Il Dio dell’Europa

Jenkins_coverCorrispondenza Romana  n.1155 del 28 agosto 2010
Negli ultimi anni il futuro della religione nelle società politiche occidentali è oggetto di attenta e articolata analisi nei vari campi del sapere. Mai come all’inizio del nuovo millennio la società civile occidentale è stata attraversata da un’ondata di ideologismo antireligioso che, pur essendosi manifestato già in forma radicale nei totalitarismi del XX secolo, ora impregna il tessuto sociale in forma forse meno viscerale ma sicuramente più dolorosa.

Philip Jenkins, docente alla Pennsylvania State University, noto esperto di storia delle religioni, affronta questa delicatissima tematica con il piglio pragmatico ed agile degli studiosi anglosassoni, conducendo il lettore dentro l’intricata trama dei profondi mutamenti che la società civile e politica in Occidente ha assunto nei confronti del fenomeno religioso e del Cristianesimo in particolare (Philip Jenkins, Il Dio dell’Europa, EMI – Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2009, pp. 443, € 25). Jenkins sottolinea come lo «spazio pubblico» delle fede, nonostante la brutale aggressione intellettuale subita dall’Illuminismo in poi, non si sia affatto ristretto, quanto piuttosto abbia subito una profonda ridefinizione, nel solco della crisi generale dei valori pre-politici che sono alla base del vivere comune e dell’affermazione del ruolo dell’Islam in Europa.

Il pericolo ad esempio che minoranze estremiste ben agguerrite e determinate conducano la fede islamica e le masse islamiche ad essere vessilliferi di una società intollerante ben lontana dalla Koinè creata dal fecondo apporto del Cristianesimo nei tessuti sociali romani, germanici e slavi non è peregrina, come afferma l’autore citando George Weigel. Infatti, mentre è stata palesemente smentita la tesi dell’eclissi, se non della scomparsa della religione dalla sfera del pubblico e del politico nel mondo occidentale, contestualmente, annota Jenkins, si avverte la necessità di una nuova definizione del rapporto tra fede e laicità nella società civile, e conseguentemente di una nuovo franco confronto con i valori portati dall’Islam, nel solco del concetto pro-positivo espresso dal S.Padre Benedetto XVI, di «polifonia tra valori sacri e laici», alla ricerca comune della verità del senso della persona umana nella storia, ben oltre i ripiegamenti culturali del relativismo e del nihilismo imperanti in Europa che hanno condotto alla affermazione di pseudo-diritti positivi – non naturali – quali i matrimoni omosessuali, l’aborto, l’eutanasia, l’eugenetica.

In questo quadro di profondo mutamento, trasformazione e modificazione dei rapporti valoriali nella società, è necessario che la Chiesa sappia mantenere la barra a dritta nella scelta dei metodi, delle procedure, degli schemi politici di affermazione della verità evangelica nel mondo, evitando di cadere preda di risoluzioni pur in buona fede, che, già nell’epoca postconciliare del Vaticano II tanti dubbi hanno arrecato ai cristiani.

La crisi di valori morali ed etici nella civiltà occidentale si combatte, afferma Jenkins, scendendo in campo aperto ed accettando le innumerevoli sfide lanciate al Cristianesimo dalla modernità e dalla globalizzazione nella consapevolezza che solo il messaggio universalistico di verità di fede di Cristo sia in grado di ordinare e dare senso comune alle prassi politiche e sociali, e pure ai distinguo delle altre fedi monoteiste, Islam in primis.