Celebrare Leone XIII

Leone XIIIIl Timone n.98 Dicembre 2010

Un pontificato importante e ricco di dottrina. Da non ridurre alla sola enciclica sulla “questione operaia”, peraltro importantissima. Un corpo dottrinale per rilanciare l’azione della Chiesa alla fine del XIX secolo

di Massimo Introvigne

Papa Leone XIII (Gioacchino Pecci, 1810-1903) ha avuto un ruolo di grande rilievo nella storia della Chiesa e Benedetto XVI, sempre attento alle ricorrenze, ha raccomandato di ricordarne la figura, anzitutto dando l’esempio con il pellegrinaggio nel luogo di nascita del predecessore, a Carpineto Romano, il 5 settembre scorso. Ma a parte qualche convegno di specialisti, la raccomandazione non ha avuto seguito.

La ragione principale di questo disinteresse sembra essere la riduzione del ricchissimo magistero di Leone XIII a un unico documento, l’enciclica Rerum novarum del 1891, che è certo importantissima ma che, letta al di fuori del contesto complessivo dell’insegnamento di papa Pecci, non può che essere da un lato fraintesa, dall’altro celebrata sempre più stancamente.

Non solo Rerum novarum

Nessuno vuole misconoscere l’importanza dell’enciclica nel contesto del Magistero leoniano – «reso celeberrimo e intramontabile dall’Enciclica Rerum novarum» – ma quest’ultimo va letto con tutti gli altri documenti del Pontefice, «che costituiscono un corpo organico, il primo nucleo della dottrina sociale della Chiesa».

«I vecchi politici cattolici – notava il filosofo italiano Augusto Del Noce (1910-1989) nel 1977 – leggevano la Rerum novarum come se fosse isolabile dall’insieme del Corpus Leonianum; coerentemente i nuovi, portando alle conseguenze ultime il difetto di questa linea, hanno del tutto trascurato di leggerla».

L’oblio della Rerum novarum è avvenuto, continuava Del Noce, «diciamo pure con ragione, perché scissa dal contesto delle nove encicliche essenziali, è destinata a perdere significato». «Il riferimento alle nove encicliche essenziali» è proprio di Leone XIII, che nell’enciclica Pervenuti all’anno vigesimoquinto del 19 marzo 1902, pubblicata per il venticinquesimo anniversario della sua elezione a Pontefice, consigliava di studiare in un ordine non cronologico ma logico «le [sue] Encicliche sulla filosofia cristiana [Aeterni Patris, 1879], sulla libertà umana [Libertas, 1888], sul matrimonio cristiano [Arcanum Divinae Sapientiae, 1880], sulla setta dei Massoni [Humanum genus, 1884], sui poteri pubblici [Diuturnum, 1881], sulla costituzione cristiana degli Stati [Immortale Dei, 1885], sul socialismo [Quoti apostolici muneris, 1878], sulla questione operaia [Rerum novarum, 1891], sui principali doveri dei cittadini cristiani [Sapientiae Christianae, 1890]».

Di più, come ha insegnato Benedetto XVI, andrebbero inoltre studiate anche le encicliche «di carattere propriamente spirituale, dedicate soprattutto all’incremento della devozione mariana, specialmente mediante il santo Rosario. Si tratta di una vera e propria “catechesi”, che scandisce dall’inizio alla fine i 25 anni del suo Pontificato. Ma troviamo anche i Documenti su Cristo Redentore, sullo Spirito Santo, sulla consacrazione al Sacro Cuore, sulla devozione a san Giuseppe, su san Francesco d’Assisi […]. Tutti questi diversi elementi mi piace considerarli come sfaccettature di un’unica realtà: l’amore di Dio e di Cristo, a cui nulla assolutamente va anteposto».

Sempre a Carpineto Romano, Benedetto XVI ha invitato a riflettere sulla crisi dell’Europa nell’anno in cui papa Pecci era nato, nel 1810. “L’Europa risentiva allora – ha spiegato il Papa – della grande tempesta Napoleonica, seguita alla Rivoluzione Francese. La Chiesa e numerose espressioni della cultura cristiana erano messe radicalmente in discussione (si pensi, ad esempio, al fatto di contare gli anni non più dalla nascita di Cristo, ma dall’inizio della nuova era rivoluzionaria, o di togliere i nomi dei Santi dal calendario, dalle vie, dai villaggi…). Le popolazioni delle campagne non erano certo favorevoli a questi stravolgimenti, e rimanevano legate alle tradizioni religiose».

