ma nel British Columbia quasi una morte su venti avviene ora tramite eutanasia.

Il «suicidio assistito» consentito dalla legge avviene attraverso l’auto-somministrazione di farmaci letali, ma è pratica rara: solo sette casi nel 2021. Quasi tutti i pazienti vengono invece uccisi direttamente da un medico o da un infermiere. Sono sia uomini (52,3%) sia donne, e l’età media è di 76,3 anni: 77 per le donne e 75,6 per gli uomini.

L’estensione dell’eutanasia ai malati non terminali prevista dalla legge del 2021 la consente qualora i sofferenti siano affetti da un male definito «incurabile» o se siano disabili e soffrano tanto psicologicamente quanto fisicamente. 219 persone che sono state sottoposte a eutanasia lo scorso anno non erano malati terminali. Poiché questo è stato possibile solo a partire dal mese di giugno di quell’anno, i dati del rapporto si riferiscono soltanto a un semestre e quindi è facile prevedere che i casi, come minimo, raddoppieranno.

L’età media dei pazienti non terminali che sono ricorsi all’eutanasia è di 70,1 anni, ossia oltre sei anni meno dell’età media dei pazienti terminali. Il 37% di queste morti ha interessato persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni, mentre per i malati terminali il dato è molto più basso, meno della metà (16,7%). Ovvero, più l’eutanasia si liberalizza e più sono giovani le sue vittime.

La causa di sofferenza più comune, per i pazienti terminali e non, è la perdita della capacità di impegnarsi in attività significative (86,3%). Più di 3.500 di loro hanno dichiarato di sentirsi di peso per la famiglia, per gli amici o per chi si prendeva cura di loro, e (come detto) più di 1700 soffrivano di solitudine e isolamento.

Solo il 4% delle richieste di morte assistita è stato rifiutato perché non soddisfaceva i criteri necessari, mentre circa il 2% delle persone che ne avevano fatto inizialmente richiesta ha poi cambiato idea o è semplicemente deceduto prima per cause naturali.

La patologia più comune fra i malati terminali è il cancro (65,6%), mentre fra i non terminali sono le malattie neurologiche quali demenza o morbo di Alzheimer. L’esperienza del Canada, seppure breve, conferma ancora che, una volta introdotti eutanasia o «suicidio assistito», i limiti posti inizialmente vengono invece pian piano rimossi, il numero delle vittime sale ed è difficile tornare indietro. Lo stesso è avvenuto in Belgio e nei Paesi Bassi.

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