Halloween, Dìa de Los Muertos e le tradizioni di casa nostra

Pane & Focolare 28 ottobre 2021  

Avete visto il film d’animazione Coco (Pixar – Walt Disney 2017)? E’ la storia di un bambino messicano, Miguel, che sogna di diventare musicista. La vicenda si svolge durante il Dìa de Los Muertos, il Giorno dei Morti, una celebrazione piena di colori e atmosfere gioiose, densa di significato religioso. E’ un’eredità ancestrale delle culture preispaniche che si è ben armonizzata con la festa cattolica del Giorno di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti.

Secondo la credenza popolare, i morti tornano ogni anno a visitare i propri cari. In tutte le case si preparano altari, rispettando delle regole ben precise: in primis non può mancare la fotografia del defunto, circondata dalle candele che restano accese durante tutta la notte. Viene lasciato anche del cibo: un bicchiere d’acqua per dissetare il defunto dopo il suo lungo viaggio, il sale come simbolo di protezione e poi vengono cucinate le pietanze preferite del defunto.

Non può mancare il Pan de Muertos, un dolce tipico: la base è quella classica del pane, aromatizzata con l’anice o con l’acqua di arancio mentre in superficie si pratica una croce. Un gesto che i panificatori fanno spesso perché favorisce la lievitazione e la cottura, ma ricco anche di simbologia cristiana

Un’atmosfera piena di speranza anima la festa messicana, e c’è chi la contrappone alle lugubri atmosfere della festa di Halloween, o almeno alla sua deformazione. La festa per i bambini, che mascherati vanno di porta in porta a chiedere dolcetti, si è trasformata in una specie di carnevale di zombie e vampiri. Tutto molto lontano dall’antica tradizione celtica

Lasciando da parte le polemiche, avrete notato che c’è stretta relazione tra ricordo dei defunti e cultura della tavola, un tema che è anche al centro di belle tradizioni tutte italiane: senza andare in Messico o negli USA, anche in Italia esistono dei riti che aiutano a rendere visibile il ricordo dei nostri cari che ci hanno lasciato. Si preparano determinate pietanze, si lascia la tavola imbandita per gli spiriti dei defunti, si mettono dei dolcetti sul davanzale: sono piccoli gesti che aiutano a ristabilire quel legame che la morte ha spezzato.

Si tratta spesso di riti che coinvolgono i bambini: un modo per aiutarli ad avere con la morte un rapporto senza paura, aperto alla speranza. In Sardegna i bimbi girano per il paese suonando campanelli e ricevono in dono dei dolci chiamati Pabassinas, fatti con la frutta secca. Vi ricorda qualcosa? La cosa positiva è che si tratta di preparazioni culinarie fatte in casa e non si distribuiscono ai bimbi le merendine industriali.

Nella mia città, Milano, si preparano i biscotti detti Pane dei morti. In Sicilia la commemorazione dei defunti non è una giornata all’insegna della tristezza. I bimbi al risveglio trovano in un cesto dei giocattoli e dei dolcetti, e i genitori raccontano loro che si tratta di un dono dei parenti defunti. C’è la Frutta Martorana, di marzapane; i dolci tipici alla mandorla; i Tetù, biscotti ricoperti di glassa bianca o al cioccolato; le ossa di morto, biscotti croccanti speziati. E poi i pupi di zucchero, detti “pupaccena”, che rappresentano paladini e damigelle.

E’ una grande festa per i bimbi: capiscono che la morte non deve spaventare, ma sanno anche che è doveroso andare poi al cimitero a ringraziare il defunto per i doni. Il cibo ha sempre un grande valore dal punto di vista storico, culturale, sociale ed affettivo.

Nei riti legati ai defunti, assume un profondo significato simbolico. Come scrive l’antropologo Ottavio Cavalcanti: “La tavola è dunque il luogo non unico, ma privilegiato, dove siderali distanze temporaneamente si annullano; il colloquio si intensifica o riprende; lo scandalo della morte è riassorbito e scongiurato; rapporti familiari e amicali si rinsaldano”. In conclusione, sarebbe meglio tirare fuori dal cassetto le nostre tradizioni antiche, i riti che permettono di affrontare il tema della morte con fede e senza paura.

Il rischio, per la nostra società, è quello di ridurre la vigilia di Ognissanti ad un grande carnevale horror. Rimarrebbero solo le zucche vuote, senza quella liberante speranza che solo una fede vissuta può dare, in un rapporto sereno con la morte grazie alla preghiera e al legame tra Cielo e terra nella Comunione dei Santi.