Il Magistero, anche sociale, di Leone XIII è inseparabile da un giudizio storico e da un’analisi della crisi che l’Europa ha dovuto affrontare dopo la Rivoluzione francese. La Rivoluzione francese aveva introdotto una concezione erronea di liberto, assai I diversa da quella cristiana, come Leone I XIII fa notare in modo particolare nell’enciclica Libertas. Sempre Papa Pecci mette in rilievo il fatto che storicamente, sia nel mondo antico che in quello moderno, proprio alla Chiesa si deve l’avere lottato contro la schiavitù fino alla sua totale abolizione.

Si può notare come il 13 maggio 1888, un mese prima della pubblicazione dell’enciclica (20 giugno), in Brasile era stata approvata la cosiddetta Legge Aurea, che aboliva la schiavitù ed era stata voluta dalla Principessa reggente Isabel de Braganca e Borbone (1846-1921), grazie anche a un paziente lavoro della diplomazia della Santa Sede e dello stesso Leone XIII, il quale aveva indirizzato proprio all’episcopato brasiliano, su questo tema, l’enciclica In plurimis, il 5 maggio dello stesso anno.

Alcuni giudicarono imprudente l’intervento di Leone XIII sulle vicende brasiliane. Si ripeteva così una reazione simile a quella che lo stesso Pontefice dovette subire in seguito alla sua sofferta ricerca di un compromesso in Francia con la Repubblica laicista e anticlericale, che passerà alla storia con il termine ralliement.

Infatti, i potenti proprietari di schiavi brasiliani, molti dei quali erano massoni, reagirono violentemente contro la richiesta di abolire la schiavitù sollecitata da Leone XIII e questa fu una la causa prossima, anche se non l’unica, della fine della monarchia brasiliana, che verrà sostituita da una repubblica anticlericale.

Ma il Papa riteneva fosse un dovere imperativo per la Chiesa condannare la schiavitù, al di là delle contingenze politiche, tanto che il provvedimento venne esteso oltre i confini brasiliani: nell’enciclica Catholicae Ecclesiae, del 20 novembre 1890, che sarà particolarmente celebrata da Benedetto XVI a Carpineto, Papa Leone XIII esortò i missionari cattolici a combattere la schiavitù in Asia e in Africa, in modo particolare nel mondo musulmano dove purtroppo era ancora presente. È questa una causa ancora attuale ai nostri giorni.

Leone XIII oggi

Ma ha senso leggere Leone XIII oggi? La questione riguarda in generale un corretto rapporto con il magistero pontificio e dunque va oltre Leone XIII. Certamente nel Magistero c’è uno sviluppo, anche a fronte di circostanze storiche che mutano e su cui la Chiesa propone il suo giudizio alla luce di principi che non mutano.

Tuttavia, ogni singolo documento deve essere letto alla luce di tutta la tradizione precedente e all’interno del patrimonio complessivo dello stesso Magistero. Ciò vale anche per i documenti di dottrina sociale, come insegna Benedetto XVI nell’enciclica del 2009 Caritas in veritate, dove ricorda che essi vanno sempre letti «dentro la tradizione della dottrina sociale della Chiesa», «patrimonio antico e nuovo, fuori del quale [ogni] documento [sarebbe] senza radici», una mera collezione di «dati sociologici».

«In questo senso – leggiamo ancora nella Caritas in veritate – non contribuiscono a fare chiarezza certe astratte suddivisioni della dottrina sociale della Chiesa che applicano all’insegnamento sociale pontificio categorie ad esso estranee. Non ci sono due tipologie di dottrina sociale, una preconciliare e una postconciliare, diverse tra loro, ma un unico insegnamento, coerente e nello stesso tempo sempre nuovo. È giusto rilevare le peculiarità dell’una o dell’altra enciclica, dell’insegnamento dell’uno o dell’altro Pontefice, mai però perdendo di vista la coerenza dell’intero corpus dottrinale» della dottrina sociale.

«Possa il Magistero sociale di Papa Leone – si augura dunque Benedetto XVI a Carpineto – continuare a guidare gli sforzi dei fedeli per costruire una società giusta che trovi le sue radici negli insegnamenti di Gesù Cristo».

Così oggi dobbiamo essere profondamente grati a Papa Pecci per un corpus che continua a guidarci e che lo mostra, nelle parole di Benedetto XVI, come «un Papa molto anziano, ma saggio e lungimirante» il quale «potè così introdurre nel XX secolo una Chiesa ringiovanita, con l’atteggiamento giusto per affrontare le nuove sfide. Era un Papa ancora politicamente e fisicamente “prigioniero” in Vaticano, ma in realtà, con il suo Magistero, rappresentava una Chiesa capace di affrontare senza complessi le grandi questioni della contemporaneità».

Per saperne di più… 

Massimo Introvigne, La dottrina sociale di Leone XIII, Fede&Cultura, Verona 2010